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“Ageroland”, quando il quotidiano diventa straordinario

Intervista a Carlotta Cerquetti

In provincia di Napoli, nascosto tra i monti della Costiera Amalfitana, c’è il Comune di Agerola. Vicino alla piazza principale si trova la tabaccheria di Sabato Cuomo, 45 anni, tenace fumatore, ironico commentatore del quotidiano e attento osservatore dell’animo umano. Ogni giorno, nel negozio di Sabato, scorrono le vite delle persone: Marilena la postina, Stefano il creatore di moda, Lello il cantante neomelodico, Marinella l’ex calciatrice, Geremia il pensionato, Angelo il tassista, Nick l’emigrato. Ognuno di loro ha una storia, un vissuto fatte di cose semplici ma mai ordinarie.

Di questa gente e della figura carismatica del tabaccaio Sabato, racconta “Ageroland”, il film documentario di Carlotta Cerquetti, già presentato al Bergamo Film Meeting e in concorso all’Ischia Film Festival (2-9 luglio). Autrice e regista di corti e documentari premiati dalla critica internazionale (“Interno 12”, “Binari”, “Fuochino”, “Mestieri nell’ombra”, “Drag Queen College”), romana, la Cerquetti collabora da anni con le sorelle Comencini (“Il nostro Rwanda”, “Libere”). “E’ stata Cristina a introdurmi nell’ambiente cinematografico – spiega – l’ho conosciuta sul set di uno speciale per Rai Sat Cinema dedicato a una sua pellicola e non ci siamo più lasciate. L’anno scorso mi ha affidato la seconda unità del suo ultimo film, ‘Quando la notte’ (tratto dall’omonimo romanzo della Comencini edito da Feltrinelli, ndr) e a settembre saremo a Venezia”.

Tornando ad “Ageroland”, come le è venuta l’idea di filmare le storie di un paesino del napoletano?
E’ stato lo stesso Sabato Cuomo a contattarmi, sul mio sito internet. Mi scriveva dei suoi racconti, del suo mondo e dei personaggi che lo popolavano. Tutto ciò mi ha incuriosito, tanto da andare a trovarlo. Una volta sul posto mi sono resa conto che c’era tanto materiale per un documentario.

Che cosa l’ha colpita della gente di Agerola?
Soprattutto la semplicità, perché è nelle persone semplici che si trovano le storie più interessanti. Ovviamente “scoprire” i napoletani è più facile: è un popolo che riesce ad essere creativo, anche nei gesti più banali.

Ancora una volta internet si è rivelato un potente mezzo di comunicazione. Un vantaggio per l’arte?
Direi di sì. Non sono una grande fan della navigazione virtuale, ma ci sono persone come Sabato che, pur rimanendo sempre nello stesso paese e nella stessa tabaccheria, riescono a viaggiare con la mente. Sabato si dedica alla scrittura, cura il suo sito internet dove raccoglie notizie e immagini, è un appassionato di cinema e un grande lettore di libri.

Le riprese di “Quando la notte” si sono svolte a Macugnaga, un paesino ai piedi del Monte Rosa. Che esperienza è stata?
Del film non posso parlare perché sarà in concorso al Festival di Venezia. Posso raccontare la mia esperienza personale, però, che definirei sorprendente. Il completo isolamento in cui abbiamo vissuto per dieci settimane è stato un modo straordinario per riscoprire il rapporto tra di noi e con la natura.

Con Cristina Comencini ha firmato anche “Il nostro Rwanda”.
E’ un documentario che racconta il viaggio di un gruppo di studenti romani in un paese devastato dalla guerra civile e dal genocidio. Ciò che abbiamo cercato di mettere in evidenza è il forte impatto emotivo dei ragazzi, ma anche la bellezza del Rwanda e la vitalità del suo popolo.

Da tempo collabora con entrambe le sorelle Comencini. Che cosa le hanno insegnato?
Sono due persone molto diverse. Con Cristina c’è un grande rapporto di fiducia: ha sempre creduto in me, da lei ho imparato come affrontare la scrittura, i personaggi e le storie. Riguardo a Francesca, credo sia un’ottima documentarista e se avessi bisogno di un’ispirazione cercherei tra i suoi lavori. Per “Ageroland”, ad esempio, avevo realizzato un primo montaggio ma non ero convinta e così le ho chiesto un consiglio. Lei mi ha suggerito di eliminare alcune musiche e di rendere il documentario più essenziale: naturalmente ho seguito le sue indicazioni e alla fine il girato ci ha guadagnato.

A parte le sorelle Comencini, chi sono stati i suoi maestri?
In realtà il mio è un percorso piuttosto insolito perché sono un’autodidatta. Dopo la scuola di cinema a New York, ho cominciato subito a girare dei lavori miei con una grande indipendenza. Ecco, diciamo che ho imparato strada facendo…

I registi che ama?
Come tutti i cinefili amo i grandi maestri, da Ingmar Bergman a Roman Polanski, fino ad Ang Lee…il mio film-mito è “Tempesta di Ghiaccio”. Poi ci sono i film alternativi come “Smoke” di Wayne Wang eClerks” di Kevin Smith: mi piacciono le ambientazioni nei negozi e le storie che girano attorno ai personaggi. Tra gli italiani mi viene in mente “Signore & Signori” di Pietro Germi, uno dei momenti più alti della nostra commedia.

Progetti per un lungometraggio?
Ho alcune proposte in ballo, ma niente di concreto per il momento. Tra i progetti c’è una commedia scritta con Teresa Ciabatti e la supervisione di Cristina Comencini, una storia di ragazzi che vivono nei “casini” perché gli adulti sono assenti, o almeno restano sullo sfondo. Il disagio dei protagonisti viene soprattutto dall’ambiguità dei genitori, dalla loro incapacità alla trasparenza. L’ispirazione potrebbe essere proprio “Tempesta di Ghiaccio”.

Se si dovesse descrivere?
Come documentarista vorrei essere trasparente, una presenza invisibile tra le persone che racconto. Nei film vorrei far ridere e commuovere allo stesso tempo. Spero di riuscirci con questo progetto, dove tra l’altro tocco degli argomenti che sento molto vicini a me.

 

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