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“Benur”, dal teatro al cinema due storie di contemporanea miseria

“La miseria non fa ridere quasi mai, ma ho cercato di raccontarla mantenendo il tono esilarante ereditato dalla commedia teatrale da cui ha origine questa vicenda”. Così scrive il regista Massimo Andrei (già premiato alla Settimana della Critica 2005 per “Mater Natura”), parlando della sua opera seconda “Benur – Un gladiatore in affitto”, versione cinematografica del fortunato spettacolo teatrale scritto da Gianni Clementi (“Ben Hur, una storia di ordinaria periferia”) e interpretato da Nicola Pistoia, Paolo Triestino e Elisabetta De Vito, ora protagonisti anche sul grande schermo.

Ambientato tra il quartiere periferico di Tor Sapienza dove tutto sa di cemento armato e la Roma storica del Colosseo/Circo Massimo, il film racconta la storia di due fratelli, Sergio (Pistoia) e Maria (De Vito), che cercano di sopravvivere alla meglio. Lui è un ex stuntman di Cinecittà che, dopo un infortunio sul set, sbarca il lunario travestendosi da centurione e gridando ai turisti “take a picture!”; lei una donna abbandonata dal marito che ha accolto l’impiego in una linea telefonica erotica come una manna dal cielo. A sconvolgere la quotidiana miseria, arriva il clandestino Milan (Triestino), ingegnere bielorusso con tanta voglia di fare. Pur di lavorare, l’immigrato accetta di diventare lo “schiavo” di Sergio, che lo assolda ora per interminabili turni al Colosseo, ora come imbianchino tuttofare. Dietro ogni aspettativa, Milan si rivela un uomo pieno di inventiva e per la coppia di fratelli una gallina dalle uova d’oro.

Fin dalle prime scene Benur ricorda a tratti il Neorealismo italiano (per la descrizione nuda e cruda della borgata romana), a tratti certe commedie alla Sordi, dove dietro la risata sempre si nascondeva il ghigno feroce. Gli attori, già collaudati dall’esperienza sul palcoscenico, sono sempre in parte e nonostante la recitazione vistosamente teatrale non scadono mai nella macchietta. Viene fuori un ritratto amarissimo e scanzonato della precarietà contemporanea, tra italiani impoveriti (anche nello spirito) dalla crisi e stranieri in cerca di riscatto. Ma se il cinismo pervade tutto il film, Clementi e Andrei riescono a disseminare qua e là sprazzi di tenerezza (forse barlumi di speranza?), visibili per esempio nella bellissima scena in cui Maria e Milan ballano la polka. L’ultimo plauso è per le musiche (composte da Nicola Piovani con una canzone originale di Tony Canto), che fanno a volte da cornice a volte da colonna portante dell’opera, senza bisogno di ulteriori parole.

Benur - Un gladiatore in affitto, Trailer, regia di Massimo Andrei, RB Casting

ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Roberto Escobar, L’espresso
Ha un buon sapore antico, “Benur – Un gladiatore in affitto” (Italia, 2013, 98′). Recitato con la professionalità dei nostri film popolari degli anni Cinquanta – non c’è nessun “cane” ad appesantirlo, nemmeno tra i personaggi secondari – di quel grande cinema il film di Massimo Andrei ha la freschezza narrativa (…).

Giulia Lucchini, Cinematografo.it
Tre storie di disperata comicità che si svolgono tra la Roma antica e i palazzoni di cemento della periferia romana e che il regista racconta con sguardo ironico e commosso, con riso amaro e atmosfere alla Totò in Miseria e Nobiltà. Immagini che fanno emergere una continua contraddizione tra la Roma attuale, della gente comune, della miseria, della crisi, dello sfruttamento, degli immigrati, e la Roma antica, quella di Nerone, Poppea e Messalina, quella dei fasti imperiali. Così lungo un Circo Massimo vuoto e desolato un centurione bielorusso, senza permesso di soggiorno, con in mano solo un passaporto con scritto il suo nome Milan, corre scappando dalla polizia sopra una biga trainata da un cavallo. Un’ombra che cerca di integrarsi all’ombra di un Colosseo ben poco accogliente. Un Milan che cerca disperatamente il tifo dei romanisti giallorossi. Ma la speranza è l’ultima a morire, e anche a Roma si grida: forza Milan!

Paola Casella, MYmovies.it
Benur trova nella regia pulita di Massimo Andrei una forma filmica interessante, anche se debitrice di certo cinema rumeno.

Carola Proto, ComingSoon.it
A fare la fortuna di Benur – un gladiatore in affitto non è solamente la bravura di tre interpreti che hanno alle spalle una chimica consolidata e diversi anni di esperienza.
Anche Massimo Andrei dà il suo contributo, perché trasforma un testo scritto per essere contenuto fra tre pareti in un film pieno di esterni e di movimento.
Non manca nemmeno, nel suo variegato affresco, un omaggio, ammantato di nostalgia, alla fascinazione per il grande cinema di una volta.
Insieme al mito di Charlton Heston, ridotto a litigiosa star da Michael Moore, quel cinema non esiste più.
Esiste però un altro cinema, più piccolo, che tenta faticosamente di affermarsi. Benur ne fa parte, ma sappiamo che per uscire dall’anonimato ha dovuto per forza cambiare il suo finale.
La cosa ci dispiace, anzi, ci sconcerta.

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