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RB Casting dà il Benvenuto a Catherine Spaak

Intervista esclusiva a Catherine Spaak

Rappresentata dall’agenzia Vegastar

www.rbcasting.com/site/catherinespaak.rb

Voce pacata, temperamento riservato, fascino intatto. Negli anni Sessanta era l’adolescente disinibita che faceva perdere la testa a Ugo Tognazzi, tra la fine degli Ottanta e i primi Duemila è stata la donna attenta e consapevole che intervistava le altre donne nel salotto televisivo e damascato di “Harem”. Adesso ha appena consegnato il suo sesto libro alla Mondadori: si chiama “L’amore blu” e uscirà a settembre. “E’ una storia d’amore spirituale tra un giovane uomo e una donna matura – spiega – un amore speciale e raro, che poi è il mio modo di intendere un rapporto amoroso. Tra i due protagonisti, che vivono in campagna e quindi lontano dalle illusioni della città, c’è una grande spiritualità che riescono a raggiungere in perfetta armonia con le piante e gli animali”.

Catherine Spaak, attrice, scrittrice, giornalista e conduttrice televisiva, oggi è soprattutto una donna “piena d’amore e di interessi”: la ricerca della spiritualità, la sorella e i figli, i trecento tipi di rose che coltiva nella grande casa in Sabina, i quattro cani che ha raccolto dalla strada, la scrittura e (perché no) la “singletudine”. “Vivo in campagna – continua – in un casale che è anche un piccolo albergo, dove con insegnanti professionisti organizzo corsi di yoga, meditazione e danza”. La giornata tipo? “Mi occupo tantissimo del mio giardino e poi scrivo, leggo e lavoro ai mie progetti. Per questo libro ho lavorato quasi due anni e presto ne comincerò un altro, ma non posso parlarne: è un’idea strana e la voglio tenere per me, almeno per il momento”.

Di famiglia belga, figlia dell’attrice Claudie Clèves e dello sceneggiatore Charles Spaak, Catherine cresce a pane e cinema. “La mia casa era sempre piena di attori e registi – dice – recitare era una cosa normale, un lavoro come un altro”. Sul grande schermo debutta a quattordici anni, in un cameo per “Il buco” di Jacques Becker. Ma a lanciarla è Alberto Lattuada, che con “I dolci inganni” (1960) crea il personaggio della ragazzina libera dalle inibizioni dell’epoca, il cui fascino irresistibile accende le fantasie degli uomini più maturi. Arriveranno poi “Il sorpasso” di Dino Risi, dove reciterà con Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant, e l’incontro con Luciano Salce che la dirigerà in molte pellicole, affiancandola ai grandi attori del momento: Tognazzi, Amedeo Nazzari, Marcello Mastroianni. Nel 1964 riceve la Targa d’oro ai David di Donatello che le porterà fortuna. Nel giro di una diecina d’anni sarà infatti diretta da una serie interminabile di registi non da poco: tra gli altri Damiano Damiani (“La noia”, “Una ragazza piuttosto complicata”), Giorgio Pietrangeli (“La parmigiana”), Luigi Comencini (“La bugiarda”), Nanni Loy (“Made in Italy”) e Mario Monicelli (“L’armata Brancaleone”).

Nel ‘64 recita con Jane Fonda per “Il piacere e l’amore”; nel ‘78 prende parte al film “Per vivere meglio, divertitevi con noi”, accanto a Monica Vitti che la vorrà nel suo primo film da regista, “Scandalo Segreto” (1990). Intanto la Spaak debutta nella musica leggera: alcuni suoi dischi, come “Quelli della mia età” o “L’esercito del surf”, diventano successi da Hit Parade anche grazie ai varietà televisivi di cui spesso è ospite. L’esperienza in tv non si ferma alle semplici ospitate: dal ’68 recita in film come “La vedova allegra” con Aldo Fabrizi, miniserie come “La gatta” di Leandro Castellani, e numerose altre serie fino ai più recenti “Un posto al sole” e “Zen” per la BBC. Ma è nel suo “Harem” che il pubblico a casa l’apprezza di più: con quel fare seducente e rassicurante, la giornalista Spaak riesce a parlare con le sue invitate di argomenti intimi e attuali in un’atmosfera di grande complicità, tanto che il programma, forte degli ottimi ascolti, va in onda per sedici edizioni consecutive.

