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“Il Dono” a Buenos Aires

Il primo film sulla “zona” segreta di Tarkovskij in Italia

Ci sono film documentari sul cinema che non servono tanto a raccontare la grandezza di un personaggio, a chiarire i contorni di un mito, fare della corretta filologia. Alcuni film sul cinema lasciano invece delle domande, aggiungono un mistero, forse un’inquietudine a un personaggio, pongono delle domande su chi è la persona dietro il personaggio. E così facendo, quando quella domanda arriva al cuore delle cose, non parlano solo di un grande protagonista, ma parlano di cosa è il cinema. Forse parlano direttamente allo spettatore.

Fa parte di questa categoria di documentari sul grande cinema più segreti e tenaci “Il Dono”, l’opera prima diretta, scritta e prodotta da Giuliano Fratini, per Infinitas Film, che arriva mercoledì 10 aprile in prima mondiale e in Concorso al Bafici – Festival di cinema indipendente di Buenos Aires (3-14 aprile), uno dei più importanti appuntamenti cinematografici del continente sudamericano e internazionali. Il film sarà poi distribuito in home video da Istituto Luce Cinecittà.

“Il Dono” racconta una storia particolare e sconosciuta di uno degli avamposti della storia del cinema: Andrej Tarkovskij. L’autore di capolavori totali della settima arte, da “L’Infanzia di Ivan”, a “Andrej Rublëv”, “Solaris”, “Stalker”, è una pietra angolare che ha influenzato e continua a influenzare intere classi di cineasti.

Il film di Giuliano Fratini racconta l’ultima parte della sua traiettoria biografica, quando dopo le riprese di “Nostalghia”, esaurito il permesso di lavoro all’estero concesso dalle autorità sovietiche, il regista decide di non rientrare in patria, e di tagliare definitivamente i legami fisici con la sua patria, cui è profondamente legato.

Da quel momento Andrej Tarkovskij è un esule, un “traditore della patria” per i rapporti riservati del KGB (alcune delle cui spie sono accesi fan dei suoi film). Siamo nel 1983, e Tarkovskij trova un rifugio italiano in un paesino romano, un borgo vicino Tivoli, San Gregorio da Sassola. Qui inizia l’ultima fase della sua vita italiana, che si rivelerà fondamentale nella sua opera e nell’immagine che questo genio delle immagini ha voluto consegnare al mondo, proprio come “un dono”.

“Per i materiali di archivio – spiega nella nota produttiva Giuliano Fratini – mi sono avvalso della collaborazione di Rai Teche, Rai Cinema e del Meeting di Rimini per l’Amicizia tra i Popoli. Pochissimi i materiali cartacei che testimoniano la presenza di Tarkovskij a San Gregorio. L’audio della conferenza del Meeting usata come cornice/voice over di Tarkovskij è l’unico documento sonoro, che io sappia, in cui Tarkovskij parla di San Gregorio. Tutta la vicenda legata a questo soggiorno è sempre stata occultata per anni, probabilmente per ragioni politiche che nel mio film vengono ampiamente lasciate emergere. Su Tarkovskij sono stati fatti molti documentari. Il presente lavoro è il primo interamente dedicato a questa preziosa vicenda legata all’esilio italiano di Tarkovskij”.

 

 

 

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