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France Odeon 2012: chiudono Santamaria, Renoir e le contestazioni di Assayas

Dalla nostra inviata Marialuisa Di Simone. Quarto e ultimo giorno.

FIRENZE – Gran finale per France Odeon, la rassegna che da quattro anni porta il meglio del cinema francese nel capoluogo toscano. Gli ospiti di ieri, ultimo giorno, sono stati Claudio Santamaria e il regista Marc Fitoussi, che hanno accompagnato la commedia “Pauline détective”. Nel film, già uscito in Francia e in attesa di distribuzione sul mercato italiano, c’è anche Sabrina Impacciatore, mentre la protagonista è Sandrine Kiberlain. “Dopo il primo incontro con Marc ero sicuro che mi avrebbe scelto – ha detto l’attore conosciuto in Francia per aver interpretato “Romanzo criminale” – la lettura del copione in francese è stata un disastro, ma umanamente ci siamo presi subito. Così, in vista del secondo provino, mi sono messo a studiare seriamente”.

Ambientato tra Parigi e la Liguria, “Pauline détective” racconta la storia di una giornalista di cronaca nera (Kimberlain) che si ritrova a indagare su un delitto in un lussuoso albergo della riviera, coinvolgendo anche un affascinante insegnante di nuoto (Santamaria). “Il soggetto mi ha imposto la ricerca di attori italiani – ha spiegato Fitoussi – avevo pensato anche a dei francesi, ma mi sembrava assurdo impostare un falso accento italiano. All’inizio ero un po’ preoccupato per Claudio, che non era fluente in francese: lo studio e l’impegno, però, l’hanno premiato e alla fine è riuscito ad andare oltre i semplici dialoghi. Per il film ho scelto un divertimento ingenuo, giocando tanto con gli stereotipi: a Claudio ho chiesto di esagerare con la gestualità, di indossare costumi succinti e un improbabile orologio azzurro. Sono curioso di vedere quale sarà la reazione degli italiani”.

Santamaria se la cava piuttosto bene come attore comico. “Il set è stato divertentissimo – ha detto – venivo dalle riprese di ‘Diaz’, forse l’esperienza cinematografica più dura che abbia fatto, e girare Pauline è stato come respirare una boccata d’aria fresca! E’ vero, non mi si vede spesso in ruoli leggeri, ma le commedie che si producono oggi in Italia non mi interessano. Quando ho girato il mio primo film in Francia, ‘600 chili di oro puro’, i colleghi francesi mi parlavano della comicità italiana del passato e mi chiedevano che fine avesse fatto quel tipo di cinema. Ho sempre evitato di rispondere”.

L’attore ha anche parlato dei suoi progetti italiani. Sarà un informatore scientifico per ‘L’imprenditore di medicine’, opera prima di Antonio Morabito in co-produzione con la svizzera Peacock, e a novembre riprenderà la tournée della pièce irlandese ‘Occidende solitario’, che già aveva interpretato lo scorso anno. “Il film è un racconto-denuncia sul mondo dell’industria farmaceutica vista attraverso l’ultima ruota del carro – ha spiegato – il mio personaggio sarà sempre sotto pressione, un po’ per la natura del lavoro, un po’ per la crisi e la minaccia dei licenziamenti. Le riprese sono terminate una settimana fa a Bari: il set era una specie di orologio, c’era molto rispetto per il lavoro dell’attore e un gran silenzio. A differenza dei set italiani, dove a volte il regista è costretto a urlare e a bestemmiare per avere un po’ di attenzione”. Tornando a “Pauline détective”, Fitoussi ha spiegato i motivi che l’hanno portato a scegliere l’Italia come location:.“Mi piaceva l’aspetto esotico del paese, l’idea che la protagonista si sentisse spaesata e allo stesso tempo in un luogo piacevole, con un certo tipo di colori. Per la descrizione dei delitti mi sono ispirato alle atmosfere di Dario Argento, lavorando anche sulle musiche che ricordano quelle di Stelvio Cipriani. Il finale, invece, è ambiguo e si apre a nuovi episodi, come nei gialli di Agatha Christie”.

Alla leggerezza della commedia, France Odeon ha poi affiancato due generi più impegnativi. In chiusura, ieri sera, c’erano “Renoir” di Gilles Bourdos, biopic sul celebre pittore raccontato attraverso le memorie del figlio regista, e “Après mai” di Olivier Assayas, già vincitore per la migliore sceneggiatura a Venezia. Ambientato nei primi anni ’20, il film di Bourdos ripercorre l’ultimo periodo di Renoir padre, che continua a dipingere nonostante la grave artrite che lo costringe a legare i pennelli ai polsi. L’ostinazione e l’amore per il proprio lavoro di “artigiano” del colore, che hanno trovato nuova linfa nelle giovani forme della sua ultima modella, Andrée, sono d’esempio anche al figlio Jean (tornato dalla guerra per una ferita alla gamba), che sarà spinto dalla ragazza a intraprendere la via del cinema. Si svolgono dopo la contestazione studentesca del ’68, invece, le vicende raccontate da Assayas. Il giovane Gilles (alter ego del regista) è combattuto tra l’impegno politico e le aspirazioni personali: si rivelerà più concreto e realista dei suoi compagni, mettendo da parte, almeno per qualche tempo, le illusioni e i sogni impossibili.

 


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