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Venezia 69: al Lido sacro e profano con il Michael Jackson di Spike Lee e il blasfemo sesso con crocifisso

Dalla nostra inviata Marilena Vinci. Terzo giorno. 

Era il 31 agosto 1987 quando nei negozi usciva “Bad”, uno degli album più famosi e più venduti di Michael Jackson, co-prodotto con Quincy Jones e contente 11 brani di cui 9 scritti dallo stesso Jacko. A 25 anni precisi da quella data è stato presentato oggi, fuori concorso, l’atteso “Bad 25”, il documentario che Spike Lee ha realizzato sul settimo album di Michael Jackson per celebrarne l’importante anniversario. Nel film, costruito anche con documenti inediti, il regista afroamericano ha inserito interviste d’archivio a star come Stevie Wonder, Mariah Carey, Sheryl Crow, Kanye West, Justin Bieber e il regista premio Oscar Martin Scorsese e momenti privati delle prove. Si conclude sulle immagini di Jackson che a Wembley nel 1988 canta “Man in the Mirror” con pose cristologiche.

Questo film è “una lettera d’amore – ha dichiarato Spike Lee in conferenza stampa – Io sono del ’57, Michael era del ’58, sono cresciuto con lui. Quando lo vidi nel ’69 con i Jackson 5 all’Ed Sullivan Show volevo essere come lui: avevo i capelli afro in effetti, ma non la sua voce e non sapevo ballare”.

Quando Jacko è morto Spike Lee era a Cannes ad una conferenza stampa e ricorda: “Non ci volevo credere, finché non ho visto il fratello Jermaine alla CNN. Ritornato a New York sono rimasto sorpreso dalla profondità delle mie emozioni: per un mese non sono stato più lo stesso e mia moglie e i miei figli me lo facevano notare. E’ imbarazzante da raccontare ma sul mio iPod avevo solo l’album ‘Off the Wall’, così sono andato in un negozio e ho preso tutto quello che avevano di lui. Per un anno non ho ascoltato altro, la mia famiglia deve avermi odiato!”.

Il motivo che ha spinto Spike Lee a realizzare questo documentario è che, oltre che fan di Michael Jackson e regista di due suoi videoclip (“They Don’t Care About Us” ed il postumo “This is it”), “la Sony voleva che mi concentrassi solo sulla musica, perché per tanti anni il suo genio musicale si è perso. Dietro ‘Bad’ ci sono sudore, lacrime e sangue. ‘Bad’ seguiva ‘Thriller’, il suo album più venduto di sempre: la pressione era enorme, e Jacko non era mai soddisfatto. Un grande artista non ripete cose già fatte, non annoia mai”. Il regista ha avuto “accesso completo a materiale mai visto” e ha potuto constatare come Micheal Jackson “studiasse i grandi per diventare più grande: Gene Kelly, Stevie Wonder, Fred Astaire, Marvin Gaye”. “Bad 25” arriverà al cinema, in tv e in homevideo (Final Cut del regista) e, dicono il regista e John Branca (produttore esecutivo del film ed esecutore testamentario di Jackson), “lo faremo vedere presto ai figli di Michael così scopriranno tante cose di loro padre”.

In serata Spike Lee, che sta attualmente lavorando al remake di “Old Boy” del coreano Park Chan-wook, con Samuel L. Jackson e Josh Brolin, riceve il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker.

A proposito di riconoscimenti oggi è stato consegnato anche l’annunciato Leone alla carriera a Francesco Rosi, accolto con una standing ovation e con un breve video di Martin Scorsese: “Rosi è come una tempesta che spazza ogni impurità, – ha detto il regista italoamericano – le sue immagini mi nutrono, mi arricchiscono”.

Per quanto riguarda i film in concorso, oggi è stata la volta di “Any price” e dello scandaloso “Paradise: Glaube”. Il primo, per cui è sbarcato al Lido l’idolo delle adolescenti Zac Efron, racconta la storia del giovane rampollo di una potente famiglia di agricoltori che commercia in Ogm ma sogna una carriera da pilota automobilistico finché la delusione per l’esito di una gara lo riporta agli affari di famiglia. A chi gli chiede di somiglianze con il suo personaggio il giovane attore risponde: “Se mi chiedessero cosa vorrei fare domani tra guadagnare un mucchio di soldi o intraprendere una carriera seria, non avrei dubbi: la seconda”. A proposito di corse in auto, Efron ha confessato di non cavarsela bene sulle quattro ruote: “Non sono un buon pilota e l’unica esperienza di velocità che ho è la fuga dai paparazzi”.

Il film in concorso del quale si è più discusso finora è lo scandaloso “Paradise: Glaube” di Ulrich Seidl, storia di una cattolica invasata prodiga alla diffusione del Verbo e propensa all’autoflagellazione. A destare clamore è, in particolare, la scena in cui la donna si masturba con un crocifisso. Il film è il secondo capitolo della trilogia “Paradies”, incentrato stavolta sulla “Fede” (“Glaube”). “La trilogia si chiama ‘Paradiso’ perché racconta di persone che in, qualche modo, cercano di trovare il proprio, se poi invece arrivano all’inferno questo è un altro discorso”, spiega il regista austriaco. In merito all’uso delle forti immagini Seidl si giustifica: “forse scioccherà qualcuno, ma in realtà io ho portato sullo schermo la figura di una donna che cerca semplicemente di soddisfare i propri desideri”.

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