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L’amore “Tutti i santi giorni” secondo Paolo Virzì

A due anni di distanza dall’apprezzato e premiato “La prima cosa bella”, Paolo Virzì torna al cinema con la sua decima regia e firmando una commedia d’amore “Tutti i santi giorni”, liberamente ispirata al libro “La generazione” di Simone Lenzi.
La storia, ambientata a Roma, è quella di un’innamorata e vivace coppia di trentenni che vive insieme da un po’ di tempo e vorrebbe avere un figlio. Guido e Antonia (questi i nomi dei due protagonisti) sono molto diversi: lui timido, riservato e coltissimo, lei irrequieta e permalosa con la passione per la musica e il canto. Lui è esperto di letteratura protocristiana, tanto da essere soprannominato “Guidipedia” e, soprattutto, corteggiato da prestigiose università americane ma lavora di notte come portiere d’albergo; lei è una cantautrice dalle notevoli qualità che per guadagnare lavora in un autonoleggio della stazione Tiburtina. Differenze nonostante cui si amano ogni giorno e non riescono a fare a meno l’uno dell’altra. Un amore che sembra indistruttibile, almeno finché l’opprimente desiderio di maternità di Antonia crea delle conseguenze imprevedibili.

A dar volto ai protagonisti sono Luca Marinelli (già apprezzato ne “La solitudine dei numeri primi”) e Thony, nome d’arte di Federica Victoria Caiozzo, cantautrice di origini siculo-polacche al suo debutto cinematografico, che ha firmato anche la colonna sonora del film.

“Tutti i santi giorni” è in qualche modo la storia di tante coppie del nostro paese, composte da giovani entusiasti, volenterosi ed appassionati ma anche talenti sprecati e frustrati che vogliono trovare nella realizzazione personale le soddisfazioni che non hanno dalla vita professionale o che magari le cerca entrambi ad ogni costo. Come dice la stessa Antonia, dichiarando di desiderare fortemente un bambino, “voglio dimostrare di essere buona a far qualcosa”. E’ proprio questo l’aspetto su cui poter essere meno d’accordo del film, ossia sulla maternità ad ogni costo e vista quasi non come comprensibile desiderio umano ma come forma di compensazione.
Per il resto Virzì riesce a narrare con meno ironia del solito ma con la consueta leggerezza. Lascia perplessi poi la svolta del finale (che non possiamo ovviamente rivelare) che dà una brusca e poco credibile virata all’opera. Promosso con la sufficienza.

“Tutti i santi giorni” è nelle sale dall’11 ottobre, distribuito da 01 in 300 copie.

Alcuni commenti della critica:

” (…) Lo spunto sarebbe perfetto per una commedia all’italiana (e infatti ricorda Renzo e Luciana di Monicelli, quarto episodio di Boccaccio ’70) eppure Virzì sceglie da subito un tono diverso, più leggero e divertito, dove gli ostacoli che Guido e Antonia devono affrontare, prima di tutti il mancato concepimento di un bambino, vengono raccontati con una leggerezza coinvolgente e contagiosa. Intendiamoci: non è certo da oggi che il regista livornese sa passare con sorprendente fluidità dalla risata alla lacrima, dalla notazione sociologica allo squarcio poetico. E anche qui c’è materia per sorridere e per un po’ di commozione. Ma per la prima volta, mi sembra, invece di seguire solo la logica del racconto, Virzì e il suo cosceneggiatore Francesco Bruni (che prendono spunto, con il suo aiuto, dal romanzo di Simone Lenzi La generazione) scelgono un approccio più libero e favolistico (…)”.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera

“Con Tutti i santi giorni, Paolo Virzì cambia registro. Proponendo al suo pubblico una commedia romantica, senza troppe altre pretese: la storia di due trentenni dai caratteri e dal background opposti, che tentano disperatamente di avere un bambino”.
Claudia Morgoglione, la Repubblica

“Paolo Virzì ha cambiato rotta, almeno per questo film intitolato ‘Tutti i santi giorni’. Che, sia pur ricordando il valore sempre relativo delle classificazioni cui le singole personalità apportano mille variazioni, è una commedia romantica, una commedia sentimentale. Più prossima al modello americano che a quello, cui Virzì si è tanto ispirato da diventarne il principale erede nel cinema italiano di oggi, satirico e di forte impronta sociale e spesso anche di vigorosa vocazione ideologica, proprio della nostra tradizione (…) Irresistibili i due protagonisti, Thony e Luca Marinelli”.
Paolo D’Agostini, la Repubblica

