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Al Festival di Roma è il giorno di Kevin Costner e di “Biagio”

Dalla nostra inviata, Marilena Vinci. Diario del nono giorno.

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Roma, 24 Ottobre 2014 – È stato Kevin Costner il protagonista della penultima giornata del Festival Internazionale del Film di Roma. L’attore di “Balla coi lupi”,”Gli Intoccabili” e “Robin Hood” ha presentato “Black and White”, il film di Mike Binder di cui è protagonista.

Nel film Costner è Elliott Anderson, un avvocato che assieme a sua moglie si prende cura della nipotina afro-americana dopo che la sua mamma è morta di parto. Suo padre Reggie, invece, è uno sbandato, che non sa rinunciare a droga e dipendenze di ogni genere. Quando la moglie di Elliott muore tragicamente in un incidente, la nonna Rowena (Octavia Spencer) vuole ottenere la custodia della bimba e porta Elliott in tribunale, accusandolo di avere pregiudizi etnici, per ottenere ciò che vogliono.

“Black and White” è stato prodotto dallo stesso Costner. “Ne ho parlato con mia moglie e abbiamo convenuto che si doveva fare. I grossi studios non pensavano che questa storia potesse fare soldi ma io non sono d’accordo, penso che abbia molte possibilità di successo. Parliamo di razzismo ma anche con molto calore e umorismo. Dove c’è un sorriso non ci può essere troppa sofferenza”.

Il razzismo negli Usa “è una questione assai delicata. – dice l’attore – Io personalmente faccio tante esperienze e devo dire che i momenti più belli della mia vita li ho condivisi con persone con cui non avevo in comune nemmeno la lingua. Il punto è che siamo un paese di ex schiavisti, abbiamo pagato il prezzo di ciò che abbiamo fatto molto duramente. Non sono così intelligente da saper dare risposte, ma ho provato a fare un film autentico, che non parlasse di razzismo ai tempi della schiavitù ma affrontasse il problema per come è vissuto oggi”.

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Al Festival del Film di Roma è anche il giorno dell’ultimo italiano: “Biagio” di Pasquale Scimeca, autore di numerosi documentari e di “Placido Rizzotto”. Il film, presentato nella sezione Cinema d’oggi, racconta la storia di una sorta di moderno San Francesco, Biagio Conte, noto a Palermo come Fra Biagio, figlio di un industriale benestante diventato un missionario laico che nella sua città natale ha creato la “Missione di Speranza e Carità”, in risposta alle continue richieste di attenzione da parte degli strati più poveri della popolazione.

“Questo film non solo vuole raccontare l’esperienza di Biagio, ma cerca di essere un tentativo di capire la crisi profonda, culturale e economica, che ci sta colpendo – spiega Scimeca –. Biagio è il paradigma del nostro tempo. Egli rinuncia a tutto e inizia il suo percorso da pellegrino; vive nei boschi da solo e quando ritorna nella civiltà lo da uomo libero, dimostrandoci che si può essere sereni dedicando la propria esperienza agli altri. Mi ha insegnato che nella vita bisogna avere il coraggio di fare scelte drastiche e al termine del film posso dire di aver recuperato anche io dei valori nuovi”.

“Biagio è un rivoluzionario vero, non a parole – dice il regista –, forse è uno dei pochi che conosco. E lo è perché si è messo in discussione sul serio. Noi abbiamo espulso la spiritualità dalla nostra vita, puntando tutto sul possesso delle cose, sulla ricchezza. La spiritualità, invece, è un bisogno profondo, così come la ricerca della religiosità e a questo bisogno noi uomini del terzo millennio dobbiamo guardare con occhi nuovi. La fede è un dono ed è anche conquista. Dobbiamo cercare Dio non attraverso paure e imposizioni, ma attraverso la libertà. Sono in questa fase di conquista della libertà, quella che poi potrà permettermi di cercare Dio”.

Sostenuto da Sicilia Film Commission e Banca del Nisseno, il film è stato prodotto con un budget di circa seicentomila euro. “Non è possibile protestare in eterno, è certamente utile ma bisogna lavorare e rimboccarsi le maniche. Il film è stato arricchito dall’entusiasmo di tutti i partecipanti, che sono stati straordinari anche nei momenti di difficoltà, di sconforto”.

A dare volto a Fra Biagio è Marcello Mazzarella che racconta: “L’ho conosciuto anni fa durante una trasmissione televisiva in cui si raccoglievano fondi di beneficenza per la sua missione, quando lo vidi fui scosso nell’anima. Sentivo l’esigenza di raccontare dei siciliani che ci fanno onore, per andare oltre gli stereotipi stupidi. Nella mia vita ho conosciuto la vera indigenza, prima di essere scelto da Ruiz per interpretare il film su Proust, sono stato povero, ho vissuto per strada. In Biagio quindi mi sono rivisto. Ricordo molto bene le carezze delle persone che provavano a farmi stare meglio. Oggi voi vedete un attore, ma ho dormito per strada, senza neanche un po’ di latte da bere”.

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Scenario di tutt’altro tipo in Prospettive Italia con “Index Zero” di Lorenzo Sportiello, opera indie di fantascienza made in Italy sebbene girata in Bulgaria in lingua inglese. Protagonisti della storia, ambientata nel 2035, è una coppia che aspetta un bambino. I due percorrendo una landa desolata, trovano un varco clandestino per entrare illegalmente nei più floridi Stati Uniti d’Europa che applicano la tolleranza zero verso gli immigrati. La polizia di frontiera però li arresta subito e entrambi vengono separati e internati in un centro di detenzione, dove ogni loro emozione e respiro viene controllata da un braccialetto elettronico.

“Ho scelto di lavorare con respiro internazionale perché è necessario per il futuro del nostro cinema, – spiega Sportiello – che è costituito da sole commedie mainstream. Per il resto non ci sono i numeri e non c’è il pubblico. Infatti sono curioso di vedere come andrà non solo il mio film ma soprattutto ‘Il ragazzo invisibile’ di Salvatores, film di genere, italiano, ad alto budget. Naturalmente per girare all’estero avevo anche una motivazione data dalla trama. La storia è ambientata negli immaginari Stati Uniti d’Europa e dunque cercavo facce ‘al confine’, e luoghi di quel tipo. L’Italia non era adatta. La sfida è trovare nicchie sul mercato globale che siano interessate a questo prodotto. Il futuro che immagino è degradato, mette in scena la crisi del presente. E la gente si adatta a questo degrado. Il film è metaforico e politico ma non ‘di partito’. Non do giudizi di valore o soluzioni”.

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