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Giovanni Albanese, “il mio omaggio graffiante all’arte contemporanea”

Intervista a Giovanni Albanese

Che cosa hanno in comune una squadra di operai, addetti allo stoccaggio della pasta nel Salento, con il mondo elitario dell’arte contemporanea italiana e internazionale? Nulla, se non fosse che uno di questi operai, rimasti senza lavoro, scopre l’arte contemporanea e realizza che un’impronta su un uovo può valere centinaia di migliaia di euro. A chiarire il concetto ci pensa il regista Giovanni Albanese nel suo nuovo film “Senza arte né parte”, nelle sale dal 6 maggio in 130 copie targate 01 Distribution, commedia corale interpretata da Vincenzo SalemmeGiuseppe BattistonDonatella FinocchiaroHassani ShapiGiulio BeranekErnesto MahieuxNinni Bruschetta, Mariolina De Fano, Paolo Sassanelli e Sonia Bergamasco.

Coprodotta da Lumière & Co. e Rai Cinema, “Senza arte né parte” è un film sull’arte di arrangiarsi e sul linguaggio dell’arte, dell’esclusivo mondo dei galleristi, dei vernissage e dei collezionisti nel suo incontro con la realtà diametralmente opposta del lavoro operaio. E’ la storia di tre operai (Salemme, Battiston, Shapi) licenziati da un pastificio salentino che per sopravvivere si daranno all’arte contemporanea: prima quali custodi delle opere acquistate dal titolare (Sassanelli), quindi da improvvisati falsari, pronti a “ricalcare” le orme e le opere di Pino Pascali, Piero Manzoni, Julian Schnabel e altri artisti celebri.

Come mai proprio lei che è un artista ha deciso di fare un film del genere. Come è nata l’idea?
Appunto perché sono un’artista ho voluto fare un film che parlasse di arte contemporanea, in un modo rispettoso dell’arte in genere e, nel dettaglio, dell’arte contemporanea. I miei operai non dicono mai “cosa ci vuole a fare questo?” oppure “questo lo so fare anche io”. Semmai dicono “E’ un’opera d’arte? Ma che ne capiamo noi”. Il mio è un omaggio all’arte contemporanea ed è graffiante nei riguardi del mercato, del business che c’è attorno all’arte e delle quotazioni delle opere. Le quotazioni di alcune opere sono ormai impazzite e a volte nelle aste si assiste a situazioni davvero strane. Il Baco da Setola di Pino Pascali è stato battuto realmente all’asta a 1 milione e 200 mila euro. L’Impronta d’Artista sull’uovo di Piero Manzoni parte da una quotazione di 45 mila euro.

In qualità di artista, appunto, qual è il suo rapporto con il “falso”?
I falsi nell’arte sono sempre esistiti, si è sempre copiato per vendere. Oggi è meno difficile perché un artista non è colui che ha una bella mano ma è colui che ha una bella testa. Le opere d’arte contemporanee sono principalmente l’idea, il concept che c’è sotto, ma spesso la realizzazione passa attraverso la collaborazione con artigiani. Non si tratta più di giudicare il “tratto” di un artista nel riprodurre un viso. Ad esempio, il mio grande pianoforte con le fiamme, è stato pensato da me ma è stato costruito da un fabbro.

Le opere che compaiono nel film che fine hanno fatto?
Sono ovviamente tutte opere false riprodotte fedelmente, per il quale abbiamo ottenuto il consenso di tutti gli artisti. Il consulente dell’Arte nel film è Danilo Eccher, il Direttore della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Torino, un grandissimo curatore, storico e critico dell’arte. Quelle opere sono state tutte distrutte.

Come considera l’analogia con “La banda degli onesti” di Totò?
E’ una cosa a cui mi sono ispirato con il cuore. E’ una bella analogia. Un’altra analogia che io stesso colgo, con tutte le distanze del caso, è “Full Monty” un grande film che ho adorato in cui gli operai si improvvisano spogliarellisti, niente di più lontano da loro. Allo stesso modo i miei operai diverranno falsari d’arte contemporanea. E’ nel contrasto di due mondi che si crea il corto circuito che da vita alla commedia.

Come si è trovato a girare nella sua terra, la Puglia?
Il Salento è stupendo. Ho girato in questo paesino che si chiama Palmariggi, tra Maglie e Otranto. Tutta la troupe si è trovata benissimo ed è stata accolta magnificamente. Mi piace molto la luce di quel posto.

Come è nato l’incontro con il cast?
Con Fabio Bonifacci, un grande sceneggiatore, fin dall’inizio avevamo pensato a Battiston, alla Finocchiaro, poi man mano si identificavano gli altri ruoli e son venuti fuori.

Prevede altri film o una carriera da regista?
Decisamente sì, la mia vita si muove tra arte e cinema che sono meno distanti di quanto uno si immagina. Il cinema è l’ultimo set della Bottega Rinascimentale in cui ogni maestro concorreva alla realizzazione della stessa opera, e poi sia il cinema che l’arte approdano su una tela bianca.

Quest’anno sarà presente alla Biennale di Venezia. Può darmi qualche anticipazione su questa edizione o qualche sua impressione?
Proprio questa mattina ho ricevuto l’invito ufficiale per il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia. Io sarò presente nella sede di Bari perché Vittorio Sgarbi, con un’idea originale, ha pensato di esportare il Padiglione Italia appunto in tutta Italia, ed essendo io pugliese sarò presente alla Biennale di Venezia nel “Padiglione Italia a Bari” con un lavoro fatto di coccodrilli e alluminio, non posso dirti altro. Inoltre sarò presente alla Mostra “Pino Pascali. Ritorno a Venezia / Puglia Arte Contemporanea” presso il Palazzo Michiel dal Brusà, dedicato appunto a Pino Pascali e ai vincitori del Premio Pascali, tra cui io.

 

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