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“Viva l’Italia”, quando il politico dice la verità

Video interviste e conferenza stampa con Massimiliano Bruno, Fulvio e Federica Lucisano, Paolo Del Brocco, Michele Placido, Raoul Bova, Alessandro Gassman, Ambra Angiolini, Rocco Papaleo, Edoardo Leo, Camilla Filippi, Maurizio Mattioli, Rolando Ravello e Imma Piro.

Che cosa succederebbe se uno di quei nostri politici impegnati a declamare i “buoni valori” in tv cominciasse a dire la verità? Se le malefatte sue e dei suoi onorevoli colleghi venissero fuori tutte d’un colpo? Accade in “Viva l’Italia”, secondo film da regista di Massimiliano Bruno (in questi giorni nelle sale con 01) che, partendo dagli articoli della Costituzione, racconta come oggi niente di quel che è stato pensato dai padri fondatori della Repubblica viene più osservato. Il politico in questione è Michele Placido, alias l’Onorevole Spagnolo, un uomo che ha sempre anteposto i suoi interessi al bene della collettività: in nome del proprio tornaconto ha rubato e mentito, passando ogni volta indenne attraverso gli scandali. Un giorno, però, nel bel mezzo di una scappatella con un’aspirante soubrette televisiva, viene colto da un attacco apoplettico che gli danneggia la parte del cervello regolatrice dei freni inibitori. E ai suoi figli – un medico integerrimo eppure raccomandato (Raoul Bova), un manager svogliato e incapace messo a capo di un’azienda pubblica (Alessandro Gassman), un’attrice con la zeppola e senza talento (Ambra Angiolini) – non resta che constatare la “grave” malattia del padre.

“Mi sono ispirato a tutti i politici”, scherza Placido alla presentazione del film, “perché sia a destra che a sinistra hanno tradito i principi fondamentali della Costituzione, deludendo soprattutto i giovani”. “Io invece mi sono ispirata a Veronica”, gli fa eco Imma Piro, che nella storia interpreta la moglie tradita. La realtà degenerata in cui viviamo è dunque lo spunto di questa favola corale: attraverso lo sguardo disincantato del folle shakespeariano, Bruno racconta con i toni giocosi della commedia una carrellata di nefandezze – mazzette, scandali sessuali, precarietà senza speranze, sanità e istruzione alla deriva – e non fa sconti a nessuno. La risata è amara, come la grande tradizione monicelliana insegna, mentre i personaggi sono burattini incapaci di ribellarsi al malcostume imperante. Ci sono speranze? Per il regista di “Nessuno mi può giudicare” pare di sì, la condizione è che tutti prendano coscienza e contribuiscano a cambiare il sistema malato. Emblematico, in questo senso, il sermone finale del protagonista, che parla di un articolo nuovo della Costituzione, il 140: “tutti i cittadini hanno il diritto di conoscere la verità”.

Nessun dubbio che le intenzioni di Bruno siano buone, soprattutto alla vigilia delle nostre elezioni politiche (per lui il voto consapevole è l’unica via d’uscita), tuttavia il film non regge il confronto con i maestri della commedia italiana. Gli attori, pur bravi (Edoardo Leo e Sarah Felberbaum sono una bella scoperta, Rocco Papaleo è sempre un ottimo dissacratore), hanno i toni esagerati, i dialoghi sfociano spesso nella volgarità e il finale è talmente edulcorato da risultare utopico. Detto questo, “Viva l’Italia” è da vedere: perché le denunce, se servono ad aprire gli occhi, non sono mai abbastanza, e perché ci sono due scene che da sole meritano il prezzo del biglietto. Placido che cammina a rallenti, incurante degli scontri tra manifestanti e celerini (da brivido le note di Mino Reitano sullo sfondo), e ancora Placido che porta il figlio tra le macerie dell’Aquila. “Con la mazzetta che ho preso su questa casa – dice indicando i resti di una palazzina – ho comprato la villa dove sei nato e cresciuto”.

