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“Agrodolce” e il giallo dei milioni spariti

Centotrentaquattro lavoratori dello spettacolo in cassa integrazione, attori che hanno firmato un contratto di 26 mesi ma di fatto sono disoccupati, 50 puntate girate e mai andate in onda, 300 persone con tre mesi di stipendi arretrati, 25 milioni di euro promessi dalla Regione Siciliana e in stand by dal 2009, debiti Rai per quasi 5 milioni. E’ la situazione di “Agrodolce”, la soap opera interamente girata in Sicilia e fortemente voluta da Giovanni Minoli, con i set allestiti nello scorso autunno per girare la seconda serie e chiusi dopo soli 4 mesi.

Prodotta dalla Einstein Fiction di Andrea Olcese e Luca Josi grazie al finanziamento di Rai e Regione Siciliana (rispettivamente 22 e 25 milioni da distribuire nell’arco di due anni), la serie tv è nata nel 2007 con l’obiettivo di “riconvertire industrialmente” le aree svantaggiate di Termini Imerese. Ma per quei luoghi e le circa 400 persone che lavorano alla fiction investendovi futuro e speranze, “Agrodolce” si è rivelata un’esperienza più amara che dolce. I risvolti della vicenda, che sempre più va assumendo i contorni di un giallo, portano tutti verso Mamma Rai. Lei, però, risponde con un silenzio assordante e il rimpallo delle responsabilità da un dirigente all’altro, in una sorta di estenuante gioco a ping pong.

La denuncia. Le prime notizie ci arrivano da un giovane attore. Dopo uno stop di 20 mesi dalla produzione della prima serie, le riprese sono ripartite a novembre per fermarsi l’11 marzo a causa della mancanza di liquidità della Btl srl, società controllata dall’Einstein Fiction srl. “Ho firmato un contratto fino al 31 dicembre del 2012 – spiega l’interprete – ma ho lavorato solo qualche mese e adesso mi ritrovo disoccupato, con il paradosso che i Casting Rai non mi chiamano perché risulto occupato in una lunga serie”. Ma perché le riprese si sono fermate? “Nessuno lo sa – continua – i produttori ci hanno detto che non c’erano più soldi perché da mesi non ricevevano le rate della Rai, da viale Mazzini ci hanno fatto sapere che i pagamenti si sono fermati perché la società fideiussoria che garantiva per la Einstein è fallita. Per me sono tutte scuse…Come ha fatto la produzione ad andare avanti senza soldi? E come fa la Rai ad appellarsi alla cosiddetta fideiussione bancaria? Insomma, se si riuscisse a capire cos’è successo davvero!”.

Una storia travagliata. Per capire “cos’è successo” decidiamo di fare una piccola indagine. Su YouTube troviamo il backstage della fiction con le belle immagini della Sicilia e un’intervista a Minoli. “Una grande avventura imprenditoriale, industriale, culturale e umana – dice il giornalista – un progetto che sembrava un sogno e che è diventato realtà, una realtà insospettabile che si lega alla grande tradizione del cinema siciliano, quella dell’immediato dopoguerra quando il principe Alliata considerava la Sicilia il più grande set a cielo aperto”. Per la presentazione alla stampa Minoli rincara la dose: “la Sicilia potrà diventare la nuova Hollywood – afferma – ma una Hollywood a dimensione d’uomo, più mediterranea” con l’obiettivo di “far nascere un’industria culturale in grado di produrre serial che sappiano comunicare valori, fornire esempi ed esercitare cambiamenti”.

La prima puntata di “Agrodolce” va in onda su Raitre l’8 settembre del 2008. Dopo le prime  incertezze, gli ascolti cominciano a salire raggiungendo una media di 1 milione e mezzo di telespettatori (circa 500mila in meno rispetto a “Un posto al sole”, che dura da ben 15 stagioni). E allora perché, dopo la prima serie, la produzione rimane ferma per 20 mesi? “La storia produttiva di ‘Agrodolce’ è sempre stata travagliata – spiega un altro attore, uno dei personaggi storici della fiction – prima c’è stato il blocco dei finanziamenti della Regione con i litigi tra Rai e politici, poi, quando si doveva partire con la seconda serie, anche i rapporti tra produzione e direzione editoriale si sono incrinati. La Einstein diceva che Minoli voleva fare ‘Ben Hur’ con il budget di una soap, Minoli voleva portare la qualità del cinema nella lunga serialità. Intanto è passato un anno e mezzo e noi attori siamo rimasti al palo come ostaggi. A maggio del 2010 arriva l’accordo con la notizia che la produzione sarebbe ripartita, poi di nuovo lo stop e circa 300 stipendi non pagati per tre mesi. Non sappiamo se e quando riprenderemo a lavorare, ma la cosa più grave è che in questo modo perdiamo tutte le altre occasioni. Io ce la posso fare, ma c’è gente che ha acceso un mutuo e adesso si ritrova in mezzo a una strada”.

Negli ultimi mesi attori, maestranze e tecnici hanno organizzato sit-in e cortei di protesta, ottenendo l’apertura di un tavolo di crisi e chiedendo la partecipazione di Rai e Regione Siciliana. L’unico risultato concreto raggiunto, però, è stato la cassa integrazione per 134 lavoratori (attori esclusi), che coprirà il periodo dall’11 marzo al 31 luglio. E dopo? Che fine faranno le 400 persone impiegate nella produzione? Le riprese riprenderanno o ci sarà lo stop definitivo? E per quanto tempo artisti e tecnici resteranno ad aspettare?

