Home Uncategorized Maria Rosaria Omaggio: “Non sono mai stata Giulietta, quanto piuttosto Medea”

Maria Rosaria Omaggio: “Non sono mai stata Giulietta, quanto piuttosto Medea”

Intervista all’attrice per il film “Walesa – L’uomo della speranza” di Andrzej Wajda, al cinema dal 5 Giugno

Maria-Rosaria-Omaggio-2014

Carismatica e tanto ironica. Parlare con Maria Rosaria Omaggio è molto piacevole e di sicuro è una sorpresa. La raggiungo telefonicamente di prima mattina e la trovo di buon umore, mentre sorseggia il caffè e sfoglia il quotidiano, dove è riportata una bella recensione che la riguarda e che la definisce “un’iperrealistica Fallaci”. Un’ironia leggera ma intelligente, Maria Rosaria è una di quelle donne con le quali prenderei volentieri una tazza di tè in un pomeriggio disteso di chiacchiere e relax, perché so che mi arricchirebbe. Attraverso le sue parole, meticolose e intense, ti sembra di rivivere i suoi ricordi e vederli nitidi davanti.

E così meticolosa lo è stata anche nel parlare di Oriana Fallaci e del suo ruolo a lei così caro in “Walesa – L’uomo della speranza”, l’omaggio di Andrzej Wajda a Lech Walesa, Premio Nobel e leader di Solidarnosc. Il film, che finalmente è uscito in Italia il 5 Giugno, ripercorre la vita dell’ex operaio attraverso l’intervista che Oriana Fallaci gli fece e che Andrzej Wajda ha riportato fedelmente sul copione del suo nuovo film.

WAŁĘSA

Un ruolo importante, che lei desiderava fare da tempo. Come si è preparata?
E’ stata una fortuna, io ero già preparata. Sin dal 2003 avrei dovuto interpretarla a Benevento Città Spettacolo, poi per vari motivi non si fece e io interpretai lo spettacolo “Chiamalavita”, tratto dall’omonima opera di Calvino. Poi nel 2006, quando è venuta a mancare, incontrai il nipote e partecipai alla mostra a lei dedicata a Roma, Milano, Firenze e New York. Quando è uscito il libro postumo, “Un cappello pieno di ciliegie”, sono stata io a presentarlo. In questo periodo ho avuto modo di conoscere i suoi veri amici, le persone che le sono state davvero vicino. Ovviamente, avevo già letto tutti i suoi libri, conoscevo il suo personaggio nei minimi dettagli. Proprio vedendo la mia lettura sul sito ufficiale di Oriana Fallaci, sono stata chiamata per la parte in “Walesa”, la casting director di Wajda mi ha notata così.

Come è andata sul set e qual è stata la difficoltà più grande?
Sul set c’è stata un’atmosfera piacevole. Wajda è un maestro e non solo perché è un Premio Oscar ma anche perché è un artista, un regista a tutto tondo, un grande pittore, un grande conoscitore della storia, un vero e proprio maestro a tutto tondo. Difatti, sul set abbiamo avuto spesso gli allievi della scuola di cinema di Cracovia. Inoltre, abbiamo lavorato con un grande direttore della fotografia, Pawel Edelman, lo stesso de “Il Pianista”, per intenderci. Per non parlare degli attori, poi. C’era un’atmosfera di grandissima complicità e collaborazione. La soddisfazione piu grande è stata quella realizzare qualcosa sul campo. Inizialmente, nella sceneggiatura di Janusz Glowacki, anche lui un importantissimo sceneggiatore e scrittore, l’intervista di Oriana era un lunghissimo piano sequenza di 12 minuti, un episodio della vita di Walesa. Quando, però, sono arrivata con la pelliccia della Fallaci, con il suo vero registratore, con il cammeo che indossava sempre sui pullover, come nelle foto storiche del vero incontro con Walesa, hanno cambiato idea. Il primo incontro ha avuto un impianto teatrale, abbiamo provato tutta la scena in presenza di tutti i tecnici, come a teatro. Wajda stesso ha realizzato che sembrava tutto così reale, l’intervista storica in cui la Fallaci rivolge a Walesa le domande profetiche che anticipano la sua leadership… Era tutto così vero che Wajda ha deciso di utilizzare l’intervista della Fallaci come filo conduttore della vita di Walesa. E da una bellissima partecipazione il mio ruolo è diventato quello di una coprotagonista.

