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“Gli equilibristi” di De Matteo, in bilico tra benessere di routine e povertà

Famiglie in crisi ai tempi della crisi: è questo il tema che Ivano De Matteo affronta nel suo “Gli equiibristi”, con Valerio Mastandrea e Barbora Bobulova.
La storia è quella di un padre di famiglia (Giulio) quarantenne con una vita tranquilla, forse troppo, tanto da indurlo ad una scappatella con una collega di lavoro. La moglie lo scopre, tentano di ricucire il rapporto ma lo strappo ormai è profondo. Giulio è così costretto a lasciare la casa in affitto divisa con la moglie e i due figli e tutto comincia inesorabilmente a crollare. Appesantito da due affitti da pagare, le rate della macchina, l’apparecchio per il figlio piccolo e le spese per la figlia adolescente (interpretata dalla brava Rosabell Laurenti Sellers), l’uomo comincia un doppio lavoro come scaricatore al mercato. Le difficoltà però aumentano e la sua vita inizia a ruotare solo attorno alla necessità di fare soldi.

Attraverso una riuscita miscela di ironia e dramma, De Matteo (che ha scritto il film assieme alla compagna Valentina Ferlan) racconta cosa succede oggi dopo la separazione ed il labile confine tra benessere e povertà. Dopo un inizio che introduce con leggerezza alla storia e strappa persino qualche sorriso nel ricalcare certi cliché della romanità, il regista porta lo spettatore nel doloroso abisso in cui sprofonda il suo protagonista, con cui è impossibile non stabilire un rapporto empatico. Sul volto di Mastandrea, che regala con questa una delle interpretazioni più belle della sua carriera, si legge un dolore sincero, profondo che non ha nulla di patetico e urlato ma solo la reale tristezza di una miserevole condizione di vita.
“Il divorzio è per i ricchi”  recita una  battuta del film, e a vederlo così non si fa certo fatica a crederlo.

Passato in concorso nella sezione Orizzonti alla 69° Mostra del cinema di Venezia, “Gli equilibristi” è al cinema dal 14 settembre distribuito da Medusa in circa 80 copie.

Altri commenti della critica:

“Un film che parte quasi come una commedia e finisce nel melodramma più cupo. Un uomo che ha quasi tutto per essere felice e di colpo non ha più niente tranne l’orgoglio. L’immersione in una Roma ruvida e spiccia ma vera, esplorata con bel senso dei personaggi e qualche inciampo nel racconto da un regista romano fino al midollo. Dominato da un imploso e efficacissimo Valerio Mastandrea, Gli equilibristi di Ivano De Matteo (Orizzonti) pattina sul confine sempre più labile fra dignità e miseria, normalità e emarginazione, seguendo la lenta e inarrestabile rovina di Giulio (Mastandrea), un dipendente del Comune che per una scappatella se ne va di casa e per non privare di nulla moglie e figli, un bambino e una adolescente, scivola senza quasi accorgersene nella miseria, dorme in auto, mangia alla Caritas, accetta i lavori più umili solo per scoprire che anche quelli non sono affatto scontati”.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

“(…) La descrizione di questo ambiente, anche quello degli immigrati novelli proletari, è particolarmente azzeccata, con alcune felici intuizioni narrative e stilistiche come nella migliore tradizione neorealista del nostro cinema (…)”
Pedro Armocida, il Giornale

“(…) Mastrandrea ha la faccia da cane bastonato fin dalla prima inquadratura, e per quanto si empatizzi con le sue disgrazie vien voglia di entrare nel film per scuoterlo, per dargli una scossa. E’ comunque importante che il cinema italiano getti uno sguardo sui nuovi poveri che ci circondano: lo faceva già ai tempi di Umberto D, capolavoro del quale Gli equilibristi sembra un lontano remake. E in fondo anche qui c’è una speranza di salvezza: solo che nel XXI secolo i cagnolini sono stati sostituiti dai telefonini”.
Alberto Crespi, l’Unità

“Al solito, Mastandrea si dimostra interprete sensibile, capace di conferire spessore, credibilità e una speciale pulizia interiore al suo personaggio, ma (…) il film perde colpi lungo la strada, virando nel finale su un registro sentimentale da sit-com”.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa

“Senza far nulla per nasconderlo, Gli equilibristi cerca di costruire il suo percorso di disidratazione economica e umana sul modello aureo di Umberto D., di cui riprende alcuni elementi nel finale e la più generale idea di un personaggio in bilico tra necessità e dignità. De Matteo, che ha anche scritto il film assieme alla moglie Valentina Ferlan, appare tuttavia innamorato della tragicità della propria storia, più che dedito a raccontare un mondo e le sue difficoltà. Lo sguardo su una vita apparentemente tranquilla, in un sistema in cui la dignità pare un diritto e invece è un lusso facilissimo da perdere, sembra quello di un aguzzino più che di un narratore. Come se non bastassero le difficoltà oggettive, il regista aggiunge amarezze soggettive (come l’ambientazione natalizia) e ad infierire sull’impoverimento materiale sceglie inequivocabilmente di accompagnarne uno umano e affettivo ancora più drastico. Il problema quindi non pare il ritratto di una realtà dura e difficile (quello è un dovere), quanto l’averlo fatto senza adesione. Tanto che pure il pietismo estremo del finale risulta improvviso e stonato”.
Gabriele Niola, MYmovies.it

“De Matteo si conferma un regista sensibile e capace di raccontare una storia con efficacia”.
Valentina D’Amico, Movieplayer.it

“(…) per parlare di poveracci, del ’27’ che non arriva mai, dei soldi come ricatto capitalista bisognerebbe avere come modello Umberto D e non un Tv movie da Rai1 + segue dibattito”.
Aldo Fittante, FilmTv.it

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