La posizione dei produttori. Nei vari comunicati il Gruppo Einstein ha manifestato più volte e chiaramente la volontà di tornare sul set. Si legge nell’ultima nota del 10 maggio: “dopo un periodo di black out è ripreso il dialogo tra le parti e gli avvocati incaricati dalla Rai e dall’Einstein Fiction hanno concordato un testo che definisce le modalità che assicurino al più presto il ritorno alle lavorazioni della produzione Agrodolce. Attendiamo ora una decisione dalla Rai”. Da allora sono passati più di due mesi e sul caso “Agrodolce” è tornato il silenzio. Al telefono Andrea Olcese, amministratore delegato di Einstein Multimedia, non ha peli sulla lingua: “noi abbiamo fatto tutto quello che potevamo – dice – adesso aspettiamo una mossa dalla Rai che ci deve pagare quasi 5 milioni di fatture. Il nostro lavoro l’abbiamo fatto e consegnato senza contestazioni di sorta, a casa mia bisognerebbe pagarlo e basta! E’ come se dovessi realizzare un’autostrada per l’Anas: continuo a costruirla in estrema buona fede, ma se l’Anas non mi dà più i soldi come faccio? Devo andare avanti con le mie risorse? L’ho fatto per qualche tempo ma adesso non ho più la resistenza finanziaria, sono un produttore e non un finanziere!”.

Ma perché la Rai non paga e dove sono finiti i 47 milioni promessi? “Bisognerebbe chiederlo ai suoi dirigenti – continua il produttore – penso che Fabrizio Del Noce (direttore di Rai Fiction, ndr) sia la persona più adatta a rispondere. Poi c’è la convenzione con la Regione Siciliana, ma io sono solo l’appaltatore e non ne so nulla”. Lo sfogo di Olcese si conclude sulle “modalità” stabilite dagli avvocati per il ritorno alle lavorazioni: “la produzione è stata interrotta a causa della mancanza totale di liquidità – spiega – e sarà ripresa non appena la Rai provvederà al pagamento delle 50 puntate già realizzate”.

Le non risposte di Mamma Rai. Continuiamo la nostra indagine e cerchiamo Del Noce. Niente da fare, il telefonino è sempre spento. Proviamo con Minoli, perché forse il padre putativo di “Agrodolce” ci può aiutare a risolvere il giallo dei milioni spariti: se non i 25 della Regione Siciliana (l’assessore al Turismo Daniele Tranchida si è già affrettato a dichiarare che “i primi pagamenti, secondo quanto previsto dalla convenzione firmata dalla Regione con la Rai, avverranno soltanto dopo la messa in onda del primo gruppo di puntate”) almeno i 22 che spettavano alla stessa Rai.

Minoli ci dice che può solo sperare. ”Io ho la responsabilità editoriale – precisa – e non mi occupo delle questioni contrattuali, per quelle c’è l’ufficio contratti e la direzione di Rai Fiction. La Einstein ha dimostrato una scarsa capacità professionale: non si capisce perché hanno fermato la produzione avendo firmato un contratto che prevede delle condizioni precise, che loro non vogliono rispettare perché puntano a guadagnare il triplo o il quadruplo. Hanno fatto l’esperienza della prima serie, se pensavano che qualcosa non andava dovevano rinunciare a impegnarsi per la seconda”. Minoli spiega che la sua intenzione non era “fare ‘Ben Hur’ ma realizzare il contratto”, aggiungendo che “il costo è quello di un romanzo popolare con un budget che corrisponde a quasi il triplo di una soap opera”.  E conclude: “io sono l’unico che ha cercato di fare tutto il possibile ma non ho il potere in mano. Il potere ce l’ha Rai Fiction e la direzione generale”.

Insomma, tutte le strade portano a Del Noce. Riproviamo a contattarlo e proprio quando abbiamo perso le speranze ci risponde. “La questione di Agrodolce è in mano all’ufficio legale della Rai – spiega titubante – e quindi preferisco non parlarne. E’ un progetto di cui mi sono occupato marginalmente in quanto il responsabile era Minoli, Rai Fiction ha dato solo un’assistenza tecnico-finanziaria”. Ma Minoli ci ha detto di non avere alcun potere contrattuale…“Esatto – continua il dirigente – nemmeno io faccio contratti e ho solo la responsabilità editoriale di Rai Fiction, ma può contattare il mio vice direttore, Paolo Bistolfi”. Ringraziamo e salutiamo, non senza qualche perplessità: è strano che, su una questione così importante, un direttore non conosca l’operato del suo vice e soprattutto non abbia alcun potere contrattuale sui progetti in corso.

N.B.: il giallo di “Agrodolce” continua. La soluzione (forse) nelle prossime puntate.

 

5 Commenti

  1. dicono squadra che vince non si cambia come mai hanno cambiato i direttori di fotografia della 1 serie ? pensavano alla qualità e non alla quantità come volevano i produttori? x questo sono stati eliminati oppure xkè imposti da Minoli?

  2. Grazie per aver preso le difese del mio caro amico direttore della fotografia.
    Certo che se c’era ancora lui tutto questo non sarebbe successo!

  3. Infatti cambiare i direttori di fotografia e’ stato un grande errore, e le conseguenze sono queste.
    Minoli rimane sempre un caro amico.

  4. Taranto , 4 aprile 2013.
    Questo accade quando ci sono i politici in tutte le situazioni anche quelle
    televisive. Le reti di stato non dovrebbero avere politici all’interno ma composte
    solo da tecnici che sanno fare il propio mestiere e saper amministrare l’azienda
    come un buon padre lo fà con la propia famiglia. Oggi vediamo quello che ac=
    cade in Italia con il governo , i loro componenti che pensano più alla poltrona che al bene del paese che sta vivendo l’ombra del fallimento.

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