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RB Casting dà il Benvenuto a Paola Minaccioni

Intervista esclusiva a Paola Minaccioni

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L’affinità elettiva con Ferzan Ozpetek, rinnovata nel suo ultimo film “Allacciate le cinture”, l’amore per il teatro e lo spettacolo appena terminato “Infinite o sfinite? (Miracoli delle donne d’oggi)”. E ancora Fausto Brizzi, Matteo Garrone, Federico Moccia; il teatro, la radio, la tv e il cabaret. “Eclettismo” è la prima analogia che viene in mente pensando a lei, Paola Minaccioni. La musa di Ozpetek ripercorre tutta la sua carriera in una spassosa intervista (semiseria).

La prima domanda che sorge spontanea è “Ma come riesce a fare tutto?”. Ha da poco finito di girare una parte nel nuovo film di Ozpetek, ha concluso lo spettacolo teatrale con Emanuela Grimalda che, da 3 anni a questa parte, le fa collezionare successi e consensi. Inoltre, è impegnata nella conduzione radiofonica de “Il Ruggito del Coniglio” su Radio 2 e di “610” con Lillo & Greg. L’attrice romana Paola Minaccioni è un’esplosione di vitalità, ironia, entusiasmo e amore per la vita. Verrebbe da dire, una “mina vagante”. E, da donna intelligente che sa far ridere, quale è, ha sempre una risposta ironica a tutto.

Hai appena terminato lo spettacolo a teatro “Infinite o sfinite? (Miracoli delle donne d’oggi)”. Vorrei che mi raccontassi come è andata. So che porti avanti questo progetto da molto tempo.
E’ andata benissimo. Sono davvero orgogliosa di aver condiviso il palco con Emanuela Grimalda, grandissima attrice e autrice. Abbiamo girato per tutta l’Italia e la cosa che mi ha colpito di più è stato il calore del pubblico, gli applausi calorosissimi forse dati dalla sorpresa di scoprire che due donne in scena, da sole, anche prive di scenografia, solo con la forza del testo (tra l’altro scritto da noi) e dell’interpretazione, possono far venire giù dal ridere il teatro, per quasi due ore. Da un lato mi dispiace che questa sia una scoperta, dall’altro lato mi sono goduta questo calore davvero particolare. E’ uno spettacolo che parla di donne, di tutti i mostri che siamo diventate per istinto di sopravvivenza. Tendiamo all’infinito perché socialmente ci vengono richiesti molti ruoli e molte cose che poi ci portano allo sfinimento. Quindi ci sono le vecchie insopportabili, le donne che amano troppo e fanno troppo in tutto, o le qualunquiste. Da due donne in scena ci si aspetta che parlino male degli uomini. Invece noi parliamo di come si sono ridotte le donne.

Sei una donna iperattiva. Da che parte stai, ti senti più infinita o sfinita?
Io sono nel mezzo. Mi piace tendere all’infinito, però sono sfinita.

Come riesci a fare tutto? E’ la domanda da un milione di dollari.
(Ride, ndr) Forse avendo come esempio una madre iperattiva e nevrotica, come Obelix, ci sono cascata dentro da piccola. Nutro sicuramente una grande passione per la vita e per il mio lavoro quindi penso di essere fortunata e quando mi capita di poter fare dei lavori non mi tiro indietro. Sarà anche spirito di sopravvivenza perché questo lavoro ho iniziato a farlo per vivere. Indubbiamente lo amo, ma mi sono sempre mantenuta da sola. E un po’ perché sono un’appassionata appunto, gioisco della mia esistenza ogni giorno.

Rimanendo in tema di donne. In “Pazze di Me” ti sei trovata in un cast fatto in prevalenza di donne. Anche questo è un film sugli isterismi e le manie femminili. Com’è stata l’atmosfera sul set? Anche lì si respirava isteria?
No, Anzi. Atmosfera tranquillissima. Tutte donne ma tutte diverse, equilibrate e simpatiche. Siamo state molto professionali e le sgomitate e gli schiaffoni ce li siamo dati solo in camerino (ride, ndr).

Sei impegnata anche con la conduzione radiofonica su Radio 2.
Sì, al momento faccio parte del cast de “Il Ruggito del Coniglio”. Non conduco più “Radio 2 Social Club” perché era molto impegnativo. Erano due appuntamenti a settimana e io per fortuna sto facendo il cinema e il teatro e non riuscivo a conciliare. Ma sono stata miracolosamente accolta, e dico miracolosamente perché sono una loro fan da sempre, dal “Ruggito del Coniglio”, il programma di punta di Radio 2 a cura di Marco Presta e Antonello Dose. Sono da loro in una versione un pochino più conciliabile con il mio lavoro e sono molto felice di essere nella tana de “Il Ruggito del Coniglio”. Poi continuo a fare anche “610” con Lillo & Greg, quindi tanti programmi di Radio 2 sulla comicità.

