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RB Casting dà il Benvenuto a Paolo Briguglia

Intervista esclusiva a Paolo Briguglia

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Deciso, socievole, empatico e piacevole. Paolo Briguglia è uno di quelli attori che ispira subito fiducia, con cui entri subito in contatto, così, schietto e sincero, con il quale non hai bisogno di tastare troppo il terreno prima di partire. Va dritto al sodo e le domande se le fa da solo.

Lo raggiungo al telefono mentre è a Cagliari, in tour con lo spettacolo teatrale “Torre d’Avorio” (per la regia di Luca Zingaretti) che sarà in scena fino al 16 Marzo, toccando anche Lucca, Civitavecchia, Teramo, Ancona. Paolo mi avverte subito: “sono in giro per Cagliari con una mappa tra le mani perché non trovo il teatro in cui ho lo spettacolo stasera”. L’intervista si fa curiosa e divertente e tra una domanda e l’altra, mi aggiorna minuto per minuto sulla sua posizione. Alla fine, la meta è stata raggiunta e lo spettacolo è andato bene. E’ inoltre nel film per la tv “Il giudice meschino” (guarda la video intervista realizzata per la serie) per la regia di Carlo Carlei, in onda su Rai 1 in prima serata il 3 e 4 Marzo. In questo film per la tv interpreta l’ispettore Brighi, il braccio destro del giudice Alberto Lenzi (Luca Zingaretti). Per Paolo, questa è stata una splendida occasione per interpretare il ruolo di un uomo crudele e spietato. Che altro dire, lasciamo la parola a lui e alla sua energia.

Paolo-Briguglia-77474Iniziamo subito parlando de “Il giudice meschino”. Cosa puoi dirmi e chi interpreti?
La storia è ambientata in Calabria e ha per protagonista un magistrato, il Giudice Alberto Lenzi (interpretato da Luca Zingaretti), superficiale e restio alle indagini pericolose relative alla ‘ndrangheta. Per indole, cerca di evitare tutto ciò che può portare dei pericoli. La situazione cambia il giorno in cui viene ucciso il suo migliore amico Giorgio Maremmi (Gioele Dix), un magistrato anche lui. Questo evento lo scuote a tal punto da decidere di indagare su cosa c’è dietro. Apparentemente, è una morte per mano della ‘ndrangheta. Giorgio Maremmi infatti, prima di morire ha mandato in galera uno ‘ndranghetista e si suppone che la famiglia si sia vendicata. Si stanno per archiviare le indagini ma al Giudice Lenzi i conti non tornano. A questo punto, entro io in scena con il mio personaggio. Sono un ispettore di polizia, Michele Brighi. Verrà fuori che il magistrato Maremmi aveva scoperto un terramento di scorie radioattive. Man mano, vengono uccise tutte le persone che potrebbero darci informazioni preziose su questa storia. E’ un film che racconta l’attualità e lo fa in un modo molto appassionante, come si fa nel vero grande cinema. C’è un forte carattere d’amicizia tra questi magistrati, c’è l’amore di una donna contesa, un maresciallo dei Carabinieri interpretato da Luisa Ranieri, che fa parte della nostra squadra e alla fine diventerà la compagna di Luca. E’ una storia dai tanti colpi di scena. E’ un film coraggioso su cui la Rai punta molto. Parlare oggi di ‘ndrangheta, di rifiuti tossici, in prima serata su una rete pubblica, per me è un segno importante.

Come pensi reagirà il pubblico?
E’ un film molto appassionante e per di più girato benissimo, è molto incalzante. Il dovere è sempre quello dell’intrattenimento per veicolare un contenuto e questo film lo fa in un modo eccellente. Secondo me, quando la gente comincerà a vederlo, comincerà ad amarlo. Oltre a Luca Zingaretti, che è stato bravissimo in questo ruolo e che il pubblico ama, il cast è eccezionale: c’è Andrea Tidona, nel ruolo del pubblico ministero Giacomo Fiesole; Maurizio Marchetti interpreta Don Mico Rota, un anziano boss della ‘ndrangheta; mentre Gioele Dix è Giorgio Maremmi, l’amico e collega di Lenzi che sarà vittima di un agguato. E, ancora, Gaetano Bruno nei panni di Lucio Cianci Farone e Felicitas Woll in quelli di Elke Adler, una giornalista tedesca sulle tracce di un traffico di rifiuti tossici. Io credo che la fiction andrà bene perché ha la capacità di appassionare il pubblico.

