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Castellitto, Mazzantini e Cruz ancora una volta insieme per “Venuto al mondo”

Video intervista a Penélope Cruz

Ad otto anni di distanza da “Non ti muovere” Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini tornano a collaborare con Penélope Cruz per “Venuto al mondo”, tratto dall’omonimo romanzo di successo della stessa Mazzantini. Nel  cast ci sono anche Emile Hirsch (“Into the wild”), Luca De Filipp (figlio di Eduardo), Pietro Castellitto, Jane Birkin, Adnan Haskovic e Saadet Aksoy.

La storia, raccontata tramite flashback, è quella di Gemma e del giovane compagno, Diego. 19 anni prima del tempo in cui è narrato, i due si conoscono a Sarajevo e s’innamorano follemente, si ritrovano in Italia, cercano di avere un figlio ma non ci riescono e la disperata realizzazione di questo desiderio cambierà per sempre le loro vite, mettendoli di fronte a prove durissime, sullo sfondo della guerra bosniaca.
“Venuto al mondo” è un romanzo che mescola temi importanti come la guerra, l’amore, la maternità e l’amicizia, certamente difficile da portare sul grande schermo, come quasi tutti i libri, ma in cui si sente la dedizione di Castellitto al progetto (che del film è anche tra gli interpreti).

“E’ una storia di sommersi e salvati – dice il regista e sceneggiatore in conferenza stampa – non c’è solo la storia di una donna e di un grande amore, ma ci sono il dolore, la guerra e le sue ferite, che hanno cambiato per sempre la vita degli abitanti di Sarajevo. Il cinema – continua Castellitto – deve raccontare gli archetipi dei rapporti umani: la vita, la morte, la guerra, la solitudine, l’amicizia. So che è un film molto ambizioso.  Io ho cercato di mettere in scena qualcosa che mi emozionava e di parlare all’intelligenza emotiva del pubblico. Ho cercato di fare il cinema tagliando la fiction: forte messa in scena e spettacolare teatralità, non ci sono scene di passaggio, ma immagini depositarie della vita interiore dei personaggi”.

Accolto un po’ duramente dalla critica, il film ha certamente delle parti meno riuscite e dei punti deboli, come alcuni dialoghi e le eccessive musiche non sempre funzionali al racconto, ma dimostra di avere cuore. Dopo un inizio non convincente, sfilacciato e superficiale, nella seconda parte il film trova compatezza, riesce a coinvolgere, commuovere e sorprendere con un bel finale.

“Venuto al mondo” è nelle sale dall’8 novembre, distribuito da Medusa in 350 copie.

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Alcuni commenti della critica:

” (…) Il film pur nel suo ritmo fin troppo mosso e con fin troppi bersagli da mirare – amore, guerra, maternità, violenza, i fantasmi del passato e altre infelicità varie ed eventuali – risente di un forte imprinting letterario che diventa enfatico nelle immagini e nella sceneggiatura, come se ogni tema fosse annunciato con le trombe sopra le righe più che sofferto nel pathos dell’emozione e vissuto nei silenzi che la musica dèmi classica onnipresente, molesta non permette (…)”.
Maurizio Porro, Corriere della Serra

“(…) Il problema è che da un certo momento in poi i colpi di scena sono troppi e finiscono con il neutralizzarsi a vicenda sottraendo emozione al romanzo sentimentale e relegando sullo sfondo il motivo della guerra. Peccato perché la regia di Castellitto è matura e gli interpreti (Soprattutto Hirsch), finché il copione li sorregge, risultano convincenti”.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa

“Più barboso che toccante dramma che Sergio Castellitto (defilato ufficiale dei carabinieri) ha tratto dall’immancabile romanzo della moglie, Margaret Mazzantini (…) due ore sono troppe”.
Massimo Bertarelli, il Giornale

“(…) L’impianto è evidentemente e scopertamente melodrammatico. Come Il dottor Zivago. Piena legittimità e dignità, non dovrebbe neanche esserci bisogno di puntualizzarlo e c’è poco da fare gli schizzinosi. L’impressione che passa, per chi conosca il libro (caso in cui è autorizzato il confronto), è che qualcosa del suo vigore vada se non perso un po’ disperso (…)”.
Paolo D’Agostini, la Repubblica

