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Nastro della Legalità a “Sembra mio figlio” di Costanza Quatriglio

Ancora un riconoscimento al cinema che racconta l’impegno civile e sociale dai Giornalisti Cinematografici insieme al Trame – Festival dei Libri sulle Mafie

Nastro della Legalità a “Sembra mio figlio” di Costanza Quatriglio che – dopo il premio andato al film “A mano disarmata” di Claudio Bonivento sulla vita sotto scorta della giornalista antimafia Federica Angeli (qui la notizia) – affronta un altro tema centrale nel dibattito civile sulla violenza, anche privata, che nasce dalla guerra.

“È un’opera”, come si legge nella motivazione dei Nastri d’Argento, “che parla – con forza, ma anche con grande attenzione all’intimità dei sentimenti più privati – di contrabbando di uomini, di sangue, persecuzioni e schiavitù, accendendo un riflettore su una delle tante tragedie fuori dall’attenzione mediatica di un mondo che fa distinzione perfino sull’orrore della guerra”.

Il premio nato un anno fa per iniziativa dei Giornalisti Cinematografici insieme a Trame – Festival dei Libri sulle Mafie, diretto da Gaetano Savatteri, sottolinea così, ancora una volta, doppiamente il valore di denuncia di quel “cinema civile” che ha ritrovato nell’attenzione al sociale e alla denuncia una nuova stagione di vivacità in un’annata che non ha dimenticato titoli che esaltano il valore di condanna e resistenza contro ogni mafia e ogni persecuzione. Nel passaggio dal cinema del reale al racconto di fiction, Costanza Quatriglio racconta la paura negli occhi di vittime innocenti in un film che suscita sdegno e impone una riflessione su un traffico illegale e che fa vivere come un atto di illegalità il diritto all’asilo alla ricerca di una nuova vita.

Laura Delli Colli, presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani – SNGCI, dichiara: “È nel segno di una ‘militanza’ attiva sui temi della società che il SNGCI segnala, attraverso il cinema nella sua migliore tradizione di impegno civile, storie o ‘casi’ che quotidianamente segnano il nostro lavoro nella cronaca. Un premio che ci ricorda che il cinema non vive solo di leggerezza, di red carpet e riflettori sullo star system ma, come insegna la lezione dei maestri di sempre, e come dimostra la verità di tanti piccoli film spesso indipendenti o in controtendenza, rende il cinema specchio della società e insieme strumento di denuncia sociale e di crescita civile. Proprio come dev’essere il lavoro di un buon cronista”.

IL FILM

Come Costanza Quatriglio racconta nelle note di regia, è la storia di un figlio che si rivolge alla madre creduta morta fino a quel momento, ma lei non lo riconosce. Da quell’istante una forza misteriosa lo porta alla ricerca del modo per ricongiungersi a lei. “Il corpo di Ismail, la mitezza del suo viso, la sua voce sospesa tra gli angoli più angusti dell’Europa, ci conducono in un altrove che ci appartiene molto di più di quanto siamo disposti a immaginare”, dice Quatriglio. Dall’evocazione di posti lontani nel tempo e nello spazio a una concretezza fatta di carne e sangue, un viaggio alla ricerca di risposte che non esistono perché ad esistere è solo la possibilità, per Ismail, di prendersi la parola, quella parola negata perché nessuno, fino a quel momento, l’ha ascoltata. Nella lingua madre riconosciamo la lingua del mondo, della pietà antica che non ha patria né paese né confini né frontiere.

Prodotto da Andrea Paris e Matteo Rovere. Una produzione Ascent Film con Rai Cinema, in coproduzione con Caviar e Antitalent, Film in Iran, con il supporto di Eurimages, il contributo del MiBAC – DG Cinema e Croatian Audiocvisual Centar. E, ancora, con il supporto di Belgium Tax Shelter, Friuli Venezia Giulia Film Commisision e Regione Lazio – Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo.

Da un soggetto di Costana Quatriglio anche autrice della sceneggiatura con Doriana Leondeff, in collaborazione con Mohammad Jan Azad.

 

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