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Beniamino Marcone: “Grazie ai Cesaroni sto ricevendo un richiamo mediatico importante”

Intervista a Beniamino Marcone 

E’ iniziata la quinta stagione de “I Cesaroni”, la serie tv campione di ascolti torna con le nuove puntate, a partire dal 14 settembre 2012, portando al suo seguito un nuovo volto, quello del giovane ma già maturo Beniamino Marcone. Dopo l’uscita di scena di Walter Masetti (Ludovico Fremont), Stefania (Elda Alvigini) e Ezio (Max Tortora) non resteranno soli a lungo in casa. La preside, infatti, spingerà il marito ad accogliere come figlio affidatario, il problematico studente Diego Bucci (Beniamino, appunto).

Abbiamo avuto modo di conoscerlo lo scorso inverno, per la sua partecipazione a “Il giovane Montalbano”. A dispetto della sua giovane età, il suo curriculum è già piuttosto ricco; ha fatto qualche esperienza come doppiatore, ha girato un paio di spot pubblicitari, ha lavorato in diversi corti, si è fatto le ossa in teatro ed ha ottenuto una discreta visibilità grazie al cinema. Qualcuno, infatti, potrebbe averlo già visto nei film “Febbre da fieno” e in “Feisbum”. Con il suo arrivo ne “I Cesaroni 5”, Beniamino potrebbe facilmente raggiungere quella fama che ad oggi solo certe fiction televisive sanno dare.

Vorrei che mi parlassi subito del tuo ingresso e del tuo personaggio ne “I Cesaroni”.
Interpreto Diego Bucci, un ragazzo giovane con diversi problemi alle spalle, per motivi che non dipendono da lui. Grazie alla famiglia Masetti e ai suoi amici, Diego riuscirà a capire quali sono i valori più importanti per lui, supportato anche da un nuovo amore e una nuova famiglia. Questo è a grandi linee il percorso di questo nuovo personaggio de I Cesaroni.

Come sei entrato nel cast, hai dovuto sostenere un provino?
Sì, anche più di uno. E’ stata una lunga concatenazione di eventi. In quel periodo stavo girando Montalbano e, dopo la proposta avanzata alla produzione dalla mia agenzia, ho ricevuto una chiamata per incontrarci. E’ stata una decisione ad incastri. Sono stato fortunato e loro molto disponibili nei miei riguardi.

Quanto è importante, in questo senso, la figura dell’agente e quale credi sia il rapporto ideale che deve crearsi con queste figure?
Credo che sia un rapporto importantissimo, fondato sulla fiducia reciproca e, ovviamente, quando devi scegliere un agente credo sia consigliabile non limitarsi mai a scegliere la prima persona che mostra interesse verso di te. Bisogna incontrare quello giusto. Ogni agente può avere filosofia e posizioni diverse. Ci sono attori disposti a fare ogni tipo di esperienza, mentre altri selezionano. L’agente deve proporre il meglio per l’attore che rappresenta. Bisogna trovare una persona con il quale riuscire a stabilire tale fiducia, che esuli dal discorso economico. E’ una sfumatura diversa, l’agente deve avere chiaro in testa quello che a te piace fare. Bisogna trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda nella scelta dei lavori. Ho cambiato agenzia da poco, ma ero seguito da una persona che mi conosceva, anche caratterialmente, il che è molto importante, anche dal lato umano. Gli attori sono tutti differenti. Ci sono attori che vogliono trasmettere un’attitudine e un determinato approccio, che non sia solo quello della foto sui giornali, ma quello di trasmettere qualcosa di preciso al pubblico e di trovare il modo giusto per farlo arrivare. A questo punto subentra anche il lavoro dell’ufficio stampa, che deve promuoverti nella maniera più adeguata.

Cosa vuol dire arrivare in un cast già rodato e quale pensi sia l’approccio migliore per integrarsi?
Quando mi hanno comunicato che il provino era andato a buon fine, me lo sono chiesto subito. Del resto, sono tutti attori che lavorano insieme da anni e ho pensato che sarebbe stato difficile inserirmi, farmi accettare. Ma nel mio caso, credo di essermi presentato preparato, sapevo quello che dovevo fare. Ho provato a inserirmi in maniera professionale e intelligente e loro sono stati ben disposti. E’ stato un buon trovarsi, si è creata una bella alchimia e non ho avuto particolari difficoltà. Sono stati propensi a crearlo insieme il personaggio, mostrando subito interesse verso le mie proposte. E’ anche vero che ho avuto a che fare con grandi attori che hanno talmente tanta esperienza e la situazione in pugno da saper gestire ogni imprevedibilità in scena. Devi essere pronto anche a saper giocare con l’improvvisazione e sono convinto che la preparazione e la professionalità siano importanti e basilari.

Quanto è utile, ai fini professionali e per farsi conoscere dal grande pubblico, un prodotto come “I Cesaroni”?
E’ la serie più longeva e seguita in Italia, anche da un pubblico giovane. Ti premetto che il teatro e i progetti indipendenti non hanno la stessa risonanza dei lavori per la tv, anche se servono e sono un’ottima scuola. E’ un problema tutto italiano. Finché non diventi popolare, sembra che tu non sia all’altezza. Finché ho fatto spettacoli a teatro sembrava che non esistessi. Dopo “Il giovane Montalbano” e “I Cesaroni” c’è stato un richiamo mediatico molto più grande. Per cui serve anche questo, la popolarità, per poi un giorno decidere quello che si vuole fare. E la visibilità fa parte di questo mestiere. Bisogna fare i conti con il tipo di lavoro e farsi conoscere dal pubblico.