Come pensa reagirà nuovamente il pubblico in sala? Avete già avuto modo di sperimentarlo.
Da Venezia a Varsavia, a Danzica, a Toronto, Chicago, Corea, Tokyo e Colombia, il film ha già fatto il giro del mondo. Il pubblico reagisce rendendosi conto che non è una biografia o un prodotto televisivo, quindi non presta il fianco al sentimentale. E’ una ricostruzione storica che mira a far conoscere, attraverso la vita di quest’uomo, la situazione in Polonia e in Europa di quegli anni, nel senso che quello che accadde ha permesso la dominazione sovietica, ha portato all’abbattimento delle barriere tra Stati Uniti e Unione Sovietica e alla caduta del muro di Berlino, all’Europa così come è oggi. Ovviamente Wajda non poteva avere materiale di repertorio. Tutto è lavorato in post produzione come lo fosse davvero. L’unico vero materiale storico è quello riguardante l’arrivo di Papa Wojtyla a Varsavia, piuttosto che la morte di Breznev, ma non si distinuge quasi il materiale. Consideriamo, poi, che i libri della Fallaci sono stati stampati in polacco proprio mentre noi stavamo girando. Insomma, è stata anche per me un’occasione per seguire la storia. Facciamo presto a parlare d’Europa ma conosciamo molto poco la nostra storia.

Che idea ha oggi della Fallaci?
Sicuramente e finalmente la biografia della Cristina De Stefano di Oriana Fallaci la racconta davvero, anche nella sua vita privata. Tutti pensano che il suo grande amore sia stato Panagulis. In verità non è così. Lo è diventato per merito suo perché ha scritto quel capolavoro, forse l’unico romanzo, “Un uomo”, ma è stata una storia di circa due anni e mezzo alternata tra vicinanze e lontanaze. Oriana ha avuto il coraggio, a 50 anni, di stare con uno di 40 e fare una scelta del genere alla fine degli anni ’70. E’ il coraggio di una donna veramente libera. La mia fortuna è stata quella di recitare le reali parole della Fallaci, avevo i suoi appunti reali e la vera intervista a Walesa pubblicata nel libro “Intervista con il potere”. Poter recitare le sue testuali parole è un grande vantaggio per un interprete.

Maria-Rosaria-Omaggio-Walesa-2014-con-Wajda-e-Pawel-Edelman

Lei ha sempre interpretato ruoli forti e donne interessanti e coraggiose.
Sin da ragazzina, nonostante abbia cominciato a recitare a 16 anni, non sono mai stata Giulietta. Ecco, diciamo che probabilmente ero già Medea. In questo momento, forse, posso affrontare bene e meglio una bella e sana commedia. Ne avrei bisogno quasi. Mi piacerebbe affrontare qualcosa di leggero.

C’è un altro ruolo femminile che vorrebbe interpretare?
In questo momento mi piacerebbe riapprofondire un personaggio che ho già interpretato a teatro. E’ l’unico testo teatrale che ha scritto Gabriel García Márquez, “Diatriba d’amore contro un uomo seduto”. Mi piacerebbe farne qualcosa di più di questa Graziela, una donna del sud del mondo che potrebbe anche essere siciliana, che dopo 25 anni di matrimonio decide di dire al marito tutto quello che non gli ha mai detto. La prima sua frase è fulminante: “Niente somiglia all’inferno più di un matrimonio felice”. E’ veramente un personaggio straordinario e risulta evidente il mio amore per le grandi penne e per una scrittura superlativa. Ho bisogno di abbandonarmi con il cuore e con la mente in questi ruoli. Ma quando la scrittura è perfetta e i personaggi sono così veri è sicuramente più facile interpretarli. In questo momento, mi piacerebbe un film per il cinema leggero. Ho fatto tanta commedia in passato ma per noi donne è difficile perché, soprattutto in Italia, non c’è spazio per le donne tra i 45 e i 65 anni. Io stessa, a 17 anni, ho interpretato un magistrato ed è impossibile. E’ come se un attore 60enne per farsi lo sconto avesse bisogno di un’attrice di massimo 30 anni. Non abbiamo mai film veri come la coppia Diane Keaton e Jack Nicholson, piuttosto che una Meryl Streep; in “Mamma mia” nessuno si sta a domandare che è impossibile che una di 63 anni abbia una figlia di 17. Probabilmente, c’è un’idea della donna che ancora deve apparire e basta, e non serve raccontarla. Vedo che ci sono tantissime colleghe over 60 che hanno avuto una nuova carriera, ma solo come amante o nonna, la donna non c’è. Perché? Battiamo il 59% della popolazione. Ad esempio, se la Boldrini dovesse essere interpretata, prenderebbero di sicuro un’attrice di 35 o 40 anni. Perché? Bisogna cogliere il momento iconico del personaggio. Se devo raccontare la Montalcini, sicuramente mi soffermerò sul primo periodo della sua vita, ma quello che è interessante è il periodo in cui è esplosa la scienziata che tutti conoscono, quindi il periodo dei suoi 60 anni. E così anche per la Fallaci, la sua fama planetaria è inziata da adulta.

