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“Venere in pelliccia”: seduzione e masochismo nel nuovo film di Polanski

Teatro e cinema non sempre vanno d’accordo: due linguaggi diversi che mal si adattano l’uno all’altro, specialmente quando è la telecamera ad entrare su un palcoscenico. Ci sono casi però in cui questo è possibile e diventa addirittura un miracolo se ad uscirne fuori è un capolavoro: è il caso di “Venere in pelliccia” di Roman Polanski.

Il film è in una divertente rielaborazione cinematografica del romanzo erotico “Venere in pelliccia” di Leopold Sacher-Masoch, lo scrittore per cui venne coniato il termine masochismo, e delle sue tematiche da cui scaturiscono riflessioni.

Interamente girato in un teatro parigino, il film racconta di un regista che demoralizzato da un’infruttuosa giornata di casting per trovare la protagonista del suo dramma sta per tornare a casa quando, improvvisamente, una donna discinta, dall’atteggiamento volgare e completamente bagnata a causa della pioggia, gli implora di ascoltarla.
Splendidamente interpretato dai soli Mathieu Amalric e dalla moglie di Polanski Emmanuelle Seigner (che meriterebbe un Oscar per questa meravigliosa performance), “Venere in pelliccia” è un’opera brillante, ritmata, ironica, con dialoghi stratificati, ricchi di citazioni, vivaci e taglienti, che gioca con la seduzione ed il continuo ribaltamento dei ruoli, riflette sul rapporto tra regista e attore e sull’eterno conflitto uomo-donna.

A 70 anni Polanski sembra non aver perso il suo acume e, dopo “Carnage”, torna a superarsi firmando uno dei film più belli dall’anno e della sua carriera, capace ancora una volta di portare il teatro sul grande schermo per un Cinema con la C maiuscola come quella di Capolavoro.

Presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes, “Venere in pelliccia” è nelle sale dal 14 novembre distribuito da 01.

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TRAILER

VENERE IN PELLICCIA - trailer ufficiale

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ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Fabio Ferzetti, Il Messaggero
Suprema ironia: contrariamente a quanto avrebbe fatto il 99 per cento dei registi di oggi, per riprendere questo duello che potrebbe anche essere un sogno, dominato regalmente da sua moglie Emanuelle Seigner, Polansky ha usato una sola macchina da presa, non due o tre per poi scegliere al montaggio. E non è un dettaglio tecnico. E’ il segno di una supremazia che è il soggetto stesso di questo film irresistibile. Solo se visto in originale, vista la banalizzazione inferta dal doppiaggio italiano.

Maurizio Porro, Il Corriere della Sera
(…) Nulla di volgare, siamo nella zona protetta dal genio registico e dal gusto claustrofobico degli ambienti e dei sentimenti: in 90’, il regista confeziona un thriller d’amore e odio in cui le posizioni si ribaltano di continuo.

Dario Zonta, l’Unità
Una magia, un incanto, un esercizio di intelligenza e ironia. Protagonitsa assoluta di questa performance è Emmanuelle Seigner, musa e sposa di Polanski, perfetta e irridente maschera di un masochismo al contrario che si fa beffa dell’uomo e del regista, vittima delle sue stesse idiosincrasie. E come sempre quando si vede un film di Roman Polanski, tutto è normale ma niente lo è. E questa è una sensazione che pochi registi al mondo riescono a trasmettere. Questo stare perfettamente in bilico fra il verosimile e l’immaginato, come fosse la traduzione possibile di uno stato mentale.

Massimo Bertarelli, il Giornale
Originale commedia di Roman Polanski, tratta ( e si vede) dal teatro. Un malizioso gioco a due, in tempo reale, che dapprima affascina, ma alla lunga provoca diversi sbadigli.

Gianluca Arnone, Cinematografo.it
Polanski arbitra un delizioso ping pong teatrale tra due attori formidabili: vince il film.

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