Oltre la tv e il cinema, nella carriera di Catherine c’è posto anche per il palcoscenico: dal 1969 recita nei teatri più importanti d’Italia accanto a interpreti come Johnny Dorelli, Domenico Modugno, Bice Valori e Orso Maria Guerrini. Tra il 2006 e il 2007 porta in scena “Storie parallele”, trilogia cantata e recitata su Edith Piaf, Jean Cocteau e Coco Chanel; nel 2008 racconta la tragica vita dell’attrice di “Via col vento” in “Vivien Leigh – L’ultima conferenza stampa”; e nel 2009 è la voce recitante di un poema musicale tratto da “Il piccolo principe” di Saint-Exupéry.

Dunque a settembre uscirà “L’amore blu”. Un racconto autobiografico?
Assolutamente no. In comune con il mio vissuto c’è la ricerca della spiritualità, ma per il resto il romanzo è totalmente inventato.

Che cos’è, per lei, la spiritualità?
E’ una parte fondamentale della mia vita e penso dovrebbe esserlo per tutti. Non può essere ignorata: influisce sul rapporto con le cose e le persone, ti dà la possibilità di intuire ciò che accade intorno con più intensità e partecipazione.

E’ cattolica, buddista o cosa?
Non amo le etichette. Leggo molto, pratico la meditazione, seguo corsi di ampliamento della coscienza. Per me è un modo di concepire la vita, di viverla.

E’ sempre andata così o c’è stato un momento di forte cambiamento?
Ho cominciato a leggere sull’argomento a vent’anni e non ho più smesso.

Un libro o un autore che l’ha colpita?
I libri di Eckhart Tolle sono fantastici. “Il potere di adesso” (Armenia Edizioni, ndr), per esempio, è un titolo davvero interessante.

Tornerà al cinema?
Ultimamente ho girato un cameo nel secondo film di Carlo Virzì (fratello minore di Paolo, ndr): una storia su una rock band giovanile del livornese, I Pluto, che si riunisce dopo tanti anni. E’ una commedia musicale dal titolo “I più grandi di tutti”: io sarò la mamma di un ragazzo disabile che vuole ritrovare i componenti di una band in auge al momento dell’incidente che lo ha costretto sulla sedia a rotelle. Nel cast ci saranno Alessandro Roja, Claudia Pandolfi e Marco Coccia.

Un ruolo che interpreterebbe volentieri?
Mi piacciono i personaggi sorprendenti e fantasiosi, che vanno oltre i soliti binari. Trovo noiosa la madre tradizionale, ma mi è piaciuto il ruolo della fioraia un po’ maga che ho avuto nel mio ultimo film, “Alice” di Oreste Crisostomi.

Facciamo un salto nel tempo. Come ha conosciuto Lattuada?
Era un grande amico di mio padre, hanno anche lavorato assieme. Veniva spesso a casa e quindi mi ha conosciuta da bambina. Ha sempre detto che avrei fatto l’attrice e forse aveva deciso che avrei iniziato con lui…

Che tipo era?
Una persona colta e intelligente, a cui devo molto. Dopo il film ho deciso di continuare: avevo quindici anni e tutto era ancora da decidere.

Ricorda il primo giorno sul set?
Non esattamente, però ricordo il provino. Ero piuttosto frastornata: ho sempre detestato i provini, davo il peggio di me. Recitai una scena del film, ma non conoscevo il copione e tra l’altro non parlavo una parola di italiano. Sicuramente è stato un momento importante della mia vita.

I critici dell’epoca la chiamavano “ninfetta”, come la Lolita di Nabokov…
Non credo ci sia un nesso tra i personaggi che ho interpretato e quello descritto da Nabokov. La Cecilia del film “La noia” era un personaggio di Moravia che non aveva nulla a che fare con questa etichetta. Il termine “ninfetta” non vuol dire niente.

L’interesse per il cinema è nato con il tempo o c’è sempre stato?
Faceva parte del mio quotidiano, non mi sembrava di fare chissà cosa…La casa era sempre piena di attori e registi, e recitare era normale. Per questo non ho ricordi “clamorosi” da raccontare! Insomma non sono feticista e conservo pochissime foto, semplicemente andavo sul set per lavorare.

Della Targa d’oro, però, ricorderà qualcosa…
I premi non mi hanno mai interessata. Insomma anche qui, lo ammetto, sono fuori dal coro. Certo ero contenta di riceverli e però non ti cambiano la vita.

Se non avesse fatto questo lavoro?
Avrei scelto qualcosa di artistico: pittrice, arredatrice o disegnatrice di abiti.

