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Rolando Colla, intervista al regista di “7 Giorni”

La storia di Ivan (Bruno Todeschini) e Chiara (Alessia Barela) e della passione proibita che li travolge per sette giorni. Al cinema dal 24 agosto.

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Esce nelle sale il 24 agosto, distribuito da Solaria Film – Movimento Film in collaborazione con Lo Scrittoio“7 giorni”, il nuovo film di Rolando Colla (Oltre il confineGiochi d’estate) con protagonisti Alessia Barela e Bruno Todeschini.

Un’isola della Sicilia, un matrimonio imminente da organizzare, un’inaspettata attrazione: la storia di Ivan e Chiara e della passione proibita che li travolse per sette giorni.

Levanzo, Sicilia. Ivan (Bruno Todeschini) e Chiara (Alessia Barela) si incontrano su un’isoletta siciliana per organizzare il matrimonio del fratello di lui Richard (Marc Barbé), con la migliore amica di lei, Francesca (Linda Olsansky). Una forte attrazione li travolge fin dal primo incontro ma, per ragioni diverse, entrambi tendono a ritrarsi: Ivan, ancora ferito dal fallimento del suo ultimo rapporto e Chiara, sposata con Stefano (Gianfelice Imparato) non vuole mettere in pericolo il suo matrimonio. Nonostante le resistenze iniziali, i due decidono di vivere la storia fino all’arrivo degli ospiti per la cerimonia. Nel loro piano non hanno però preso in considerazione l’amore…

Sito Ufficiale: www.7giorni.eu

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INTERVISTA AL REGISTA ROLANDO COLLA

Perché questa storia?
“7 Giorni” parla di un uomo nella seconda metà della vita, deluso dall’amore e dalla sua capacità di amare. È anche una storia personale, connessa con la mia stessa vita ed età. Ho sentito l’esigenza di fare un film contro la rassegnazione. Volevo raccontare la storia di un uomo che si è ritirato perché vuole una pausa dagli altri e soprattutto dall’amore. Ivan è un botanico e vive nel mondo della botanica, scrive articoli accademici e gestisce un erbario. Ha chiuso con l’amore, o almeno così pensa. Mi interessava far vedere che Ivan reprime il proprio problema. Per molto tempo non parla del suo fallimento fino a quando l’incontro con Chiara risveglia la sua voglia di vivere. “7 Giorni” è la storia di un uomo che ritorna in vita; anche la stessa isola torna in vita.
Mi è capitato più volte di trovarmi in un posto che consideravo privo di vita, perché io lo volevo privo di vita, per avere la mia pace, e invece sono stato sorpreso. La vita ci trova, anche se noi ci nascondiamo. Questo suona lapidario, eppure è una profonda ed esistenziale esperienza: anche quando ci ritiriamo, la vita ci richiama per farne parte.

Perché la piccola isola di Levanzo come luogo delle riprese?
Levanzo mi ha ispirato dal primo momento: il piccolo villaggio vicino al mare, il faro in rovina, le poche spiagge con ciottoli, la natura selvaggia. Gli abitanti, persone con un certo scetticismo che con il tempo si sono aperte, mi hanno ispirato. Ho deciso di riportare nel film i loro canti, la loro cucina e la loro gioia di vivere, soprattutto nelle scene che rappresentano la festa del matrimonio, e ne sono molto felice.

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Perché questo cast?
Per i ruoli principali femminili (Chiara e Francesca) ho avuto la fortuna di lavorare con due attrici che già conoscevo da film precedenti: Alessia Barela ha recitato in “Giochi d’estate”, Linda Olsansky in “Einspruch VI”. Ho potuto contare sul fatto che hanno una spontanea naturalezza e sono disposte, durante le lunghe settimane di prove, a definire precisamente i personaggi e a farli propri. Per il casting dei ruoli principali maschili ho coinvolto Alessia e Linda e scelto insieme a loro. Sia Bruno Todeschini (Ivan) che Marc Barbé (Richard) erano disponibili per delle prove intense e penso che ne sia valsa la pena. Ivan all’inizio del film è tutt’altro che simpatico, è arrogante e in qualche modo infantile. Todeschini ha accettato e vissuto questi aspetti della personalità di Ivan rendendo il proprio cambiamento come protagonista della storia ancora più potente.
Per gli abitanti dell’isola ho lavorato con attori e attrici siciliani, sia con professionisti che con non-professionisti. Sono rimasto particolarmente colpito da Aurora Quattrocchi, che interpreta la proprietaria dell’albergo, e da Gianluca Spaziani, il figlio con un leggero ritardo mentale; trovo la loro riservatezza da isolani molto personale. Gli invitati al matrimonio, amici del gruppo di Richard e Francesca, sono principalmente ex-tossici. Anche qui volevo avere una grande autenticità. Il coro è formato da persone comuni, tra i 60 e 75 anni, che vivono a Palermo e nel tempo libero cantano; solo la solista è una professionista. I musicisti li abbiamo infine trovati in un circolo per anziani di Palermo, e suonano ad orecchio.

Perché questo stile di racconto?
Il film lascia molto in sospeso e invita il pubblico a farsi un’idea del passato dei personaggi, con solo pochi accenni all’interno della storia. Penso che ci sia più forza nel silenzio che nel rumore e penso anche che una storia ancorata al “qui e ora” abbia un impatto emotivo maggiore. Per questo ho omesso flashback e mi sono limitato al quotidiano in cui si svolge l’azione. Naturalmente la sceneggiatura è una costruzione e anche la messa in scena è frutto di un’intenzione creativa, ci sono metafore e simboli, ma ho cercato di raccontare la storia così come in realtà sarebbe potuta accadere: ho voluto dare un senso di quotidianità, lasciare che tutto seguisse il proprio corso, avere nel film dei momenti sensuali e lasciare nel sottofondo la dimensione del dolore, delle paure e delle speranze.

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