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Rapporto Cinema 2010: l’Italia raggiunge il record

Il cinema italiano si sta riprendendo. Lo dicono le cifre del “Rapporto 2010” presentato alla LUISS Guido Carli e realizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo in collaborazione con Cinecittà Luce, con il sostegno della Direzione Generale per il Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. La ricerca ci consegna un’immagine sana e vitale della nostra industria cinematografica, con dei risultati inattesi: l’Italia è oggi il secondo produttore europeo (dopo la Francia) e il settimo al mondo (dopo India, Stati Uniti, Giappone, Cina, Corea del Sud e, appunto, Francia). Ecco qualche dato: 141 film prodotti in Italia nel 2010 (il terzo miglior risultato degli ultimi 30 anni, dopo i 163 del 1980 e i 154 del 2008) con un record assoluto di investimenti privati italiani (276,9 milioni di euro, il 65,3% delle risorse totali) nella storia del nostro cinema. In più gli incassi dei film di produzione italiana sono saliti dai circa 145,5 milioni del 2009 ai 215 del 2010, con un progresso del 47,7%, per 35,1 milioni di presenze. Scendono invece le presenze per il film stranieri, che passano dai 75 a 73,8 milioni del 2010.

Privato e pubblico. “Di particolare rilievo è il ruolo che il privato sta assumendo negli ultimi anni – ha spiegato Dario Edoardo Viganò, presidente dell’Ente dello Spettacolo – a conferma che il cinema italiano è sempre più considerato un’industria capace di dare ritorni e risultati convincenti, non solo in termini di immagine, ma anche di mercato”.  Per quanto riguarda il sostegno dello Stato, invece, continua a calare il Fondo Unico dello Spettacolo (-19,5 rispetto al 2009, l’11% del totale delle risorse), che nel 2010 è stato di 35,4 milioni di euro, cui vanno aggiunti però i 33,8 milioni di euro delle agevolazioni fiscali. Importi destinati a crescere nel 2011, ha assicurato Nicola Borrelli, direttore generale per il cinema del MiBAC, per “la prevedibile espansione dell’utilizzo del tax credit, considerato che l’anno scorso è stato introdotto solo nel secondo semestre”. Il direttore del MiBAC ha sottolineato come “il percorso intrapreso a partire dalla riforma Urbani porti, con gradualità, ad affrancare la produzione cinematografica italiana dai contributi diretti dello Stato”, dal momento che “quanto più l’industria del Cinema è indipendente dallo Stato, tanto più è libera di esprimersi e agire economicamente in autonomia”.

I cambiamenti ai vertici. “Sono stati quattro anni vissuti pericolosamente – ha detto Luciano Sovena, AD di Cinecittà Luce –noi avevamo due piedi nella fossa, e ne siamo usciti grazie all’appoggio trasversale di cinema e politica.  Qualcosa è cambiato: Anica e Cinecittà Luce insieme a Cannes; un ministro molto presente al posto del precedente disinteresse; sinergia tra Cinecittà Luce e Rai Cinema per le opere prime e seconde, con cui noi lavoriamo e per le quali i finanziamenti sono necessari”.

Ingrandire il mercato. Per Riccardo Tozzi, presidente Anica, il problema ora “è produrre più film” e “rilanciare il circuito delle sale urbane”. “Negli ultimi 10 anni siamo passati dal 12% al 50% di quota di mercato – ha spiegato – e a fine 2011 ci assesteremo al 40-45%. Il problema, però, è nell’esercizio, che con 3.200 sale non copre l’intero territorio nazionale”. Secondo Tozzi, “per ampliare la torta”, bisogna agire su più fronti: una maggiore produzione; il rilancio del circuito urbano con l’intervento di Regioni e Comuni; l’utilizzo di digitale e satellite per ricostruire le sale dei piccoli centri; ritorno del cinema in tv “facendo capire come possa essere un autentico sostegno per la televisione generalista e non solo”.

Il ruolo delle sale. Alla presentazione del Rapporto hanno partecipato, tra gli altri, anche Paolo Protti, presidente dell’Agis, e Paolo Del Brocco, AD di Rai Cinema. Protti ha ricordato il ruolo della sala: “il suo 30% di ricavo è fondamentale per il restante 70% – ha detto – essendo l’effetto traino preponderante. Viceversa, il reintegro del FUS è un punto di partenza: ciò che cerchiamo non è l’assistenzialismo, ma incentivi e certezze”. Del Brocco ha evidenziato che “il 50% degli italiani non va al cinema nemmeno una volta l’anno a causa delle poche sale e del modello di fruizione del prodotto”. Nonostante tutto “le recenti difficoltà e la necessità dell’ultimo periodo hanno dato un maggiore sprint al nostro cinema”.

I dati negativi. In contrasto con i risultati positivi, il Rapporto ha rilevato anche qualche dato poco incoraggiante. Il posto fisso, per esempio, è diventato ormai un sogno: tra gli addetti impegnati nel cinema, solo il 21% ha un contratto a tempo indeterminato. Poi c’è l’universo delle imprese che si presenta piuttosto frastagliato: solo l’1,9% ha un fatturato superiore a 5 milioni, mentre la maggioranza (il 42,5%) va dai 5mila ai 250mila euro. Infine, visto che gli aiuti governativi continuano a scendere, sempre più film italiani (nel 2010 il 48%) fanno ricorso a finanziamenti alternativi come il product placement, ovvero la pubblicità inserita nelle scene.

Il Rapporto 2010 sul cinema italiano è interamente consultabile sul sito www.cineconomy.it.

 

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