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Venezia 69, settimo giorno: applausi per la violenta e incestuosa “Pietà” di Kim Ki-duk

Dalla nostra inviata Marilena Vinci. Settimo giorno.

A poco più di metà del percorso è tempo di bilanci alla 69esima Mostra del cinema di Venezia, su cui sabato calerà il sipario. Con sommo dispiacere tocca constatare che la prima edizione della seconda direzione di Alberto Barbera non brilla certo per eventi e, soprattutto, per la qualità di film passati in concorso e non. A sua difesa va comunque fatto presente che i festival attingono da ciò che c’è in giro e la selezione, probabilmente, è la migliore possibile.

La delusione maggiore arriva da due dei film più attesi al Lido: ‘The master’ di Paul Thomas Anderson e, soprattutto, ‘To the wonder’ di Terrence Malick. Da due registi come loro è lecito aspettarsi dei capolavori ed è altrettanto lecito sentirsi frustati quando il prodotto è molto al di sotto delle aspettative. A riscattare la delusione ci pensa il cinema italiano con due titoli su tutti quelli visti finora: ‘E’ stato il figlio’ di Daniele Ciprì (in concorso) e ‘Gli equilibristi’ di Ivano De Matteo (Orizzonti). Al momento i due film nella nostra personale pole position nelle rispettive sezioni. Ai film che riescono a superare largamente la sufficienza si aggiungono gli scandalosi ‘Paradise: faith’ di Ulrich Seidl, ‘Pietà’ di Kim Ki-duk, e i documentari ‘Bad 25’ di Spike Lee e ‘La nave dolce’ di Daniele Vicari. Nei prossimi giorni aspettiamo comunque di vedere se le pellicole di Brian De Palma, Marco Bellocchio e Brillante Mendoza riusciranno a risarcirci dell’attuale delusione.

Intanto oggi passano in concorso il kolossal storico di Valeria Sarmiento ‘Linhas de Wellington’, sull’invasione napoleonica in Portogallo nel 1810 e ‘Pietà’ di Kim Ki-duk, storia dell’aguzzino di un usuraio che improvvisamente ritrova la madre che lo aveva abbandonato da piccolo e cerca di cambiare la sua vita. “Pieta è un film sulle conseguenze del capitalismo estremo – ha spiegato il regista coreano – e sugli effetti che producono sulle relazioni umane che vengono trasfigurate in senso negativo. Il denaro non è condannabile in sé, ma nell’uso che se ne fa. Può avere un volto positivo o il volto negativo e perverso che viene appunto mostrato nel mio film”. Nonostante il titolo e l’immagine della locandina (che mostra i protagonisti nella stessa posa della Pietà di Michelangelo) “Nelle mie opere ho parlato di buddismo, protestantesimo, mi dicono che questo sia più cattolico ma non era quella la mia intenzione. Il mio film non vuole raccontare concetti cristiani – spiega il regista –. Ci sono tanti elementi, come il demonio, la pietà appunto, il denaro, ma sono solo alcuni aspetti di un lavoro che vuole raccontare l’essenza umana che stiamo perdendo. ‘Pietà’ vuole parlare di salvezza attraverso il recupero di determinati valori”. Kim Ki-duk, che torna in Concorso a Venezia otto anni dopo ‘Ferro 3 – La casa vuota’, definisce questo suo diciottesimo film come “un nuovo inizio per la mia carriera cinematografica”. “Senza ‘Arirang’ (straziante documentario frutto di un periodo di depressione seguito all’incidente della protagonista sul set di ‘Dreams’ ndr.) non sarebbe esistito ‘Pietà’, che rappresenta un nuovo inizio nel percorso della mia carriera”.

Fuori concorso passa oggi il racconto della rivolta tunisina vista attraverso gli occhi di una donna in ‘It was better tomorrow’, mentre per quanto riguarda la sezione Orizzonti in programma compaiono il giapponese ‘The millennial rapture’, l’israeliano ‘The cutoff man’ e l’italiano ‘L’intervallo’, primo lungometraggio di Leonardo Di Costanzo.

Intanto cresce l’attesa per il secondo italiano in concorso: domani è il giorno della ‘Bella addormentata’ di Marco Bellocchio, discusso film ispirato al caso di Eluana Englaro, e del regista portoghese Manoel de Oliveira che alla venerabile età di 104 anni porta al Lido fuori concorso un film in francese sulla povertà (“O gebo e a sombra”).

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