maria-rosaria-omaggio-3773

Qual è l’esperienza professionale a lei più cara?
Ce ne sono tante, sicuramente ho una grande riconoscenza per Luigi Magni e per il film “Il Generale”, sulla storia di Garibaldi interpretato da Franco Nero. Io ero la donna di Cavour, interpretato da Erland Josephson, la sua amante con cui è stato 26 anni, la contessa Bianca Ronzani. Oppure mi viene in mente Woody Allen, uno dei miei registi preferiti. Purtroppo ho preso parte ad uno dei suoi film più brutti perché “To Rome with Love” non è uno dei suoi film meglio riusciti. Felicissima di averlo fatto però. Tutti mi dicevano che era ipocondriaco, che non si faceva neanche dare la mano, c’erano tutta una serie di pregiudizi e preparazioni per incontrarlo. Quando ci siamo visti io gli ho portato il primo libro che ho comprato a New York e lui mi ha detto: “Ma che bella edizione, non ce l’ho neanche io”. Mi ha preso la mano per ringraziarmi e lì sono partite tutte le foto. E poi ho tirato fuori il disco di “Chiamalavita”, con testi e canzoni scritte da Italo Calvino. Era incluso anche il libretto di sala risalente allo spettacolo che ho interpretato a New York e mi ha detto: “Come sai che amo Calvino”? E io gli ho detto: “Siccome amo te e amo Calvino, ho pensato che voi due vi piaceste”. Lui si è messo a ridere e mi ha abbracciata. E tutti: “Ha toccato la Omaggio”. E’ stato tutto molto naturale, chiacchieravamo.

Vi siete presi a prima vista, insomma.
Era supponibile, pensabile. Comunque i ricordi sono ormai tanti. Sono molto legata anche i miei film spagnoli che sono usciti ovunque tranne che in Italia perché all’epoca non funzionavano e la Warner decise così. Se riguardo indietro, a quel periodo, mi sembra di vedere me stessa come una figlia, come se non fossi io. Diciamo che ancora non ho la sindrome di Gloria Swanson di “Viale del Tramonto”. Guardo al futuro.

Ha un’ironia che non mi aspettavo.
Lo vede? Sono pronta per fare un fllm comico.

Ma sarebbe un film comico dal taglio intellettuale, ne sono certa.
Ma non è detto, questo mette una grande paura ai registi italiani, che in qualche modo vogliono essere solo autori. Credo che il lato che mi fa assomigliare di più alla Fallaci sia una grande forza e autonomia che nasconde una fortissima fragilità femminile. Questo connubio curioso ci accomuna. E’ stato molto faticoso fumare le sigarette che ho dovuto comprare all’asta su internet. Ho trovato un mozzicone di sigaro anche nella pelliccia che il nipote di Oriana mi ha prestato. E ho scoperto che la sua pelliccia non era più calda di un piumino. Ero tutta tesa con quel freddo. E in quella tensione ero molto Fallaci, molto dura. Ho dovuto comprare all’asta su internet le sigarette che fumava lei all’epoca, con tanto di bollino americano. Il pacchetto di sigarette piu costoso della mia vita. Ma ovviamente me lo tengo. E’ stupenda la scena in cui accendo la sigaretta di Walesa, lui fumava le nazionali e sputacchiava il tabacco. Una donna che accende la sigaretta ad un uomo era all’epoca un’immagine molto forte.

Tornando a lei, una lunga lunghissima carriera internazionale in teatro, tv, cinema, musica, radio e libri. Da dove le viene la passione per la filosofia orientale?
Sono una grande studiosa di antropologia culturale quindi è evidente che ragazzina, vedendo questo enorme parlare di oriente, esploso negli anni ’70 per arrivare alla orrenda new age (che è folcloristica), realizzai una serie di documentari per la televisione, ideando e conducendo forse l’unica trasmissione che ho fatto, “Incredibile”, che trattava fisica quantistica, pensiero positivo e molto altro. Ricordo che in quel momento, parlando di Fiori di Bach mi dissero che andavo contro le case farmaceutiche e che ero folle. Stessa cosa mi è successa con l’agopuntura, provata per la prima volta a Parigi per un torcicollo.

Che progetti ha per il futuro? Qual è ad oggi il suo desiderio più grande?
Interpretare un ruolo così bello come quello che ho appena fatto ma con un regista italiano. Vorrei sentirmi italiana e vorrei che si ripetesse la complicità come quella che mi è successa. O magari un ruolo di donna del sud o di commedia. Nel frattempo, sto preparando un piccolo grande lavoro che mi piace molto, un cortometraggio. Nasce dall’ammirazione e dallo stupore di un gruppo di ragazzi straordinari che, senza nessun aiuto e sovvenzione, è riuscito a realizzare un gruppo fantastico che funziona bene. Mi è venuta l’idea di raccontare qualcosa di emozionante. Mi sto occupando di questo e mi auguro sarà una piccola perla in cui tradizione e innovazione diventino una realtà di questo Paese.

Set-Film-Wajda-Walesa-L-uomo-della-speranza-Maria-Rosaria-Omaggio-Walesa-2014

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here