Paolo-Briguglia-Gioele-Dix-il-giudice-meschino-3883So che per te è stata una buona occasione per interpretare il ruolo di un uomo crudele e spietato.
Sì è vero, alla fine si scopriranno cose non proprio piacevoli sul mio personaggio, e una macchinazione che c’è dietro. Sono troppe le persone coinvolte nell’interramento delle scorie, non solo la ‘ndrangheta. Il mio personaggio si scoprirà essere al centro di una serie di trame. Quindi è un personaggio doppio e cattivo. Ringrazierò sempre Carlo Carlei perché ha creduto in me per questo ruolo. E’ interessante interpretare personaggi con un anima nera, specie per me che ho sempre addosso quest’aria da bravo ragazzo. A teatro mi è capitato di interpretare ruoli complessi e completi mentre nella fiction tendono a ingabbiarti.

Come ti sei preparato al tipo di contesto?
Per quanto riguarda la ‘ndrangheta, ne leggo su tutti i giornali purtroppo, e anche spesso. Mi sono chiesto perché ci si presta a questi giochi. Per poteri di stato, arricchimento, carriera rapida. Tutto questo è travestito dal desiderio di collaborare con falsa correttezza. E’ stato divertente creare un personaggio che non avesse minimamente questi segni, per poi far vedere tutta insieme la verità e l’avidità. Più che altro, ho fatto uno studio sull’ambiente e sul comportamento che c’è dietro a questo tipo di personaggio.

37773-paolo-briguglia-teatro-883Parlando invece dello spettacolo teatrale “Torre d’Avorio”, per la regia di Luca Zingaretti. Cosa puoi dirmi a riguardo?
E’ un progetto scritto da Ronald Harwood, Premio Oscar alla sceneggiatura per “Il Pianista” di Roman Polanski. E come in quel caso, si torna a parlare di musica e di nazismo. Siamo a Berlino nel 1945, gli alleati entrano a Berlino per liberare il Paese, ma si ritrovano con un problema enorme. Da un giorno all’altro, centinaia di migliaia di iscritti al Partito Nazista stracciano le tessere per mescolarsi con i civili. Si svolge così la caccia a tutti coloro che hanno sostenuto il regime nazista. Io interpreto un ebreo che è riuscito a scappare da piccolo in America, quindi cittadino americano ma con un cuore cresciuto in Germania, che ha perso i genitori e che torna nel suo paese d’origine per aiutare i suoi connazionali. Tra i vari interrogati, comparirà uno dei più grandi direttori d’orchestra di sempre, Wilhelm Furtwängler, che confessa la sua complicità con il nazismo ma si giustifica con la difesa dell’arte e con l’essersi astenuto dalla presa di posizione a favore del regime. Si difende in un modo molto appassionante e il pubblico riesce a seguire prendendone parte. Non si sa da che parte stare. Per me è una scommessa vinta perché il testo non è immediatamente vincente.

paolo-briguglia-foto-2-Fabio-LovinoCinema, tv , teatro. Qual è il tuo primo amore?
Da sempre amo miscelarli e passare dall’uno all’altro. Forse il cinema è stato il mio primo amore perché da piccolo era più facile vedere cose belle al cinema. Invece, le prime esperienze a teatro sono stata un po’ noiose, col teatro antico. Da ragazzino mi portavano con le scuole e non avevo capito bene di cosa si trattasse. Poi, crescendo, ho visto degli spettacoli meravigliosi in Italia e all’estero, ho avuto una passione folgorante ed ho iniziato a studiarlo. Penso che un attore debba affondare le radici nel teatro, tornare a teatro, viverlo. Non solo è formativo ma è bello, è importante, è ciò che ti fa diventare un attore completo.

