Home Uncategorized “Appartamento ad Atene”, il nazismo per raccontare i rapporti universali

“Appartamento ad Atene”, il nazismo per raccontare i rapporti universali

Video intervista a Laura Morante e Ruggero Dipaola.

Atene, 1943. L’ufficiale tedesco Kalter (il Richard Sammel di “Bastardi senza gloria”) requisisce l’appartamento di Nikolas e Zoe Helianos (Gerasimos Skiadaresis e Laura Morante), invadendone gli spazi fisici e l’intimità del cuore. I coniugi, editori benestanti prima della guerra, non solo devono cedere la sala da pranzo e il letto coniugale, ma sono costretti a sopportare i soprusi del nazista, che sembra godere nell’esercitare la sua “superiorità” e nel minacciare, anche con le armi, i suoi sottoposti. Ogni membro della famiglia reagisce diversamente: mentre Zoe e il figlio dodicenne restano diffidenti fino alla fine, quest’ultimo dichiarando il suo disprezzo e affrontando le conseguenti punizioni, Nikolas e la tredicenne Leda ne subiscono il fascino, stabilendo con lui un contatto persino affettivo. Finalmente Kalter parte, va in Germania per due settimane, ma al suo ritorno qualcosa è cambiato. Sembra un’altra persona, capace quasi di sentimenti umani…

Tratto dall’omonimo romanzo dell’americano Glenway Wescott, “Appartamento ad Atene” è un’operazione coraggiosa, non facile, che però è riuscita solo in parte. L’esordiente Ruggero Dipaola, avvalendosi della penna di Heidrun Schleef e Luca De Benedittis, ha tentato di rendere cinematografica una materia di per sé teatrale (le scene sono soprattutto interni e l’attenzione si concentra tutta sui personaggi), per di più elevandola a messaggio universale. Il film di Dipaola (come pure il libro), infatti, non parla solo di guerra e anzi, l’invasione dei nazisti diventa quasi un pretesto per esplorare i rapporti umani, la loro ambiguità e il confine sottile che spesso passa tra il Bene e il Male. Così l’ufficiale nazista può essere qualsivoglia padrone/oppressore e la famiglia rispecchia le diverse reazioni dei servitori/vittime. Ottimi tutti gli attori (inclusi i piccoli Alba De Torrebruna e Vincenzo Crea), un po’ meno la scrittura. Il film non farà furore in sala (esce in 50 copie con Eyemoon Picture), ma già vanta un piccolo record: 51 festival internazionali e 27 premi, tra cui quello del Festival di Roma 2011, dove ha primeggiato nella sezione “Vetrina dei giovani cineasti italiani”.

Laura Morante e Ruggero Dipaola - intervista Appartamento ad Atene - WWW.RBCASTING.COM

Alcuni commenti della critica:

“Didascalico, brechtiano, un po’ da fiction della dialettica servo e padrone, il regista Dipaola tiene sospesa, teatrale la materia (ottimi Sammael, Morante), espone ma non affonda l’incubo inconscio di una dipendenza”.
Maurizio Porro, Corriere della Sera

“La materia c’è ma vistosamente chiama in causa una mano più salda e autorevole, diciamo Polanski. È fin troppo facile dirlo, e dunque rispettiamo il tentativo”.
Paolo D’Agostini, la Repubblica

“Un dramma cupo e banale, che non avvince, né emoziona. Che abisso, per restare in tema, con Bastardi senza gloria, dove l’arrivo del colonnello tedesco metteva davvero i brividi”.
Massimo Bertarelli, il Giornale

“Nel copione il romanzo è ‘privatizzato’, si annacqua il quadro storico dello scontro, rendendo il disegno drammaturgico meccanico e un po’ troppo disincantato”.
Roberto Silvestri, Il Manifesto

“Il meglio è nel prologo dei bambini, in quel rapporto servo-padrone spogliato il più possibile delle sue coordinate storiche. Il resto è più incerto”.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

“L’eredità letteraria si traduce in pletorica teatralità, ma a un Kammerspiel con poche libere uscite lo script sa dare ariosità, brio e, perché no, pathos: ottima la prova degli attori, su tutti Sammel, e riuscita l’induzione dal particolare al vulnus globale della guerra. Sopra tutto, l’Uomo, nel suo essere vittima e carnefice, ugualmente prostrato. Un Appartamento arredato dal cinema, con un certo gusto”.
Federico Pontiggia, Cinematografo.it

“L’esordio alla regia di Ruggero Dipaola e la qualità del prodotto, rintracciabile ad esempio in una fotografia sofisticata e in una direzione tenuta sempre fermamente sotto controllo, dimostrano che il nostro cinema potrebbe avere tutte le possibilità per cercare una nuova dimensione a metà strada tra le storie generazionali e la tradizione del romanzo storico”.
Tiziana Morganti, Movieplayer.it

“A mancare è soprattutto il climax drammatico, relegato agli ultimi minuti a fronte di una storia che per un’ora abbondante procede senza sussulti. Troppo poco per graffiare”.
Claudio Bartolini, Film Tv

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