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La “famiglia perfetta” di Genovese è finta

Dalla nostra inviata Marialuisa Di Simone.

Gli alberi di Natale, con gli addobbi d’oro e le luci colorate. Il clima festoso, natalizio appunto, anche se la temperatura è decisamente settembrina. Nella grande piazza del Popolo, a Todi, c’è un capannello di gente. Non si tratta del solito via vai di persone che si incontrano in provincia: i volti sono noti, quelli del cinema nostrano. Il primo a spuntare, la lunga falcata, è Marco Giallini. Si riconoscono anche Claudia Gerini in completo maschile, Francesca Neri e Carolina Crescentini, in sintonia con i loro abiti bon ton, e Sergio Castellitto, Ilaria Occhini, Eugenia Costantini, Eugenio Franceschini. Da quattro settimane la cittadina umbra fa da set a “Una famiglia perfetta”, la nuova commedia di Paolo Genovese, prodotta da Medusa con Marco Belardi, in uscita nelle sale il 3 gennaio prossimo. E tutto il cast, ovviamente, si è trasferito qui. Il solito film di Natale? A sentire i protagonisti non è proprio così. Assicura Castellitto (a novembre vedremo “Venuto al mondo”, la sua ultima fatica da regista): “questa è una commedia perfetta, più che all’italiana ‘all’italienne’, con qualcosa di francese, un misto di cinismo e crudeltà che la rende abbastanza unica nel panorama italiano”.

Genovese, che dopo tre grandi successi commerciali (“La banda dei babbi Natale”, “Immaturi” e “Immaturi – Il viaggio”) si dedica a una commedia più sofisticata, ne rivela la trama. “E’ la storia di Leone (interpretato da Castellitto, ndr), un uomo ricco ma solo. Vorrebbe sapere che cosa si prova ad avere una famiglia, così per la notte di Natale affitta una compagnia di teatranti per interpretare la ‘famiglia perfetta’”. Scritto con Luca Miniero, il film è ispirato a una pellicola spagnola del 1996, “Familia” di Fernando Leon de Aranoa, di cui gli autori hanno acquistato i diritti 10 anni fa. “E’ una commedia meno ‘lineare’ rispetto alle mie precedenti – spiega il regista – ma non ho l’ansia da prestazione perché non la stiamo girando per il botteghino. Tra i temi c’è la mia idea di famiglia, che è l’opposto del titolo: funziona perché è imperfetta, l’incontro di personalità diverse che per natura non dovrebbero stare insieme”.

Tra gli altri argomenti del film, strutturato come uno spettacolo teatrale (“una sceneggiatura con qualcosa di pirandelliano”, commenta Occhini), c’è quello del doppio, nel senso che i personaggi alternano una vita reale e ‘imperfetta’ a una vita fittizia e ‘perfetta’. Così Giallini è Fortunato, un capocomico di una compagnia che dopo la crisi è finita a recitare per sagre e presepi viventi, mentre il suo ruolo ‘finto’ è quello del fratello di Leone. Gerini è invece Carmen, sposata con Fortunato nella realtà e con Leone nella finzione. “Mi ritrovo con due mariti, uno facilone e l’altro rigido e borghese…un incubo!”, scherza l’attrice che quest’anno sarà al cinema con tre film (“Il comandante e la cicogna” di Silvio Soldini, il giallo “Tulpa” del compagno Federico Zampaglione e l’opera prima di Giorgia Farina “Amiche da morire”), e sul piccolo schermo inglese con “Labyrinth” (miniserie tratta dal bestseller di Kate Mosse e coprodotta dai fratelli Scott), dove debutterà nel ruolo di una cattivissima.

Le riprese di “Una famiglia perfetta” continueranno  a Todi per tutto il mese di ottobre, poi si sposteranno a Roma, in un casale sull’Appia Antica. Accanto a Claudia, tra le figure femminili vedremo Crescentini con la doppia parte della teatrante Sole e della moglie di Fortunato, Occhini che nella messa in scena natalizia è la mamma di Leone e Fortunato, e Neri, l’outsider del gruppo. “Io sono fuori dal coro, l’unica a interpretare un personaggio reale con emozioni autentiche – racconta l’attrice tornata sul set dopo due anni di assenza – vado a Todi per incontrare il mio amante che mi ha promesso un Natale insieme, ma arrivata in città sarò scaricata e per non restare sola mi unirò agli altri. Ci saranno una serie di situazioni, anche comiche, che mi faranno capire come questa famiglia non sia proprio perfetta. In pratica sarò l’occhio esterno del racconto”.

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