Come hai capito che volevi fare l’attore?
Studiavo contestualmente sia lettere che recitazione al Teatro Stabile. Un giorno, sono venuti degli insegnanti dell’Accademia Silvio D’Amico per delle lezioni. Proprio una di queste insegnanti mi ha detto che avevo talento e mi ha consigliato vivamente di trasferirmi a Roma a studiare alla Silvio D’Amico. E così è andata. Io studiavo felicemente all’Università, recitare mi piaceva tantissimo ma non avrei mai pensato di farlo a livello professionale.

basilicata-coast-to-coast-23727Parlando invece della tua esperienza da regista, hai qualcosa di nuovo in ballo?
Da piccolo, mi sono appassionato al cinema e alla regia ancor prima di provare amore per la recitazione. Amavo scrivere storie. Andavo spesso al cinema ma all’epoca era impossibile per me l’idea di studiarlo perché a Palermo non c’erano scuole. Mi ero informato per andare a studiare a Parigi ma all’epoca non esistevano voli low cost ed era difficile organizzare il tutto. Poi sono partito, ho iniziato a frequentare l’Università e a studiare da attore, che era la cosa che mi avvicinava di più a quel mondo che avevo scoperto. Negli anni ho sempre conservato questa passione per la regia, pensando a storie che fossero belle da raccontare. Dopo “Basilicata Coast to Coast” (esordio alla regia di Rocco Papaleo, ndr) ho avuto un momento di slancio, parlando con i produttori, e ho chiesto loro di produrmi. Hanno accettato, hanno presentato domanda al Ministero e con l’appalto cinematografico ho realizzato il cortometraggio “Chiamatemi Ishmael” (presentato in concorso nell’edizione 2012 Bif&st di Bari, ndr) che racconta la storia tragicomica di un gruppo di ragazzi senegalesi.

Come è andata?
Ho girato un bel po’ e abbiamo fatto un bel lavoro. E’ stata un’esperienza positiva. Non penso alla regia come qualcosa che si incrocia con il lavoro dell’attore e non penso a storie nelle quali io faccio anche l’attore. Sto portando avanti un nuovo progetto per il quale ho presentato richiesta al Ministero, ed ha sullo sfondo una storia di soldati in Afghanistan che rientrano da una missione e hanno un passato da risolvere qui in Italia, un passato forte di amicizia e riscatto. E’ una cosa che voglio fare davvero. Penso al lavoro come ad un’occasione di arricchimento per tutti, perché se uno lavora bene e riesce a far scoprire qualcosa al pubblico è bello. Non è una cosa che penso e faccio per me, se credo che non possa venir bene lascio stare. Ho già avuto dei riscontri positivi e c’è un produttore che si è innamorato della storia che ho proposto.

paolo-briguglia-pierfrancesco-favino-enzo-monteleone-ed-emilio-solfrizzi-sul-set-di-el-alamein-28312Quanto al tuo percorso professionale così interessante, c’è un’esperienza alla quale sei più affezionato o più grato?
Penso sempre a “El Alamein” di Enzo Monteleone come ad una delle esperienze più affascinanti. Anche lì un film sulla Seconda Guerra Mondiale con i soldati in trincea nel deserto. Oggi non si immaginano più queste storie perché nessuno le vuole fare, non si può girare, non ci sono soldi. Invece lì siamo stati due mesi in Marocco come fratelli, con un cast bellissimo. E’ stata un’esperienza enorme soprattutto come inizio di carriera di un attore. E’ un dono.
E poi c’è “Il figlio della luna” di Gianfranco Albano in cui interpreto Fulvio Frisone, un fisico nucleare tetraplegico. Un personaggio bellissimo da interpretare perché totalmente diverso da me, così estroverso ed ironico seppur con limiti fisici enormi. Quando interpreti qualcosa di così lontano da te, senti davvero di aver creato un personaggio. Devo ammettere che un po’ per fortuna, un po’ per scelta, forse un po’ per talento, mi è capitato di fare dei film bellissimi. Quando ho potuto, ho scelto. Non è che il lavoro mi piombi così addosso però qualche volta ho anche deciso di non fare qualcosa, specie se sentivo che non ne valeva la pena e pur rinunciando al denaro. Poi le cose, fortunatamente, si sono susseguite una dietro l’altra, tutte esperienze stupende e formative. E infine, ovviamente, sono affezionatissimo a “Basilicata Coast to Coast”.

