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Greenpeace: nel tonno in scatola molte promesse, pochi passi verso la sostenibilità

scatolette-scatole-tonno-greenpeace-4774Roma, 25 Settembre 14 – Dopo Italia, Austria, Inghilterra, Canada, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda, la “classifica rompiscatole” sulla sostenibilità delle scatolette di tonno di Greenpeace arriva anche in Francia, dove molti dei produttori più importanti sono compagnie ben note anche sul nostro mercato. Purtroppo – nonostante le promesse fatte – il mercato francese evidenzia come l’industria si sia mossa ben poco, e come siano ancora troppi i doppi standard. C’è tanta strada da fare perché si abbandoni una pesca eccessiva e distruttiva che sta svuotando i nostri mari.

Agli ultimi posti della classifica francese Petit Navire, marchio del colosso MWB, che possiede nel Regno Unito il marchio John West e in Italia Mareblu. Colosso anche nei doppi standard! Mentre in Italia e nel Regno Unito si era impegnato negli scorsi anni ad avere entro il 2016 nel cento per cento dei propri prodotti tonno sostenibile, scopriamo che in Francia non vi è ombra di tale impegno, e alcune delle flotte da cui arriva il tonno sono state coinvolte in episodi di pesca illegale.

Da quanto abbiamo potuto vedere – grazie a un’indagine svolta dai nostri volontari sei mesi fa nei supermercati italiani – anche Mareblu non sta facendo abbastanza: la maggior parte del tonno continua a essere tonno pescato con reti a circuizione, senza alcuna garanzia che non vengano usati dei sistemi di aggregazione per pesci (FAD) che causano la cattura accessoria di squali, tartarughe e balene. Meno del 4 per cento dei prodotti esaminati indica in modo chiaro che il tonno è stato pescato “a canna”, uno dei metodi con minor impatto ambientale.

Non brilla neanche Bolton Alimentari, colosso italiano del tonno in scatola, proprietario del marchio Rio Mare. L’azienda aveva promesso di avere entro il 2013 solo tonno sostenibile pescato a canna o senza FAD nel 45 per cento dei propri prodotti, ma in Francia non ha rispettato tale impegno e il suo marchio Saupiquet, il cui tonno è catturato con metodi di pesca distruttivi, scende nella classifica francese al settimo posto. Purtroppo la nostra indagine nei supermercati ci fa dubitare che in Italia la situazione sia tanto diversa: solo il 6 per cento dei prodotti Rio Mare trovati nei nostri supermercati conteneva tonno pescato a canna. Se questa è la “qualità responsabile” di Bolton si conferma il nostro timore che un impegno poco chiaro, come quello preso sul cento per cento della propria produzione per il 2017, possa portare ben poco tonno sostenibile nelle loro scatolette.

“Le aziende devono dimostrare di mettere in pratica le loro promesse, e di farlo allo stesso modo nei diversi Paesi. Greenpeace controlla con attenzione il loro comportamento e non permette che i consumatori siano presi in giro”, afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeeace Italia.

Le grandi aziende del tonno non sono le sole ad applicare due pesi e due misure. Nella classifica francese troviamo il tonno di due supermercati francesi, Carrefour e Auchan, leader nella distribuzione anche nel nostro paese. Al terzo e quarto posto nella classifica di Greenpeace Francia, perché il 10 per cento del tonno che finisce nelle loro scatolette è pescato a canna, peccato che di questi prodotti sostenibili non se ne trovi neanche uno in Italia. Carrefour si è impegnata a rinnovare la propria politica di acquisti nei prossimi mesi: speriamo che adotti precisi criteri di sostenibilità, e che valgano per tutti i mercati in cui è presente.

“I nostri oceani sono in crisi, e la maggior parte delle risorse di tonno oggetto di una pesca eccessiva e indiscriminata. Aziende leader del mercato mondiale, come MWB, Bolton, Carrefour o Auchan hanno la responsabilità di esserlo anche nel garantire la sostenibilità dei loro prodotti. Solo se riusciremo a cambiare la domanda che viene da Paesi forti consumatori di tonno, come la Francia e l’Italia, potremmo generare un vero cambiamento nelle flotte che operano in mare. Senza tonno non c’è futuro, n’è per i nostri oceani né per queste aziende”, conclude Monti.

 

 

 

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