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Francesco Formichetti: “Lavorare con Kim Rossi Stuart? Lui è un trittico micidiale”

La nostra intervista all’attore Francesco Formichetti

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di Ivana Calò

Sempre equilibrato, presente a se stesso e lucido. Francesco Formichetti possiede un’attitudine saggia verso il lavoro e la vita in generale. E forse è proprio questa attitudine che gli permette di avere le idee chiare.

E’ stato scelto da Kim Rossi Stuart per il suo secondo film (il cui titolo provvisorio è “Il centro del mondo”) e non nasconde l’entusiasmo: “Che grande piacere è stato conoscerlo e lavorare con lui. Ci siamo subito trovati ed è nata una bella intesa. Sono stato a contatto con persone stimolanti e con una forte integrità morale e lavorativa”.

L’abbiamo intervistato e ci ha raccontato il suo presente, il suo futuro e qualche curiosità sulla sua vita privata: l’amore, la Lazio e i Rolling Stones!

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Parliamo subito del film “Lo chiamavano Jeeg Robot”. E’ stato accolto con entusiasmo da critica e pubblico all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma. Raccontami qualcosa del tuo personaggio.
Posso dire con orgoglio di essere fiero di averne fatto parte, proprio perché è un film originale, pieno di effetti speciali ed emozionante, senza mai dimenticare però la sua “italianità”. Sono certo che quando uscirà nelle sale verrà accolto con grande piacere dal pubblico, che riceverà un’ondata di brio e tornerà ad essere pienamente fiero del proprio cinema, troppo spesso omologato.
Arrivando al mio personaggio che già il nome, “Sperma”, rende particolarmente eccentrico e difficile da dimenticare, si tratta di un giovane ragazzo che fa parte della banda dello Zingaro (Luca Marinelli). Rispetto agli altri membri del clan, lui non è poi così farabutto, anzi, con i suoi “occhi da lemure”, così simpaticamente definiti da Gabriele Mainetti, fa parte di questo gruppo di giovani criminali perché non ha altri amici a parte loro. Lui vorrebbe diventare spietato e freddo come lo Zingaro, ma dentro è buono e quando impugna un’arma guarda gli altri per capire cosa fare.

Ti è piaciuto questo ruolo?
Assolutamente sì, mi sono divertito da matti dall’inizio alla fine. È stato entusiasmante girare intere scene di combattimento, mettendomi alla prova con il lavoro che fanno di solito gli stuntmen. Quasi un mese prima stavo girando a -15° sull’Altopiano di Asiago il film di Ermanno Olmi, che ha avuto su di me un impatto emotivo e fisico fortissimo. Sul set di Jeeg Robot, oltre alla grande professionalità, ho trovato anche un clima disteso e divertente. Poi giocavo in casa, nella mia Cinecittà, dove 5 anni fa studiavo recitazione. Ho ritrovato Claudio Santamaria, ho conosciuto Luca e ovviamente Gabriele Mainetti, per non parlare degli altri ragazzi della banda; ormai siamo diventati amici e ci sentiamo spesso. Ci metterei subito la firma per un’altra avventura simile a questa.

Il film segna l’esordio alla regia di Gabriele Mainetti. Cosa puoi dirmi a riguardo? C’è un’energia diversa o una modalità più fresca nella metodologia di lavorazione?
Ogni regista è diverso nella metodologia di lavoro, e soprattutto ognuno ha la propria personalità. Gabriele lo conoscevo indirettamente come attore, poi quando vidi i suoi cortometraggi, “Basette” e “Tiger boy”, entrambi pluripremiati, ho avuto la conferma che possedesse anche delle grandi qualità registiche. Avendo lavorato con lui posso dire che la sua freschezza e simpatia si riflettono sul suo modo di lavorare. È attento e scrupoloso ma allo stesso tempo sa gestire in modo notevole la grande macchina del cinema. Non mi dispiacerebbe affatto tornare ad essere diretto da lui, soprattutto se continuerà a sfornare film come “Lo chiamavano Jeeg Robot”.