“Un gesto d’amore per una generazione che aspetta ancora qualcuno capace di raccontarla senza giudicarla o piegarla a schemi prefabbricati (e proprio Una generazione si intitola il romanzo di Simone Lenzi a cui si ispira il film, scritto da Virzì con Lenzi e con il fedele Francesco Bruni). Ma soprattutto un gesto di fiducia, altra parola sospetta per quanto è logora e abusata. Fiducia nei personaggi, che non sono mai ostaggio del film (del suo discorso e dei suoi percorsi). Fiducia in due attori semplicemente fantastici, Luca Marinelli e l’inedita Federica Victoria Caiozzo, così diversi dai volti e dai corpi troppo spesso omologati del nostro cinema dominato da quella mostruosità che si chiama «reference system» (in sintesi: più lavori e più lavori, prendere l’attore già noto aiuta a produrre un film, e pazienza se questo impoverisce alla radice la varietà e la flessibilità del nostro cinema)”.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

“Tutto si muove intimamente nella commedia romantica di Virzì, fino a toccare le corde più sensibili di un’umanità essenziale: amore, ragione, sentimento, libertà, destino, desiderio (di essere madre, di essere padre), dolore (di non esserlo). Ogni scelta di regia sembra essere dentro le possibilità delle vite dei protagonisti, interrogandosi su come si parla oggi d’amore e come si parla oggi l’amore. Quali i tempi e i ritmi di queste parole, interpretate con sorprendente e ironico sentimento da Thony e Luca Marinelli, ‘numero primo’ portatore di uno sguardo vibrante e ipersensibile. Attingendo alla migliore tradizione della commedia all’italiana, senza sfuggire il mélo nell’eccesso narrativo, nell’accentuazione dei caratteri e nella predilezione del tessuto urbano, Virzì infila una storia che sa ascoltare e sa aspettare, una storia sul superamento del dolore mentre si è nella ‘tragedia’ attraverso le relazioni umane, una storia sulla possibilità dei legami nella possibilità del deserto del reale”.
Marzia Gandolfi, MYmovies.it

“Gli vuole bene, Paolo Virzì, ad Antonia e Guido, a questi due protagonisti, che son tanto suoi quanto di Lenzi. Gli vuol bene e li racconta con sincerità e grande partecipazione emotiva, ma senza invasività. I loro caratteri e la loro vita, i loro problemi e la loro relazione sono descritti con pochi tocchi ma di grande precisione, leggeri in apparenza ma capaci di grande peso specifico, di lasciare un segno, di scavare in profondità. Grazie anche alle ottime interpretazioni di Luca Marinelli e dell’esordiente Federica Victoria Caiozzo, in arte Thony. (…) L’affetto di Virzì è tanto più sincero quanto più la narrazione si fa semplice e elementare, quanto più il toscano rinuncia a quasi ogni sovrastruttura e agli orpelli inutili, dimostrando così una maturità registica (umana?) forse per lui inedita, avvalorata anche dalla rinuncia quasi in toto alla parte più crassa, grottesca e caricaturale del suo cinema. Non tutto è perfetto, non tutto è centrato. Ma i pochi difetti, mai realmente invalidanti, annegano senza troppi patemi nel complesso di una commedia di grande freschezza, lontana dai troppi stereotipi del cinema italiano, capace di portare al riso così come alla commozione lavorando in sottrazione, senza artificiosità inutili o costruzioni ricattatorie”.
Federico Gironi, ComingSoon.it

“A parte la parentesi linguistica, e qualche battuta che fa ridere di gusto, il film di Virzì non sembra perfettamente riuscito: l’operato del regista somiglia a quello che il collega Luca Lucini ha scelto di adottare per l’adattamento cinematografico del libro di Federico Moccia ‘Tre metri sopra il cielo’, ovvero cercano di raccontare la storia del romanzo attraverso le immagini, nel modo più accattivante e commerciabile possibile. ‘Tutti i santi giorni’ è una commedia a tutti gli effetti, dunque la sceneggiatura è al primo posto in ordine di importanza ed è doveroso che la regia la segua e la esalti il più possibile, ma in questo caso ci troviamo di fronte ad un film quasi totalmente privo di sforzo creativo”.
Fabiola Fortuna, FilmUp.com

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