La tua esperienza professionale più formativa ad oggi?
Indubbiamente il Centro Sperimentale e le prove aperte. Sono stati momenti di grande tensione e impegno. Col senno di poi ti rendi conto che erano delle semplici prove. Da studente però pensi che siano la fine del mondo. Dopo, ti rendi conto che c’era il tempo per provare, per sbagliare. Fanno parte di un percorso e per la formazione ed è importante poter sbagliare e potersi dire “La prossima volta farò diversamente perché ho imparato una cosa nuova, lo farò in un altro modo”. Quando cominci a lavorare con costanza e per progetti grandi, non capita tutti i giorni il lusso di poter provare una cosa e poi cambiarla l’indomani.

In quanto a formazione, oggi, forse più di ieri, è richiesta agli attori una grande preparazione. Quanto ti è stato utile frequentare il Centro Sperimentale?
E’ stata l’esperienza che mi ha fatto capire che volevo fare questo lavoro e non era solo un hobby. Venivo da esperienze più piccole in quanto a laboratori e corsi teatrali. Ci tenevo che fosse una scuola di qualità che mi desse quella sicurezza che mi mancava. Devo tanto al Centro, nel bene e nel male. Ci sono cose che mi son piaciute di più, altre di meno. E’ stata in ogni caso una prova e un momento della mia vita in cui ho capito veramente cosa volevo fare. Nella fase dello studio, chi ha talento impara a gestirlo, impara a gestire lo stress, la costanza nel tempo e l’imprevedibilità, che porta grande stress emotivo. E’ un momento chiave per poter sbagliare e per capire quello che si vuole.

Da cosa attingi e, in generale, in che modo ti prepari per interpretare un ruolo?
Parto sempre dal memorizzare bene la parte e dall’averla molto ben radicata nel mio cervello. Ho bisogno di alcuni giorni in cui metabolizzo quello che devo fare. Poi mi preparo al personaggio attingendo da situazioni e maniere più disparate. Provo ad immaginare la scena come fossi io a dirigerla, penso a come caratterizzare il personaggio, come renderlo credibile e quali verità andare a toccare. Soprattutto lavoro per renderlo vivo e nuovo e non copia di cose già viste. Parto da quello che io immagino, inserendo magari sfumature che io ho già vissuto direttamente sulla mia pelle.

Il cinema che ti piace e l’ultimo film “illuminante” che hai visto.
Ho visto un film due giorni fa e, benché vecchio, mi ha decisamente illuminato. Questo film andrebbe riproposto subito in programmazione, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Mi ha fatto ripensare ad un po’ di cose. Mi piace parlare molto con le persone e scopro che, in un momento di crisi economica e di valori, molti hanno paura nel denunciare determinate cose per paura delle conseguenze. Questo film mi ha fatto pensare alla paura di avere il coraggio per far valere i proprio diritti. Ci sono degli intoccabili che riescono a coprire le proprie malefatte e che sono immuni dall’essere spodestati. Mi ha commosso per quanto sia attuale, è un film forte e dai risvolti psicologici toccanti.
Quanto al cinema che mi piace, tra gli americani Tim Burton perché ha la capacità di creare dei mondi fantastici. Tra gli italiani, Moretti e Sorrentino.

Qual è la prova più importante che ti piacerebbe superare?
Posso sparare alto? Da quando mio padre mi faceva vedere da piccolo i film di Nanni Moretti, ho sempre sognato di lavorare con lui. So che è un regista molto esigente, il che mi piace. E’ bello lavorare con chi non si accontenta. Io son dell’idea che si può sempre fare meglio. Mai accontentarsi perché diventerebbe un lavoro a sottrarre piuttosto che aggiungere.

Sei molto esigente, quindi.
Me lo dicono tutti, “Vuoi arrivare in alto ma sei troppo esigente”. Il punto è che io sono esigente anche quando preparo un piatto di pasta. Deve proprio venirmi bene. Forse è più difficile la vita per le persone così, però sono io e non mi piace far finta che vada tutto bene. La realtà non è così.

Chi è Beniamino Marcone? Temperamento, passioni, ossessioni…
Come ho appena detto, chiedo molto, prima di tutto a me stesso. Sono incontentabile nelle mie prestazioni e mi ritengo una persona molto obiettiva; nel dare giudizi sono oculato, non sono un disfattista ma neanche un super entusiasta. Cerco di capire le cose e sono equilibrato. Fuori dal set, le mie passioni sono la musica, la radio, il doppiaggio (al quale mi sto riavvicinando), la fotografia, lo sport e mi piace condurre una vita tranquilla. Mi piace la casa, i posti a me famigliari, i ristoranti di fiducia. Coltivo le mia amicizie di sempre. Non faccio troppa baldoria o troppa vita notturna.

Una domanda che vorresti ti facessero?
No, no, le domande le fate voi (ride, ndr). Ti dirò che c’è una domanda che mi ossessiona in questo periodo, “Il tuo sogno nel cassetto”. E’ una domanda al quale non ce la faccio più a rispondere. Ogni giorno la risposta potrebbe cambiare e oggi sarebbe “vincere la Champion’s League”, so di essere leggermente in ritardo ma forse ce la potevo fare.

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