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Due capolavori per i 90 anni della Mostra

Regen

Due capolavori – il documentario “Regen” (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens (Olanda, 1929, 12′) e la commedia “Gli uomini, che mascalzoni…” di Mario Camerini (Italia, 1932, 66′), con Vittorio De Sica – entrambi nel programma della prima edizione del 1932, saranno proiettati nella storica Sala Grande al Lido (ore 21.00) sabato 9 luglio, per la giornata di celebrazione dei 90 anni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

La serata è dedicata al pubblico di Venezia, che potrà partecipare gratuitamente attraverso la collaborazione con i quotidiani Il Gazzettino, La Nuova di Venezia e Mestre e il Corriere del Veneto.

Si tratterà dell’epilogo al Lido, culla della Mostra del Cinema, della giornata celebrativa dei 90 anni, che il 9 luglio vedrà svolgersi dal mattino a Venezia, alla Biblioteca dei Giardini della Biennale, un convegno internazionale con la presentazione del nuovo volume storico “La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia”, scritto da Gian Piero Brunetta e frutto della collaborazione tra la Biennale e l’editore Marsilio. Sarà inoltre aperta, nel Portego di Ca’ Giustinian, un’esposizione sulla prima edizione del 1932 della Mostra del Cinema, realizzata dall’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale.

REGEN

Una delle pietre miliari del cinema documentario e d’avanguardia, definito un “cine-poema”, il cortometraggio “Regen” (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens (Olanda, 1929, 12′, copia dell’EYE Filmmuseum, Amsterdam), venne proiettato nella serata di chiusura della prima Mostra del 1932 (21 agosto). È un ritratto astratto, lirico e impressionistico di una città sotto la pioggia che utilizza tecniche narrative sperimentali, e che attraverso il montaggio crea una prospettiva di sintesi, pur dettagliando la minuta realtà con le sue sottili variazioni. Il grande documentarista olandese Joris Ivens, Leone d’Oro alla Carriera nel 1988, s’ispira alle avanguardie artistiche e ai grandi cineasti sovietici degli anni Venti, soprattutto a Dziga Vertov (“Io sono un occhio. Un occhio meccanico e sono in costante movimento!”) che gira nello stesso anno, siamo nel 1929, “L’uomo con la macchina da presa”, la giornata di un cineoperatore per le strade di Mosca. Il cortometraggio, per la proiezione a Venezia nel 1932, venne sonorizzato con una partitura di Lou Lichtveld. Successivamente Ivens adottò la partitura di Hanns Eisler (versione del 1941), artista esiliato a New York che dedicò il suo “Fourteen Ways to Describe Rain” al maestro Arnold Schönberg. Dopo diverse proiezioni, nel 1947 la versione sonora originale del 1941 divenne irreperibile.

Per la copia di “Regen”, si ringraziano gli aventi diritto Laurence Berbon – Tamasa Distribution (Francia); Fons Grasveld – The Mannus Franken Foundation (Olanda). Si ringrazia Jay Weissberg, Giornate del Cinema Muto – Pordenone.

GLI UOMINI, CHE MASCALZONI…

A seguire il cortometraggio “Regen”, sabato 9 luglio in Sala Grande al Lido sarà proiettato “Gli uomini, che mascalzoni…” di Mario Camerini (Italia, 1932, 66′, copia della Cineteca Nazionale, Roma), che fu il primo film italiano presentato alla Mostra del 1932, l’11 agosto. È l’opera più famosa del maestro Camerini e una delle sue migliori, un capolavoro della commedia sentimentale. Prodotto dalla Cines e sceneggiato da Aldo De Benedetti e Soldati oltreché da Camerini, ebbe come interprete il giovane Vittorio De Sica, che vi incontrò il suo “primo” personaggio, quello, tipicamente italiano, del giovanotto vanitoso e farfallone. De Sica, fino ad allora attore di teatro leggero, qui canta, rendendola celebre, la canzone “Parlami d’amore Mariù”. Il film, che ha come protagonista femminile la “meteora” Lya Franca, rappresentò un’importante innovazione nel cinema italiano dell’epoca per la scelta rivoluzionaria di girare in esterni, alla Fiera di Milano (allora considerata una città modello), invece che nei teatri di posa. Il film descrive una Milano industriale, costellata dai segni della civiltà dei consumi, con un’aderenza alla realtà dell’Italia piccolo-borghese di quegli anni che sembra prefigurare il Neorealismo.

“Il paesaggio assume un ruolo di coprotagonista della vicenda – scrive Gian Piero Brunetta nel suo volume – e l’improvvisa scoperta del Duomo di Milano nella prima inquadratura, dal punto di vista interno della Rinascente che alza le saracinesche di prima mattina, viene subito sottolineata. Il critico del “Corriere” Filippo Sacchi annota: “È la prima volta che vediamo Milano sullo schermo. Ebbene, chi poteva sospettare che fosse tanto fotogenica?”. Il critico della “Stampa” Mario Gromo registra in Vittorio De Sica la nascita di un buon “attore giovane” finora mancante nel cinema italiano. Per l’allora giovane critico veneziano Francesco Pasinetti, al film si addice la definizione di genere “comico-sentimentale” e “a Camerini e al film spetta il titolo di prototipo del genere, per quella spontaneità inventiva che si risolve in una felice descrizione con delicati tocchi psicologici di personaggi e ambienti”. Pasinetti riconosce nel modo di girare certe scene uno “stile italiano”.

Sito Ufficiale: www.labiennale.org

 

 

 

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