Un pensiero sui suoi grandi partner. Gassman per esempio.
Era un uomo timido e molto vivace, a volte arrogante. Non era facile lavorare con lui, sul set de “L’armata Brancaleone” è stato molto duro. Con il tempo siamo diventati amici.

Manfredi?
Era un uomo gentile, educato e affettuoso. Sicuramente una persona perbene.

Tognazzi?
Sappiamo tutti che non era una persona rispettosa delle donne. E dunque poteva esserci solo un rapporto difficile.

Mastroianni?
Ah…è il mio preferito! Per il carattere, il modo in cui affrontava la vita e per la sua ironia. Era un uomo di grande charme e leggerezza.

Chi sono stati i suoi maestri?
Gli scrittori, i saggi, i santi. E i personaggi storici come Ghandi, i Buddha o Gesù Cristo.

Parliamo di televisione. Che esperienza è stata “Ballando con le stelle”?
Un grande divertimento! Ero terrorizzata, eppure ho vissuto un’esperienza buffa e simpatica. Pazienza se il mio maestro non era il massimo della simpatia…

Il suo più grande successo televisivo rimane “Harem”. Com’è iniziata?
In passato ho collaborato con tanti giornali e questa era un’inchiesta sul post-femminismo che volevo realizzare per “Marie Claire”. Quando ho cominciato a buttare giù le idee, però, mi sono resa conto che non era possibile scrivere un articolo sul tema. Ho pensato allora alla televisione: l’idea era di raccontare le donne dopo il femminismo, che cosa era cambiato dopo dieci o vent’anni da quella rivoluzione.

Le piacerebbe riportarlo in tv?
Volevo e vorrei rifarlo, ma ci sono degli ostacoli che non dipendono da me. Oggi più che mai sarebbe un programma interessante, soprattutto con il mescolamento di razze e culture a cui stiamo assistendo. Le donne si trovano in una fase di profonda evoluzione.

E’ d’accordo con l’idea che le ragazze di oggi viaggino in senso contrario rispetto alle coetanee dei Sessanta che rivendicavano pari diritti e dignità tra i sessi?
Penso che il problema riguardi la società in generale e non solo le donne. Per me stiamo toccando il fondo: c’è un abbrutimento che fa paura e la televisione non aiuta, al contrario rispecchia la realtà.

Che cosa guarda in tv?
Seguo Piero Angela con i suoi “Quark”, i film su Sky e Santoro. Mi dispiace per il brutto momento che sta attraversando, ma la televisione è così.

Un difetto e un pregio di Catherine Spaak.
Di difetti ne ho tanti e con l’età sono peggiorati. Sono insofferente per esempio, a volte ho la sensazione di vivere su un altro pianeta. Riguardo al pregio penso di essere una persona generosa.

Il vizio di cui non può fare a meno?
Da due mesi ho smesso di fumare: del gruppo “ti vuoi far del male” era l’unica cosa rimasta! Forse adesso ci sono la cioccolata e il pane fatto in casa.

Che posto ha l’amore nella sua vita? E’ cambiato con il tempo?
Ha sempre occupato un ruolo di primaria importanza, ma non credo che l’innamoramento o l’amore possano cambiare con gli anni. Al contrario, è qualcosa di molto simile al sentimento giovanile. Naturalmente parlo di tanti tipi di amore: quello che proviamo per un’altra persona, ma anche l’amore per le piante, la bellezza o l’arte. Adesso ho mia sorella, i figli, gli amici, la scrittura e l’essere single.

Il suo sogno?
E’ lo stesso che avevo da bambina: la possibilità di guarire le malattie fisiche e psichiche delle persone. Qualcuno ci è riuscito…

Parla di scienza o di miracoli?
Penso ai miracoli, anche se il termine non mi piace. Se vent’anni fa avessimo visto qualcuno con il cellulare avremmo gridato al miracolo, non crede? Parlo di un qualcosa di straordinario che non capiamo, non dimentichiamo che l’uomo ha delle capacità enormi e sconosciute che quasi mai riesce a mettere in pratica.

La sua paura più grande?
Non credo di averne. In passato avevo paura di recitare in teatro, ma adesso ho capito che posso affrontare il problema. Alla prima di “Vivien Leigh”, un monologo di un’ora e mezza, avevo timore che la memoria mi giocasse brutti scherzi e durante la tournée ho sofferto molto. Ormai ho imparato a convivere con questo sentimento: tanto so che sarà sempre così!

 

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