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Marco Risi: un “Cha Cha Cha” thriller per raccontare l’Italia corrotta

Video interviste a Marco Risi, Luca Argentero e Claudio Amendola

A tre anni di distanza da “Fortapàsc”, Marco Risi torna sul grande schermo con “Cha Cha Cha”, un thriller/noir dalle atmosfere anni ’40, che cerca di raccontare l’Italia corrotta senza moralismi.

La storia è quella su cui indaga Corso, un incorruttibile investigatore privato con un oscuro passato da poliziotto, che sorveglia il figlio adolescente di una sua ex, Michelle, bellissima ex attrice che vive in Italia da diciotto anni ed è legata ad un ricco avvocato e un faccendiere di livello che muove i destini del paese. Quando il ragazzino muore in un incidente, Corso scopre che dietro si nasconde una losca storia.

“Cha Cha Cha” è un film che non vuole essere non solo un thriller, ma anche il racconto dell’Italia corrotta e corruttrice, dietro cui si celano intrighi di potere. Marco Risi confeziona un thriller avvincente e di buona fattura, ottimamente interpretato da tutto il cast, che comprende Luca Argentero, Claudio Amendola, Eva Herzigova, Pippo Delbono e Bebo Storti.

Dedicato a Marco Onorato, il direttore della fotografia morto un anno fa poco dopo le riprese del film, “Cha Cha Cha” è nelle sale dal 20 giugno distribuito da 01.

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Video intervista a Marco Risi

Marco Risi, intervista, Cha Cha Cha, RB Casting

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Video intervista a Luca Argentero e Claudio Amendola

Luca Argentero, Claudio Amendola, intervista, Cha Cha Cha, RB Casting

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ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Maurizio Porro, Corriere della Sera
(…) Film di genere quindi ben fatto, ben ritmato, ben scritto, con tanti rigagnoli di sottofondo sul paese malato che finisce in canzonetta, ballando con le stelle, secondo l’etica tv: cantare, cucinare e giocare a calcio (…).

Maria Pia Fusco, la Repubblica
(…) Un merito del film è la scelta del cast e l’attenzione ai personaggi minori, come l’intercettatore interpretato da Bebo Storti al fotografo che è Marco Leonardi, che hanno un ruolo rilevante nella vicenda, come succedeva con i caratteristi nel cinema bello di una volta. L’avvocato Argento è Pippo Delbono, perfettamente a suo agio nel ruolo del “cattivo”, mentre Claudio Amendola interpreta l’ispettore Torre con una perfetta, indecifrabile ambiguità. A lui è affidata una battuta che è la sintesi del film: “Che cazzo di paese”. Corso è Luca Argentero, ormai attore maturo, che ha accettato anche l’imbarazzo di una sequenza di nudo integrale. Ma non c’è niente di erotico, è la sequenza più violenta del film (…).

Massimo Giraldi, Cinematografo.it
Il risultato è un racconto di generosa verità e di convinta meticolosità visiva. Risi ha il merito di non pretendere più di quello che può dare. Muove l’azione in una Roma notturna, buia, ostile nella quale il respiro dei potenti e dei corrotti alita forte e nel chiuso delle segrete stanze.
Unico appiglio la (presupposta) libertà offerta dalla tecnologia. Il regista ha uno sguardo secco e asciutto. Le regole di genere tengono abbastanza e ne risulta uno spettacolo “medio”,l convincente e di buona tenuta spettacolare.
Luca Argentero e Claudio Amendola duettano a muso più o meno duro, lanciando sferzanti giudizi sullo stato di salute (di malattia) dell’Italia. Eva Herzigova resta in scena poco, e fa bene. Cosi si rende credibile e accettabile.

Daniela Catelli, ComingSoon.it
Se nella confezione di un film come questo i riferimenti a titoli come Il lungo addio di Robert Altman, Il maratoneta, Chinatown e i classici di Jean-Pierre Melville, fanno la loro bella figura, la cosa più importante è il contenuto, quello che si nasconde dietro stilemi tanto codificati da diventare veri e propri stereotipi. Gli indispensabili ingredienti del noir classico non sono dunque i cascami di un’operazione nostalgia fuori tempo massimo, ma codici di un linguaggio efficace ai fini della storia che si sceglie da raccontare: ecco che la bionda bellissima e misteriosa, l’eroe incorruttibile dal passato tormentato, l’uomo di potere che piega tutti al suo volere e il regno della città notturna coi suoi misteriosi abitatori, diventano – nel contesto della storia narrata da Risi – gli elementi poco mitologici e molto plausibili di un paese alla deriva, di cui i predatori si spartiscono le spoglie con la complicità del nostro silenzio.

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