A proposito di questa tua spiccata vena comica. Quando hai scoperto di averla?
Praticamente da sempre. Ma è venuta fuori al Liceo quando ho cominciato a fare l’imitazione di Anna Marchesini e di tutti i miei professori. Durante le riunioni o assemblee io tenevo banco facendo degli spettacoli. Ho iniziato così. Poi in realtà ho capito che avrei voluto fare l’attrice solo quando sono stata presa al Centro Sperimentale di Cinematografia e dopo il primo anno di corso mi sono chiesta “Ma come pensavo di poter fare una vita diversa da questa?”. Ho studiato le lingue e volevo proseguire in quel settore. Poi c’è stata una svolta in spiaggia, tra un’imitazione e l’altra, il gusto di salire su un palcoscenico, e la mia vita è cambiata.

Te lo saresti mai aspettato di percorrere tutta questa strada?
Quando sei giovane hai l’entusiasmo e l’incoscienza. Ancora non conosci il mondo adulto e quello del lavoro. Sicuramente vedevo positivo e ho fatto di tutto, anche le serate di cabaret. Ho fatto di tutto per vivere del mio lavoro, ci sono riuscita e certamente di questo ne vado fiera. Nel senso, fare l’attore oggi senza essere ricco di famiglia è un bel traguardo (ride, ndr). Ma è anche vero che, in generale, visto lo stato di crisi attuale, qualsiasi altro lavoro non lo puoi fare se non sei ricco di famiglia (ride ancora, ndr). Paghi per lavorare, soprattutto se sei laureato. Comunque tornando alla risposta, sono molto contenta e ho sempre camminato in avanti, e spero che camminando io mi avvicini sempre a quello che desidero fare. Non mi piace riproporre la stessa maschera. Ho fatto cabaret, ho fatto teatro, tv, cinema. Sono cangiante rispetto ai cliché degli attori comici che invece propongono sempre la stessa cosa. E per me questo è un valore aggiunto. Solo che il mercato ci mette un po’ a capirlo. Anche se procedo piano sento di andare dalla parte giusta.

Arriviamo a Ozpetek. Stai lavorando al suo nuovo film “Allacciate le cinture”. Puoi già anticiparmi qualcosa?
Veramente no. Ma ti posso dire che è la cosa più bella che ho fatto e adoro Ferzan. Ancora un’altra volta mi ha offerto un ruolo diverso. Lui è il regista che più di ogni altro mi ha messo alla prova e io non lo ringrazierò mai abbastanza. Interpreto un personaggio drammatico, un ruolo scritto meravigliosamente da Gianni Romoli e Ferzan Ozpetek. Non è un personaggio principale del film ma i 10 giorni di lavoro sono stati meravigliosi.

C’è da dire che lui ti riserva sempre personaggi particolari e di spessore. Come è nato questo amore con Ferzan e cosa si prova ad essere la sua musa?
L’amore è nato perché lui è venuto a vedermi a teatro, mi ha chiamato per un incontro e mi ha affidato il ruolo di Teresa in “Mine Vaganti”. L’impatto è stato anche molto emotivo. Ero terrorizzata di stare su quel set, di dover parlare in barese, e non avevo mai fatto un film d’autore. Avevo fatto pochi film in generale. Ero carica come una bomba atomica. E lui doveva scoprirmi e fidarsi. E’ stato un impatto fortissimo, mi ha stressato molto emotivamente. I primi giorni di lavorazione io stavo da una parte, zitta, vestita da cameriera. Piano piano è nato il mio personaggio, e piano piano abbiamo iniziato ad interagire. Sono nate delle scene piccole ma molto efficaci. Ad esempio, la scena con Ilaria Occhini in cui mi dice “Quanto sei brutta”, che poi è finita anche nel trailer, è uno scherzo che mi ha fatto Ferzan. Da un mese ero stressata e non proprio in forma, lui ha suggerito all’orecchio a Ilaria Occhini, in scena, la battuta che non era prevista e io ho improvvisato “Anche io ti voglio bene, signora”.

Immagino che sia questione di attimi; attimi stupendi che magari non si ripetono più.
Con Ferzan si ripetono. Si è creata quella confidenza e quella complicità tale da guardarci e capirci. Ci si sente liberi di poter improvvisare per vedere fin dove si può arrivare. Con Ferzan si lavora in modo personale.

Qual è stata ad oggi la prova più forte o quella più difficile che ricordi, sul set con lui?
La più difficile è stata, appunto, “Mine Vaganti” perché non ci conoscevamo, anche se sono felicissima di come sia andata e del fatto che ci siamo innamorati. In “Magnifica Presenza” ero intimidita dalla bellezza e grandezza del ruolo e dalla presenza di Elio Germano; i primi giorni ero molto silenziosa ma poi mi sono lasciata andare. Inoltre, mi sono trovata molto bene con Kasia Smutniak. Abbiamo lavorato benissimo.