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Alcuni commenti della critica:

“Il film di Bruno accumula troppi dati, non riesce ad essere una vera commedia all’italiana, gli manca la cattiveria e alla fine happy end di gruppo. (…) Gli attori bravi, simpatici, fanno di tutto e di più (sopra le righe): Il migliore è Edorado Leo”.
Maurizio Porro, Corriere della Sera

“Distribuendo fendendi a 360 gradi il film resta ovvio, inerte, senza mordente. (…) Bruno convince e diverte quando sta fra i suoi personaggi, come in Nessuno mi può giudicare. Qui sta sempre un gradino più in alto. E li perde”.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

“Massimiliano Bruno (…) continua a fustigare a suon di risate abusi e mal costumi della Seconda Repubblica, ma aumenta le ambizioni imbastendo un affresco composito che non sempre riesce a controllare con coerenza (…) nel concertato degli interpreti si distinguono i bravi Bova e Gassman: e, sotto l’affettuoso sguardo di Bruno, quasi tutti ispirano simpatia”.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa

“Il film è costellato di attacchi bipartisan fatti con il bilancino, trasformandosi (involontariamente?) nel manifesto del più bieco grillismo con la benedizione, questa si involontaria, di un parterre di attori molto bravi”.
Dario Zonta, L’Unità

“Troppi luoghi comuni sulle magagne dell’Italia d’oggidì: corruzione, raccomandazioni, truffe, malasanità, crisi economica. Qualche battuta è spiritosa, qualcun’altra forzata. Come le risate”.
Massimo Bertarelli, il Giornale

“Max Bruno ci ha messo dentro proprio tutto, come il panino Cicciobello che vediamo a un certo punto del film. Talmente bulimico di gag che non lo puoi neanche accusare di qualunquismo o di ambiguità politica”.
Marco Giusti, Il Manifesto

“Massimiliano Bruno centra – migliorandosi – il secondo film, illuminando il Malpaese di comicità pop ben scritta e solo funzionalmente volgare”.
Annamaria Pasetti, Il Fatto Quotidiano

“Commedia amara dal buon ritmo nella migliore tradizione monicelliana-risiana”.
Simona Previti, MYmovies.it

“Una commedia inevitabilmente grezza nei personaggi e nelle situazioni, ma dotata di una cattiveria positiva, sofisticata nella narrazione e nella caratterizzazione dei personaggi che rappresentano, anche grazie alla bravura di un cast davvero in forma, un campionario assortito di uomini e donne sconfitti ed umiliati dalla vita”:
Luciana Morelli, Movieplayer.it

“Bruno condensa le chiacchiere da bar, i commenti pseudo-politici da social network, i ‘Basta’ che si alzano all’unisono appena viene smascherato lo scandalo e quelli contro i privilegi della classe dirigente e c’è puzza di qualunquismo. Fa un passo in più rispetto al precedente Nessuno mi può giudicare, non è la solita becera commedia da panettone, anche se la grande ambizione penalizza il tono, eccessivo e sopra le righe. Dalla sua però ha un cast azzeccato di attori che offrono una grande prova”.
Giulia Iselle, Cinematografo.it


1 commento

  1. Con rispetto parlando nei confronti di tutti i critici citati, ma sicuri di averlo visto il film? Io sono appena uscito dal cinema, ed il mio giudizio, confortato tra l’altro dai commenti della gente che mi circondava, è che si tratta di un film veramente bello, che rispecchia a pieno ciò che la politica ha mostrato e dato di sé al Paese nell’ultimo ventennio. Un film che fa sbellicare dalle risate ma che non rinuncia a portare una critica veemente ad una politica da cui nessuno più si aspetta nulla di buono e che, proprio come nel finale “utopico” del film, avrebbe bisogno di un profondo rinnovamento.

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