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L'”Educazione Siberiana” di Gabriele Salvatores e John Malkovich. Anche i criminali hanno un’etica.

L’Educazione Siberiana è il codice d’onore degli onesti criminali che in una regione della Russia tramandano le loro regole all’interno di una comunità circoscritta, dove è lecito rubare alle banche, alla polizia, agli usurai e agli uomini che governano.
Il nuovo film di Gabriele Salvatores, tratto dall’omonimo libro di Nicolai Lilin è una sorta di “Romanzo Criminale” russo (non a caso sceneggiato da Rulli e Petraglia), in cui nonno Kuzja (John Malkovich), insegna al nipote Kolima (Arnas Fedaravicius) e al suo migliore amico Gagarin (Vilius Tumalavicius) il codice d’onore degli Urca siberiani. Partendo dal credo “E’ folle volere troppo. Il cuore di un uomo non può possedere più di quello che il suo cuore può amare”, le vite dei due ragazzi si dividono quando il mondo attorno a loro inizia a mutare con il crollo del muro di Berlino ed il disfacimento dell’Urss. L’occidente con i suoi “valori” invade le loro vite (suggestiva la scena con la giostra che simboleggia l’arrivo del consumismo) e li costringe a confrontarsi con la ricchezza e l’avidità, da cui erano stati messi in guardia.

Partendo dal presupposto che pochi registi come Salvatores hanno il merito di cambiare continuamente genere e riuscire a confezionare buoni film, “Educazione Siberiana” è in qualche modo un’occasione sprecata, che lascia con l’acquolina in bocca lo spettatore. L’affascinante mondo degli onesti criminali siberiani, infatti, è esplorato solo in parte e si ha la sensazione che il film si “rimpicciolisca” fino a diventare solo una storia di amicizia e vendetta, mentre l’aspetto più interessante è quello di un mondo in cui vigono regole criminali ma etiche, in cui la realtà circostante cambia modificando anche quel microcosmo in cui sono condannati e punibili “i lupi che si fanno cani”.

Alcune scene, però, restano impresse per la loro potenza ed impeccabile estetica, come quella in cui Kolima arriva in un carcere che pullula di adulti e bambini diseredati e quella della sauna che svela i tatuaggi degli Urca Siberiani. A proposito di questo va detto che i tatuaggi sono una parte fondamentale del film. “Il tatuatore è come il confessore”, recita una battuta, che incide sul corpo la vita. Una visione interessante per proteggere la memoria dell’origine, come se non ci si fidasse o non bastasse il ricordo.

Ottimamente interpretato anche dagli attori esordienti, oltre che dal magnifico John Malkovich che dà spessore ed un forte carattere al personaggio di nonno Kuzja, “Educazione Siberiana” si avvale anche di un’ottima fotografia (affidata a Italo Petriccione). Nota negativa invece per la colonna sonora che, a parte qualche rara eccezione (come “Absolute Beginners” di David Bowie), si rivela inadatta e inefficace.

“Educazione Siberiana” è nelle sale dal 28 febbraio distribuito da 01.

EDUCAZIONE SIBERIANA - trailer ufficiale

ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Paolo Mereghetti, Corriere della Sera
Forse nessun regista italiano in attività ha il coraggio e l’energia di Gabriele Salvatores per rimettersi ogni volta in gioco con un film diverso, se non opposto, rispetto al precedente (…) Con Educazione siberiana, eccolo scompaginare ancora una volta ogni possibile chiave di riconoscibilità, pronto a tuffarsi per la prima volta in un’avventura straniera. Per interpreti, location e ambizioni. La partenza è l’omonimo romanzo di Nicolai Lilin (Einaudi Editore) che alla sua uscita affascinò molti lettori, compreso Roberto Saviano, per la sua capacità di scavare dentro l’anima di una certa malavita, fieramente nemica di ogni autorità ma altrettanto rispettosa di un codice morale tramandato da generazioni, quello della comunità Urka, popolazione orgogliosa e indomita che si rifugiò in Siberia per sfuggire alle persecuzioni degli zar e poi fu deportata da Stalin in Transnistria, più o meno l’attuale Moldovia. La sceneggiatura, firmata da Rulli e Petraglia insieme con il regista, edulcora abbondantemente le esplosioni di violenza che punteggiano le pagine del romanzo e si focalizza sull’educazione alla vita di due amici (…) e sul loro rapporto con “nonno Kuzja” (John Malkovich), leader riconosciuto della comunità Urka di Fiume Freddo.

Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa
Evitando la trappola del realismo (…), il regista imprime alla materia uno smalto di fiaba nera, accentuato dalla innevata cornice del villaggio lituano dove ha ricreato un’immaginaria Fiume Basso. Ora, è indubbio che questa chiave di racconto adolescenziale imbastito su un inavvertibile scarto magico, è molto congeniale a Salvatores, che già l’aveva espressa efficacemente in Io non ho paura. Avvalendosi di un Malkovich perfetto nella parte di un carismatico anziano padrino e di due convincenti (non?)attori locali, il film è girato con una bella padronanza formale che in alcune scene si traduce in emozionante, vitalistico afflato lirico.

Maurizio Acerbi, Il Giornale
Film di svolta, nella carriera ormai lunga e variegata di Gabriele Salvatores, o solo film di transizione? (…) il film ha un respiro e una confezione internazionali che si spera gli possano assicurare la distribuzione in altri paesi, oltre l’Italia. E’ un bel noir, Educazione siberiana, costruito con tutti i crismi del genere e ben giocato su tre livelli temporali sensibilmente diversi anche a livello figurativo (…) C’è qualcosa della poetica di C’era una volta in America, nel film e nel romanzo (…) Il confronto fra violenza e adolescenza rimanda in qualche modo a Io non ho paura, uno dei suoi film più belli.

Federico Pontiggia, Cinematografo.it
Gabriele Salvatores oltre il cinemino nostro: tra luci e ombre, la sfida è internazionale…

Marzia Gandolfi, MYmovies.it
Semplificato e stravolto, Educazione siberiana si incanala verso un disegno di virtuosismi che non affondano mai, ritirandosi dal confronto con le pagine di Lilin e sclerotizzando lo sguardo su corpi privi di carne e di sangue. Personaggi mai attraversati dalle passioni e il cui destino ci risulta indifferente. Nemmeno la furia finale di Kolima, tesa a ristabilire verità e giustizia (criminale), risarcendo l’innocente, ci può emozionare. Gli attori, un cast giovanissimo e puntuale governato da un John Malkovich di ieratica grandezza, soffrono una narrazione resistente all’onore, al culto della violenza e alla formazione (criminale). La tentazione di un affresco storico-sociale della Russia attraverso la figura del criminale rimane un tentativo interessante che elude tuttavia il senso più profondo della forza e della sopraffazione, della sorte degli innocenti e dei predestinati, dell’incisione dell’ ‘io’ sui corpi raffigurati da Lilin come fossero libri. Corpi coperti di tatuaggi e arabeschi del passato che individuano le persone, le inquadrano e le rappresentano in una gerarchia criminale.

Federico Gironi, ComingSoon.it
Tutto lecito, tutto possibile, tutto persino declinato con rigorosa correttezza. Fin troppo.
Perché l’imperturbabile Salvatores, il regista che parla con soavità quasi buddista e che pare costantemente proiettato verso la ricerca di una serena atarassia, pare aver infuso quello stesso atteggiamento al suo film. Levigato ed elegante, Educazione siberiana pare fresco di bucato e reduce da otto ore di sonno rigenerante anche quando esplodono le risse e guizzano le lame, si guerreggia nei Balcani, quando muore un compagno e quando antichi codici d’onore vengono infranti, amicizie spezzate, vendette compiute. Persino nell’unico momento in cui s’abbandona, e si concede un giro di giostra e una canzone di Bowie, Salvatores appare trattenuto; nostalgico rispetto a quel che non è più, e non spinto verso la conquista di un futuro.

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