Lei sembra davvero una persona adorabile.
Sai che c’è? Noi attori siamo costretti ad avere un buon carattere, a parlare sempre con tutti. Io preferisco a volte, come è successo con Kasia, non necessariamente stare a chiacchierare ma entrare in sintonia e fare una cosa insieme, avere rispetto reciproco, lasciarsi andare, lavorare bene insomma. Penso che in quel momento tu conosci veramente una persona. Spesso tutto il resto è anche formalità, no? Ci sono attori con cui chiacchieri un sacco e poi magari in scena, durante il lavoro in senso stretto, non sono per niente generosi o non sono in ascolto con te. E’ anche un lavoro fatto di pubbliche relazioni.

A tal proposito, qual è l’aspetto del mestiere che pesa di più?
Il lato del mestiere che mi pesa di più sono gli attori (ride ancora, ndr). Il problema di fare l’attore è che spesso stai in mezzo a degli attori che magari durante la loro vita non hanno incontrato un buon analista e quindi il loro problema te lo ritrovi tu. Questa è l’unica cosa pesante. Per il resto, io mi diverto molto.

Parlando, invece, dell’esperienza sul set con Federico Moccia, immagino si cambi registro. Quali differenze hai riscontrato nel cambio di regia o proprio nel tipo di cinema?
Io ho imparato ad apprezzare le persone che mi amano e in questo sono diventata meno snob e molto più concreta. Anche Federico è venuto a vedermi a teatro e mi ha offerto un ruolo che io ho dapprima rifiutato. Poi lui l’ha modificato, elaborato ed ampliato pur di avermi. Si è messo in discussione con me e io ho provato a mettermi in discussione con lui. Credo che il cinema abbia anche bisogno di film commerciali. Ho ricevuto dei complimenti straordinari e ne sono fiera. Sono contenta e spero di poter fare con qualità il mio lavoro, sempre al meglio. E’ chiaro, poi, che ci sono dei set in cui si corre di più e altri in cui hai più spazio, come in quello di Ferzan o Garrone. Ma vedo che in America i grandi attori possono fare film commerciali o film d’autore. Anche perché di film d’autore in Italia in questo momento non è che si possa parlare; i film stanno andando male tutti. Credo che ci sia un momento di svolta in cui bisogna inventarsi un nuovo modo di intrattenimento, intelligente, e che sia cinema innanzitutto. Amo anche i film commerciali, però la televisione al cinema no. Non si può far finta che il cinema sia un prodotto televisivo.

L’esperienza con Garrone come è stata?
E come può essere stata? Ho girato solo un giorno con lui ma per l’intensità mi son sembrati due mesi. Matteo è un artista puro, un grandissimo cineasta. Io credo che il suo film “Reality” avrebbe dovuto ottenere qui in Italia molti più riconoscimenti e molta più attenzione. Non si può non riconoscere il grandissimo livello di qualità di Matteo Garrone che, tra l’altro, è una persona particolare, fuori dagli schemi.

In effetti, è a tutti gli effetti una voce fuori dal coro.
Sì, infatti. Io lo amo e lo stimo tantissimo e mi auguro che un giorno nelle sue storie ci sia un personaggio che possa avere la mia faccia, ancora. Con lui è stata un’esperienza pazzesca. Abbiamo girato questa scena dalle 11 di mattina alle 19 di sera senza break, così, intensamente. E lui girava con la sua macchina a spalla. Grande leggerezza e grande profondità contemporaneamente. Davvero un’esperienza pazzesca.

Tornando a te. Qual è il primo ricordo che hai da attrice?
Oddio, fammi ricordare. Forse da attrice è un parolone ma hai presente quei festival estivi che fanno nelle località balneari o anche nei paesi, tipo “Miss Spiaggia” o cose simili? Io mi ricordo che in una di queste occasioni mi esibii per la prima volta salendo su un palcoscenico davanti a 1.000 persone, facendo l’imitazione di Anna Marchesini. Ricordo che mentre parlavo ed ero sul palco avevo la sensazione di non avere più le gambe. Tra me e me mi dicevo: “Ma io non ho più le gambe!”. Che ridere a ripensarci.

Come sei cambiata dagli esordi?
Sono cambiata tantissimo, per fortuna. Ero qualcosa di informe che cercava spazio, per questo credo di essere salita su un palcoscenico. Adesso, sono più grande e più vecchia quindi sono molto meglio. Mi sono liberata di tante cose e sento di essere addirittura più bella. Ero molto insicura, ero grassa.