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Ti abbiamo visto comparire su Rolling Stone in una splendida foto di Fabrizio Cestari. Di che si tratta?
La foto rientra nell’ambito di un servizio fotografico realizzato dal sapiente occhio di Fabrizio Cestari, dove vengono ritratti i protagonisti della Festa del Cinema di Roma. Tra questi il sottoscritto, anche se ammetto che al posto della camicia sotto la giacca avrei volentieri indossato proprio la mia maglietta dei Rolling Stones.

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Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ci sono delle cose in cantiere, ma non dico nulla per non bruciare le tappe. Posso dirti che dopo Jeeg Robot sono stato scelto da Kim Rossi Stuart per il suo secondo lungometraggio di prossima uscita, prodotto dalla Palomar. Che grande piacere è stato conoscerlo e lavorare con lui. Ci siamo subito trovati ed è nata una bella intesa. È un trittico micidiale: persona, attore e regista incredibile.

Puoi anticiparmi qualcosa?
Trama e uscita del film sono top secret. Il personaggio che interpreto si chiama Antonio, un ragazzo felicemente sposato e padre di un bambino di 5 anni che manda avanti l’azienda di famiglia. È l’amico del protagonista, interpretato da Kim, ed è grazie a questa amicizia che ho avuto il piacere di lavorare al suo fianco. È stata un’esperienza stimolante in tutte le giornate di set, per non parlare del gruppo di attori. Devo dire che sotto questo aspetto sono stato molto fortunato ad aver sempre incontrato persone simpatiche e con una forte integrità morale e lavorativa.

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Qual è oggi il tuo desiderio più grande?
Vivo in un paese che, a causa di un decennio di stagnazione economica, un mercato del lavoro fermo e un radicato sistema di clientelismo, non regala a me, come a tanti giovani, una prospettiva concreta per un futuro sereno. Ora come ora ce la sto mettendo tutta e sono fiero di ciò che ho prodotto, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Sono felicemente fidanzato e a quasi trent’anni sento la necessità di accelerare i miei progetti di vita personale. Sogno un vero cambiamento in un Paese, anzi, in un popolo, che deve riprendere in mano questa realtà che sta sprofondando sempre di più nell’indecenza.

Sei soddisfatto oggi del tuo percorso professionale?
Direi di sì. Dal giorno in cui varcai le soglie dell’accademia di recitazione fino ad ora, il percorso è stato intenso, e spero che continui ad esserlo anche in futuro. Sono appena all’inizio, però sento di aver fatto dei piccoli ma anche importanti passi in avanti. Non è stato per niente facile ma ho constatato che con l’impegno, lo studio, un pizzico di sana follia e ovviamente un po’ di fortuna, la passione per questo mestiere arriva inevitabilmente a chi deve valutarti.

Cosa cambieresti del tuo vissuto attuale se potessi farlo?
Su due piedi direi nulla. La propria vita e il percorso che uno sceglie di fare viene influenzato da tanti fattori, e per adesso va bene così. Però a pensarci bene cambierei alcune scelte non proprio lucide.

Hai qualche rimorso o rimpianto?
Beh, chi non ne ha? Però non sono così importanti. Qualche rimpianto c’è, ma fa parte del passato. Se sono così ora è anche grazie alle esperienze vissute, quindi talvolta ben vengano i rimorsi.

C’è una domanda che vorresti ti fosse rivolta ma mai nessuno ti ha fatto?
Sì, ovvero se tifo per qualche squadra di calcio. La mia risposta sarebbe ovviamente sì, sono un tifoso sfegatato della S.S. Lazio fin da piccolo. Poi che il calcio non sia più onesto e bello come quello di una volta è un altro discorso, però mi piace molto come sport e quando posso corro allo stadio a tifare la mia squadra. Romanisti non odiatemi!

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