“Il genere guida è il melodramma, chiamato a tenere insieme il versante pubblico – la guerra di Sarajevo – e quello privato – la guerra e pace di Gemma e Diego. Complice la bravura degli interpreti ben diretti da Castellitto – la Cruz e Hirsch, ma anche Haskovic – i frammenti del discorso amoroso si compongono con un certa armonia, sebbene la lacrima sia facile e l’enfasi questa conosciuta: esagerato, zeppo di musica (basterebbe per dieci film, Castellitto dice che l’ha messa per il pubblico), iperbolico oltre le intenzioni, ma ancora Venuto al mondo terrebbe. E’ il versante ‘geopolitico’, viceversa, a franare: battute inopinate, l’orrore della guerra, quando va bene, meramente illustrato, e la sensazione di un passo decisamente più lungo della gamba. Se la regia arpiona qualche bella immagine e brandelli di pathos autentico, il racconto di Castellitto finisce per stigmatizzare il vorrei ma non posso della sceneggiatura scritta da marito e moglie. Ovvero, il libro a cui è sostanzialmente fedele: Venuto al mondo ok, ma come? PS: Lasciamo riposare in pace Matarazzo, davvero non è il caso”.
Federico Pontiggia, Cinematografo.it

“Ci vorrebbe Buster Keaton per raccontare certe storie si dice nel film e l’icona del grande attore/regista viene anche direttamente evocata. Castellitto da questo punto di vista raggiunge l’obiettivo che sembra essersi prefisso: raccontare una storia di grandi passioni e grande crudeltà a ciglio asciutto senza voler spingere sul pedale della commozione gratuita. Si lascia però indurre in tentazione non solo, come si è detto, dalla pagina scritta ma anche da un amore paterno in questa occasione mal riposto. Perché Pietro Castellitto (suo figlio) è un bravo attore che sa dare una buona dose di naturalezza al suo personaggio. Però inserito in un film in cui suo padre si ritaglia il ruolo del genitore adottivo gli assomiglia fisiognomicamente troppo finendo per risultare fuori posto in una vicenda in cui paternità e maternità sono così determinanti. Non basta far dire a Giuliano ‘I figli maschi assomigliano sempre alle madri’ per risolvere la questione. In questo caso non è andata così”.
Giancarlo Zappoli, MYmovies.it

“Il risultato finale è un buon melò che mira al racconto dei grandi archetipi di amore e morte, sorreggendo il discorso con tesi sottili e raffinate. E paga per questo il peso delle proprie scelte. Spesso quelle che appaiono come soluzioni azzardate, esplosioni di dialogo, possono essere comprese riflettendo sulla struttura complessa del film che mette al centro i ritratti umani e descrive diverse energie vitali. Per realizzare una storia di passioni, la pellicola punta dritto all’intelligenza emotiva del pubblico, realizzando una messinscena che polarizza gli estremi. Stringe sui volti, oppure allarga sulle vedute dall’alto e non conosce dimensioni intermedie, specialmente nella recitazione”.
Alessia Laudati, Film.it

“Stranamente, a una simile sincerità di intenti fa da contrappunto una messa in scena evidente, quasi teatrale, che trova la sua ragion d’essere nella piena aderenza ai canoni del melò. Di questo genere che aiuta a spurgare le ferite, Venuto al mondo abbraccia tutti i cliché ad eccezione della degenerazione in retorica. Sergio Castellitto, insomma, punta solo alla verità dei personaggi, ai quali resta fedele perfino quando affronta lo scomodo tema della impossibilità di mettere al mondo un figlio. A differenza del libro, il film non indugia nella descrizione della frustrazione legata all’infertilità, ma la illumina con pochi lampi di luce, rendendola funzionale alla storia. E allora Gemma che non riesce ad avere un figlio si fa metafora di un mondo che alla vita spesso ha opposto la distruzione, l’annullamento, la privazione. A contrastarla restano, con decisione, i ricordi e i figli nostri e degli altri, depositari di un ipotetico futuro migliore”.
Carola Proto, ComingSoon.it

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