Home Eventi Francesco Acquaroli al festival La Valigia dell’Attore

Francesco Acquaroli al festival La Valigia dell’Attore

La sua carriera, da “Dogman” a “Suburra” fino “L’ultimo piano”, film realizzato da nove giovani allievi della Scuola Volonté con la supervisione di Daniele Vicari 

Credit: Barbara Ledda

Francesco Acquaroli al festival La Valigia dell’Attore (La Maddalena, Sardegna) è stato l’ospite speciale di un approfondimento dedicato non solo al film “L’ultimo piano”, realizzato da nove giovani allievi della Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté con la supervisione del regista Daniele Vicari (proiettato al festival), ma anche il testimone della sua stessa carriera ripercorrendo, attraverso commenti, aneddoti e note critiche, alcune tappe delle sue interpretazioni rilevanti.

Nella Fortezza I Colmi sono state mostrate alcune clip, selezionate dal curatore della manifestazione Boris Sollazzo, anche relatore dell’incontro insieme a Fabio Ferzetti.

“Dogman”, “Adults in the room”, “Gli ultimi saranno gli ultimi”, “Rinascente”, “Suburra”, “Er naso de Gogolle”, “Pasolini”, “Mia Madre”, “Sole cuore amore” sono i film che hanno segnato il percorso attoriale di Francesco Acquaroli, spesso scelto per interpretare un “villain” ma in ogni ruolo capace di dimenarsi nelle molteplici sfaccettature del suo personaggio.

“Confrontarsi con registi dalla formazione ed esperienza diversa, a livello nazionale ed internazionale, è uno stimolo costante per dialogare e migliorare il lavoro della recitazione che comunque resta un linguaggio universale – ha dichiarato l’attore – Mi reputo una specie di idrovora che cerca continue suggestioni per implementare la sua creatura cinematografica. Cerco, studio, sperimento perennemente attraverso la mia immaginazione che considero la vera ‘valigia’ di ogni attore. Ogni luogo è valido se hai una illuminazione che devi subito mettere in pratica ma non mi guardo mai allo specchio quando provo né mi rivedo in camera dopo aver girato una scena e rifuggo ogni narcisismo attoriale, un pericolo sempre in agguato. La tecnica va affinata in base al carattere, al portamento e alle abitudini del personaggio, soprattutto se si tratta di una figura realmente esistente – e penso ai miei lavori per il Samurai di ‘Suburra’ e Mario Draghi in ‘Adults in the room’ – così come il corpo diventa una vera e propria spia per l’attore che deve prendere coscienza dove si trova e con chi si mette i relazione davanti alla macchina da presa, una sorta di radiografia prossemica. Non c’è poi un metodo, ma ce ne sono mille da utilizzare per interpretare una parte; quello che conta soprattutto è la scrittura, cuore e sostegno per l’attore perché le parole devono essere quelle giuste, che ti ispirano la vera azione e ritengo che bisognerebbe sostenere maggiormente questo settore che attualmente in Italia non emerge per vari motivi”.

Francesco Acquaroli ha poi ricordato il momento in cui, spinto dall’amico e collega Daniele Vicari, direttore artistico della Scuola Volonté, ha accettato un ruolo importante, perno della storia raccontata nel film “L’ultimo piano”: “All’inizio ero un po’ preoccupato perché si trattava non solo di ragazzi che mi avrebbero diretto ma di nove giovani registi a cui, se non andavi bene, dovevi relazionarti e con cui confrontarti singolarmente. Dal momento del primo ciak, ho invece capito che si trattava di grandi professionisti che hanno avuto, nonostante fossero in tanti, la capacità di dare al film una struttura e linearità di racconto molto nitida: mentre uno girava – uno diverso per ognuno delle nove sezioni in cui è stato divisa la lavorazione del film – gli altri ricoprivano gli altri ruoli del set, così da formare un perfetto e coinvolgente gioco di squadra. Il mio personaggio è un ex musicista che ha deciso di chiudere ogni rapporto col mondo esterno tranne che con quei ragazzi a cui ha deciso di affittare l’appartamento dove vive anche lui, rinchiuso in una stanza di ricordi sonori alimentati da nastri che riproducono antiche prove e registrazioni con la sua band. In ogni stanza dell’appartamento abita una storia differente ed è interessante come la convivenza fra i vari personaggi intreccia le diverse esperienze esistenziali. Al solito, avevo il ruolo del ‘duro’ ma, come mi capita sempre nell’approccio col ‘cattivo’, sospendo il mio giudizio e mi metto da parte per interpretare lui stesso”.

Infine un monito aperto a tutti: “La cultura non è autosufficiente in Italia e deve essere anche alla portata di chiunque: bisogna partire proprio da questa drammatica situazione di emergenza per riflettere in maniera nuova sulle nostre vite, proprio a partire dal nostro rapporto con la cultura”.

 

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here