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Amnesty International: inquinamento nel Delta del Niger, la Shell paghi un miliardo di dollari per bonificare la regione

La Shell deve impegnarsi a pagare una quota iniziale di un miliardo di dollari per bonificare la zona di Bodo, nell’Ogoniland, danneggiata da due grandi fuoriuscite di greggio nel 2008. Il 22 novembre, a Roma, iniziativa per conoscere il devastante impatto delle attività delle aziende petrolifere, tra cui la Shell, che operano nella regione da oltre 40 anni.

In un rapporto diffuso l’11 novembre 2011, intitolato “La vera tragedia: ritardi e mancanze nella gestione delle fuoriuscite di petrolio nel Delta del Niger”, Amnesty International e il Centro per l’ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (Cehrd) hanno affermato che la Shell deve impegnarsi a pagare una quota iniziale di un miliardo di dollari per bonificare la zona di Bodo, nell’Ogoniland, danneggiata da due grandi fuoriuscite di greggio nel 2008.

Il Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite ha recentemente verificato che l’inquinamento da petrolio, in corso da molti anni, ha causato una devastazione nell’Ogoniland cui potrà essere posto rimedio in più di 25 anni. Le Nazioni Unite hanno raccomandato l’istituzione di un Fondo per il recupero ambientale da finanziare inizialmente con un miliardo di dollari e poi con ulteriori successivi contributi.

“Il mancato intervento immediato per fermare le fuoriuscite e bonificare la zona inquinata a Bodo ha devastato la vita di decine di migliaia di persone. Bodo è un disastro che non avrebbe mai dovuto accadere, eppure a causa di quel mancato intervento della Shell va avanti ancora oggi. È il momento che questa compagnia multimiliardaria ammetta, pulisca e paghi”, ha dichiarato Aster van Kregten, ricercatrice di Amnesty International sulla Nigeria.

Nel 2008 due fuoriuscite consecutive, causate dal cattivo stato dell’oleodotto, riversarono migliaia di barili di petrolio sulla terra e nell’acqua di Bodo, una città di 69.000 abitanti. Entrambe le perdite proseguirono per settimane prima di essere fermate. Nessuna bonifica degna di questo nome è stata mai effettuata.

“La situazione di Bodo è esemplificativa della più ampia realtà dell’industria petrolifera nel Delta del Niger. Le autorità semplicemente non controllano le compagnie. La Shell e le altre hanno la libertà di agire, o di non agire, senza timore di essere sanzionate. In assenza di meccanismi di regolamentazione indipendenti, efficaci e ben finanziati, tanta altra gente continuerà a soffrire a causa delle compagnie petrolifere”, ha sottolineato Patrick Naagbanton, coordinatore del Cehrd.

La Shell, che ha ultimamente dichiarato utili per 7,2 miliardi di dollari per il periodo luglio-settembre, offrì inizialmente alla comunità di Bodo 50 sacchi di riso, fagioli, zucchero e pomodori.

I danni in corso alla pesca e all’allevamento hanno causato scarsità di cibo e aumento dei prezzi. Gli abitanti di Bodo hanno riferito ad Amnesty International e al Cehrd quanto sia difficile sopravvivere e hanno denunciato gravi problemi di salute. La ricerca di un’occupazione alternativa non è semplice. Molti giovani sono stati costretti ad andare a cercare lavoro nella capitale Port Harcourt, a 50 chilometri di distanza.

Un pescatore di Bodo ha detto: “Prima delle fuoriuscite, la vita era facile. Si viveva di caccia e di pesca. Dopo, tutto è andato distrutto”.

Quando Amnesty International ha chiesto alla Shell di rendere conto del proprio operato a Bodo, la compagnia ha dichiarato di non poter rispondere nel merito, dato che le fuoriuscite di petrolio erano al centro di un contenzioso legale nel Regno Unito. La Shell sostiene che le iniziative per fronteggiare il problema sono pregiudicate dai continui atti di sabotaggio, un’affermazione messa profondamente in dubbio da Amnesty International e dal Cehrd.

“La Shell sostiene spesso che la maggior parte delle fuoriuscite è dovuta al sabotaggio. Quest’affermazione è fortemente contestata dalle comunità locali e dalle Organizzazioni non governative, secondo le quali il procedimento di raccolta dei dati sulle fuoriuscite è lacunoso. Persino nel caso di Bodo, in cui è acclarato che le fuoriuscite furono causate dalla negligenza della Shell, la compagnia ricorre alla scusa del sabotaggio per giustificare la mancanza di rispetto delle leggi e dei regolamenti nigeriani, che richiedono alle compagnie di bonificare e risarcire prontamente. Quella della Shell è una posizione insostenibile”, ha precisato Aster van Kregten.

“I fatti sono chiari. Due fuoriuscite, entrambe per colpa della compagnia, entrambe lasciate proseguire prima di venire bloccate, nessuna delle due bonificata nonostante siano trascorsi tre anni. Non possono esserci scuse. Da qualunque punto di vista lo si consideri, è un fallimento aziendale”, ha commentato Patrick Naagbanton.

Il rapporto di Amnesty International e del Cehrd critica fortemente anche le agenzie governative nigeriane, per non aver saputo far valere le norme esistenti. Il ministero federale per le Risorse petrolifere, responsabile del rispetto di tali norme da parte delle compagnie, ha allo stesso tempo il ruolo di promuovere l’industria petrolifera e di massimizzare gli utili.

L’Agenzia governativa per l’individuazione e la riparazione delle fuoriuscite di greggio (Nosdra) è inefficace e carente di risorse. Non ha modo di identificare autonomamente le fuoriuscite e dipende dalle informazioni che riceve dalle compagnie responsabili o dalle comunità colpite. La Nosdra ha ripetutamente omesso di applicare gli standard vigenti nel caso delle fuoriuscite di Bodo.

Il recente rapporto del Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite ha sottolineato che, rispetto alle fuoriuscite di greggio, “le agenzie governative sono alla mercé delle compagnie petrolifere quando si tratta di condurre ispezioni sui siti”.

Per maggiori informazioni: www.amnesty.it

 

 

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