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Carlo Verdone, Paolo Sorrentino, Pierfrancesco Favino e il loro lockdown

Tre grandi nomi del cinema raccontano la quarantena nel programma “Stories from Home” su Sky

Credit courtesy Sky

Carlo Verdone, Paolo Sorrentino e Pierfrancesco Favino, tre grandi nomi del cinema raccontano il loro lockdown dal punto di vista professionale e umano. I tre artisti dialogano su presente e futuro del cinema con il vicedirettore di Sky TG24 Omar Schillaci nella prima puntata di “Stories from Home”, versione “da remoto” del format “Stories”, il ciclo di interviste dedicate al mondo dello spettacolo di Sky TG24, in onda venerdì 22 maggio alle 20.20 su Sky TG24, sabato 23 maggio alle 17.50 su Sky Arte e disponibile on demand.

Per Pierfrancesco Favino “la speranza è innanzitutto che si torni a lavorare. Ogni tanto c’è l’idea che il sogno, che è il prodotto di ciò che facciamo, non derivi da un lavoro, invece è molto laborioso e faticoso e riguarda sicuramente le maestranze ma anche chi ha dei ruoli creativi. A me piacerebbe che il nostro ambiente venisse guardato come un ambiente di lavoratori e non solo di persone dotate di talento. Siamo dei lavoratori come tutti gli altri e abbiamo bisogno di tutele”.

Paolo Sorrentino ha posto l’accento sulla necessità di ripensare anche la distribuzione. “Come tutti amo la sala – ha spiegato – e la considero un evento memorabile, ma non ho nessun tipo di preclusione sulla distribuzione di film in streaming o sulla fruizione di film o serie televisive attraverso il computer. Farei una grande pressione per la distribuzione di film e serie tv attraverso lo streaming, la televisione e il computer, non solo in questo periodo di emergenza, ma in generale. Facciamo parte di una generazione che ha amato la sala e i festival e questo penso che debba sopravvivere, penso però sia abbastanza utopistico che la sala possa sopravvivere se non in occasione di film che sono eventi”.

Per Carlo Verdone invece la sala è un luogo unico e non potrà essere, ad esempio, sostituita dai drive-in: “Il drive-in è un’idea assurda, va bene come un’arena estiva per una retrospettiva, una specie di cineclub estivo, non credo però che riesca a risollevare le sorti del cinema italiano”.

 

 

 

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