In fondo, se ci pensi, è stata una fortuna.
Ma sì, infatti. Una persona che sale su un palcoscenico deve avere qualcosa da dire. Le insicurezze personali sono un ottimo spunto di riflessione per migliorarsi. Anche perché, finché una persona si pone delle domande e ha degli obiettivi da raggiungere, vuol dire che si mantiene mentalmente attiva. Non vuol dire non essere soddisfatti di quello che uno è o ha, ma evolversi.

Se non fossi diventata attrice o comica, cosa saresti stata?
Forse, adorando le lingue, avrei lavorato in quel campo, mi sarebbe piaciuto fare la biologa però sono negata con la matematica. Inoltre, disegno molto bene. Avrei potuto fare la designer d’interni. O la pubblicitaria.

Qual è il ruolo che ti manca?
Ultimamente mi sono specializzata a fare donne insicure, delle sfigate. Forse mi piacerebbe interpretare una donna che non abbia queste caratteristiche. Però, ancora di più, vorrei un ruolo di carattere che avesse l’ampiezza che si ha in America. Penso a Morgan Freeman o Philip Seymour Hoffman, sono dei protagonisti pazzeschi, con ruoli pazzeschi, dei grandi caratteri. Vorrei non essere considerata una macchietta, ma mi piacerebbe poter interpretare anche dei ruoli del genere, con una sua psicologia e un personaggio.

Quali sono stati i tuoi maestri?
Sono un fan sfegata di Franca Valeri che, tra l’altro, ho avuto il grande onore di conoscere perché mi ha degnata della sua presenza ai miei spettacoli. Ormai posso considerarla un’amica e sono molto felice, ripeto, onorata dei suoi complimenti. Ancora oggi è una donna di un’intelligenza sottile. Poi, studiando a Mosca, uno dei miei maestri è Nikolaj Karpov che è abbastanza conosciuto tra gli attori qui in Italia. Poi Gianni Bonagura, attore 83enne e caro amico, che mi ha insegnato a leggere in endecasillabo, e ancora Corrado Guzzanti. Sono inoltre un’appassionata di Bergman, non posso dire che sia un mio maestro (magari lo fosse), ma se devo pensare a qualcosa che mi ispira penso a lui. Ci può stare che un’attrice comica si ispiri a Bergman, vero? (ride, ndr).

Il tuo sogno più grande?
Avere una casa in Sicilia, a due passi dal mare, e stare lì con il mio amore. Al di là del mio lavoro, ovviamente.

La prova di cui vai più fiera?
A parte il film di Ferzan, oggi ho fatto un provino in inglese e sono molto soddisfatta. E’ andato bene e sono molto fiera del mio inglese. Mi piace l’idea di aprire la propria testa. Fare un provino in inglese non significa soltanto voler andare a Hollywood. E quindi sono molto contenta di aver recitato in inglese con un regista che non mi ha detto niente. Sono passata dall’italiano all’inglese in modo molto naturale e siccome mi sono molto impegnata per farlo, sono molto fiera. Dopo il barese, il catanese e l’emiliano, sono passata all’inglese.

Pregi e difetti di Paola Minaccioni?
Pregio e difetto al contempo è la mia ingenuità. Sono proprio ingenua. Spesso non mi so difendere e mi fido troppo. Se nella tua vita e nel lavoro porti dell’astio ti rovini. Quindi preferisco rimanere così. Mi piacerebbe poi essere più leggera. Sono un po’ pesante.

Un vizio del quale non puoi fare a meno?
Non ho il fisico per le droghe, quindi droghe no. Forse la palestra, un bicchiere di vino la sera e i dolci.

Sei felice?
Sì sì. Sono felice. E’ una conquista. Sono un’attrice che lavora, sono felice di quello che faccio, della mia vita, del mio amore. Stanno e stiamo tutti bene in famiglia e quindi sono felice. Poi voglio anche tante altre cose, di obiettivi ne ho tanti , magari lavorare con Bruni, Virzì, Luchetti, ma sono carica e felice. Vedo un sacco di attori che dovrebbero essere felici, poi li conosci e non te l’aspetteresti quello che pensano.

1 commento

  1. Paola! una donna camaleontica e piena di luce. Debbo ringraziare Riccardo Serventi Longhi che mi ha presentato Paola a una Manifestazione di Poesie : “Poesia come terapia al dolore terminale”. Scoprire la sua dolcezza e tenerezza in questa occasione mi ha dato modo di dare conferma a ciò che Paola manifesta attraverso il suo essere donna attrice persona nella sua carriera. La Poesia manifesta l anima e lei ha un animo nobile. Ha letto una poesia mia, senza che ci fossimo prima parlate, con la stessa emozione che mi permise di scriverla…. ha una capacità di cogliere l essenza oltre “l ‘oltre”: Un grande abbraccio Paola….

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