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Martani, Tozzi, Verdone, Veronesi e Cotroneo commentano il successo delle commedie, snobbate dai festival

Un’autorevole e compatta rappresentanza del cinema italiano commenta all’agenzia di stampa Asca il successo della commedia al botteghino, genere amato ma trascurato dai Festival cinematografici. “Perché non considerare la commedia come un genere da Festival?”. E’ l’interrogativo che si pone Marco Martani, regista e sceneggiatore. “E’ sicuramente popolare, nasce per raggiungere la più larga fascia di spettatori possibile e quindi, evidentemente, non adatta ai Festival che hanno sempre fatto del cinema d’autore il loro fiore all’occhiello. Il Festival è un modo, spesso l’unico, che il film d’arte, e lo dico senza ironia, ha di poter essere visto, criticato ed avere una passerella. Un modo per parlarne. Esistono naturalmente commedie adatte ai festival e altre che sarebbero un pugno in un occhio”.

Si unisce al suo pensiero il produttore Riccardo Tozzi. “Attorno ai festival c’è un ambiente intellettualistico (include una parte dell’informazione) che condiziona gli stessi direttori. Un ambiente in cui si ritiene che il drammatico è superiore al comico e che più di tutti vale l’impegnato vale a dire politica, denuncia, buona causa eccetera. E’ sempre stato così: Monicelli, Risi e Comencini rarissimamente venivano invitati ai festival. Risi lo fu con ‘Caro Michele’, film ‘politico’ ma non con il ‘Sorpasso’. Di recente a Berlino non è stato scelto ‘Le vite degli altri’ perché troppo superficiale. Muller è più libero di testa e infatti ecco che a Venezia, c’e’ almeno Mazzacurati con una commedia”.

Anche Giovanni Veronesi parla di un genere poco considerato dagli addetti al settore: “Penso che le commedie siano troppo popolari per essere prese in considerazione dai cinefili. Solo dopo molti anni, di solito, i generi popolari, assumono quell’aria retrò e un po’ trash che piace anche agli ‘intelligenti’. Per fortuna da un po’ di tempo qualche giornalista si occupa anche di noi ‘commedianti’ ma sempre molto di rado. E’ il destino del popolo in fondo, servire solo a far volume per la gloria di pochi ‘eletti'”.

Ribadisce Carlo Verdone: “Credo sia inutile ormai cercare di cambiare l’impostazione dei Festival più importanti, indirizzati sempre più al film ‘serio’ o ‘impegnato’. La commedia, più di qualsiasi altro genere, ha raccontato, soprattutto in Italia, il cambiamento della società nei suoi difetti, nel linguaggio, nei costumi, nelle miserie e nelle mitomanie. Ma questa sua mancanza di ‘serieta” e di introspezione porta a pochi dibattiti e a poco entusiasmo nella recensione. Il tempo, come al solito, esalta invece opere che furono molto importanti. Potrei citare tanti autori ma me ne basta ricordare uno: Pietro Germi. Oggi tutti ne riconoscono l’assoluta grandezza, ma se ci fu un autore bastonato dalla critica fu proprio lui. Un errore imperdonabile. Il grande critico non è quello che a futura memoria ‘scopre’ una grandezza di un film o di un regista, ma quello che se ne accorge subito. Ecco, credo che ci sia e ci sarà sempre un pregiudizio intellettuale molto marcato che difficilmente potrà cambiare. Non dico che tutte le commedie sono meritevoli, ma alcune sono state di un’importanza molto rilevante nel raccontare le epoche. E’ comunque già un piccolo risarcimento creare all’interno di un festival una retrospettiva che ha il compito di non far perdere una memoria storica sul genere della commedia. Meglio tardi che mai. Dico solo che se qualche commedia riuscisse ad esser nel programma di un Festival, avrebbe come conseguenza uno straordinario impegno di molti ‘commedianti’ nell’alzare il tiro, nel dargli spessore e di elevarla qualitativamente”.

Conclude Ivan Cotroneo, sceneggiatore e futuro regista: “Storicamente i festival hanno sempre sottovalutato la forza della commedia, non saprei perché. Forse perché è il genere cinematografico più popolare. Le commedie poi, è il loro destino, vengono spesso rivalutate con gli anni”.

Fonte: Asca

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