Infatti sono curiosa di sapere di questa esperienza, già in partenza così particolare.
Pensa che all’inizio si diceva “Se arriviamo ad 1 milione e otto stappiamo lo champagne”. Ne ha incassati 4 e ha contagiato tutti. Sono contento che sia andata esattamente così. Tutto meritato.

Qual è il sogno più grande che hai, a livello professionale?
Sicuramente quello di realizzare il nuovo progetto da regista. Di diventare pienamente regista e di fare un bel film, te lo dico senza false umiltà. Quando ho fatto questo cortometraggio mi son detto: “Ecco, ora sono a mio agio sul set”. Io sui set sono sempre un po’ come se mi sentissi meno bravo di altri, meno giusto, meno forte, come se fossi in difetto. E invece da regista mi dico: “Forse è questo il mio posto, forse devo stare qua”. Voglio fare davvero questo lavoro e voglio farlo bene. Al contempo, amo il mestiere di attore e voglio continuare a farlo, a farlo tanto e a farlo bene. Sto crescendo anche io e sono sempre stato condannato al ruolo di eterno ragazzo, bravo ragazzo. Oggi ho 40 anni, una famiglia e due bimbe, e comincio a sentire che è arrivato un momento diverso nella mia vita. Stanno arrivando ruoli diversi, più grandi e più maturi.

22284479-paolo-briguglia-per-chiamatemi-ishmael-31111Che tipo di regista sei, lasci spazio d’interpretazione agli attori o vuoi che seguano ogni tua indicazione?
Io penso che ogni attore debba metterci molto di suo nell’interpretazione. E’ il suo lavoro. E non penso che un regista debba troppo interferire sull’interpretazione. Ad esempio gli attori americani hanno un “acting coach” e due mesi prima si chiudono a lavorare. Il regista dice quello che pensa, dopodiché l’attore deve sorprendere, rendendo vivo il personaggio. La scelta degli attori è fondamentale. Detto questo, si fanno le prove e si prepara un personaggio. Mi piace lavorare per tempo e non improvvisare.

Hai mai pensato di lavorare all’estero?
Come attore sì, avevo preso contatti in Francia ma poi con la nascita delle bimbe, con i lavori qui e con una serie di eventi, non sono più riuscito a farlo. Mi è piaciuto molto lavorare su un set internazionale, “Giulio Cesare”di Uli Edel, un piccolo ruolo al fianco di Christopher Walken, quattro giorni di lavoro molto intensi con lui e ho trovato un modo molto vicino alla mia indole. Mi trovo sempre molto bene sui set stranieri e cerco sempre di parlare le lingue per tenermi in allenamento. Purtroppo c’è una vita sola, è questo il problema.

Ma io direi che questa che hai, sta già andando benissimo.
Ci stiamo lavorando (ride, ndr).

workers-pronti-a-tutto-paolo-briguglia-insieme-al-regista-lorenzo-vignolo-sul-set-del-film-235256Qual è il cinema che ti piace?
Te ne potrei dire tantissimi. Ad esempio, il cinema messicano mi fa perdere la testa: Inarritu e Cuaròn sono per esempio due registi che stimo e studio molto. E’ quel cinema che guardi e riguardi e ogni volta scopri qualcosa di nuovo. “Gravity” mi è piaciuto molto, benché qualcuno l’abbia criticato. E’ un cinema che è grande ma anche sporco, quasi un cinema di reportage.

Qual è il prossimo ruolo che vorresti interpretare?
Un bel personaggio shakespeariano da interpretare a teatro. In mancanza di quello, in generale un bel personaggio da fare a teatro, al più presto. O magari interpretare il ruolo dell’assassino, come mi ha consigliato un mio insegnante; dice che sarei perfetto. Con il ruolo del cattivo ho appena cominciato. Non è che all’improvviso da bravo ragazzo mi voglio trasformare in un serial killer però vediamo che succede. Mi divertirei a fare dei ruoli un po’ più cattivi.

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