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Alessandro Siani “Principe abusivo” per la sua prima regia

Video interviste ad Alessandro Siani, Christian De Sica, Sarah Felberbaum e Serena Autieri.

Reduce dal grande successo di “Benvenuti al Sud” e “Benvenuti al Nord”, che gli sono valsi due Biglietti d’oro, Alessandro Siani torna al cinema con il suo esordio alla regia, “Il Principe Abusivo”, di cui è protagonista assieme a Christian De Sica, Sarah Felberbaum e Serena Autieri.

Dichiaratamente ispirato a “Il Conte Max” ed a “My Fair Lady”, il film racconta la storia della principessa di un piccolo regno, Letizia, decisa a tutto pur di ottenere la popolarità che le manca, anche a costo di doversi fingere innamorata di uno squattrinato, ignorante e volgare ragazzo napoletano che per sopravvivere scrocca e si presta come cavia di medicinali. L’effetto collaterale è che Antonio (questo il nome del protagonista) s’innamora di Letizia e, una volta scoperta la farsa di cui era ignaro complice, fa di tutto per cercare di conquistarla davvero, studiando il bon ton e migliorando il suo modo di esprimersi.

Tra stereotipi e folklore partenopeo, gag e battute già viste e sentite, spicca la divertente scena della cena, un concentrato del migliore Siani, ed il pezzo da musical interpretato dai bravi Christian De Sica e Serena Autieri, sebbene troppo scollato dal resto. Un debutto acerbo insomma, per cui consigliamo al simpatico Siani di affidarsi ancora ad una direzione e ad una scrittura più matura e consapevole che esaltino la sua verve.

“Il Principe Abusivo” è nelle sale dal 14 febbraio distribuito da Cattleya in 600 copie.

Alessandro Siani, Sarah Felberbaum, intervista, Il principe abusivo, RB Casting

Christian De Sica, Serena Autieri, intervista, Il principe abusivo, RB Casting

ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Maurizio Porro, Corriere della Sera
Una storiella prevedibile: si procede con imbarazzanti giochi di parole; si è citato Una poltrona per due di Landis: magari! Siamo al cinepanettone di Carnevale (forte somiglianza col secondo sketch di Colpi di fulmine). De Sica cerca di mantenere a colpi d’espressionismo grottesco l’onore di famiglia e si mette con la verace Serena Autieri. Speriamo che Siani torni a far l’attore e senza voler imitare troppo Troisi.

Antonella Matranga, L’Unità
(…) si ride di cuore e in alcuni momenti si ride fino ad avere le lacrime agli occhi, senza l’uso della volgarità, delle parolacce, senza prendere in giro i deboli e senza stereotipi. E questo nel panorama della comicità dei film italiani è davvero un ottimo motivo per vedere questo film.

Roberto Nepoti, la Repubblica
Col tono della storiella e le faccine da innamorato timido, in più di un momento ricorda il Pieraccioni prima maniera.

Marzia Gandolfi, MYmovies
Diversamente da Vincenzo Salemme, che nella commedia borghese, nel bene e nel male, ha trovato una dimensione esclusiva e personale, Alessandro Siani non ha mai conquistato una presenza scenica originale, pescando nel mare azzurro di Troisi, riproponendone l’inerzia fisica, la passività davanti all’aggressività, la parola farfugliata, l’irrinunciabilità alla lingua d’origine, svuotata tuttavia della sua straordinaria energia vitale e dimentica delle tragedie e i drammi ‘reali’ che stanno dentro e dietro il mondo che racconta.
Principe abusivo e attore in-debito, alla maniera di Troisi (Non ci resta che piangere) conquisterà la sua bella, recitando una canzone in un film che sembra amore ma è soltanto un calesse.

Federico Pontiggia, Cinematografo.it
“Volevo parlare di ricchezza e povertà”, dice il neoregista, ma bisogna interpretarlo: la ricchezza deve stare nel budget e nel numero di copie (quasi 550) messi a disposizione da Cattleya e Rai Cinema, la povertà va rintracciata negli esiti “artistici”.
Non bastasse, il non ci resta che piangere riguarda pure gli attori: Siani e la Autieri si litigano storpiature del calibro di ciambellone/ciambellano; De Sica, per rimanere in tema, conferma che non tutti i ciambellani escono col buco; la Felberbaum dimostra una singolare coazione a ripetere: sorriso, la testa che s’inclina, gli occhi che s’abbassano. Pudicizia al potere? Repetita iuvant? Chissà, per ora rimane in piedi una certezza: questo è abusivismo cinematografico.

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