Home Uncategorized Valentina Carnelutti: “La vittoria di ReCuiem è un riconoscimento a chi mi...

Valentina Carnelutti: “La vittoria di ReCuiem è un riconoscimento a chi mi ha supportato”

Intervista, in “due tempi”, alla vincitrice del Premio Chicca Richelmy al 31° Torino Film Festival.

1° e 2° tempo di una vittoria annunciata.


Non capita tutti i giorni di condividere l’attimo di esultanza ed entusiasmo per una vittoria annunciata. Con Valentina Carnelutti è andata proprio così. Avevamo fissato l’intervista per parlare del suo primo cortometraggio da regista, per sapere dei feedback ricevuti al Torino Film Festival e per conoscere i suoi progetti futuri, ma quando l’ho chiamata era un’esplosione di gioia. Una manciata di minuti prima aveva ricevuto la comunicazione di aver vinto un premio con il suo cortometraggio “ReCuiem”, prima prova da regista, alla 31° edizione del Torino Film Festival. Il problema è che fino al momento della premiazione, cioè in serata, non avrebbe saputo quale Premio avesse vinto.

La cosa più saggia da fare, accordata da entrambe, è stata quella di continuare l’intervista con la promessa di risentirci in serata e approfondire meglio. Per dovere di cronaca e per fedeltà alla cronologia dell’intervista, ho ritenuto opportuno dividerla in due tempi. La sincerità e la trasparenza prima di tutto.

Riporto fedelmente la motivazione della Giuria all’assegnazione del Premio: “Per la sensibile compiutezza e originalità di sguardo con cui l’autrice ha raccontato un momento traumatico e definitivo quanto naturale, intimo e familiare quale è la morte. L’opera non indulge in una rappresentazione esibita del dolore, preferendo invece assumere un taglio di positiva ambiguità, ritrae un momento di muta e attonita sospensione nel quale convivono emozioni e reazioni delle tre fasi dell’esistere: infanzia, maturità e vecchiaia”.

_______________________________________________________________________

1° Tempo
Valentina Carnelutti prima della Premiazione

Parlami subito di “ReCuiem”, come è stato accolto e come sta andando?
C’è un piccolo colpo di scena. Mi è appena arrivato un messaggio da Virzì (Paolo, ndr) con scritto “Congratulazioni!”, e poco fa dal Festival mi hanno chiamato per dirmi che mi hanno prolungato il soggiorno a Torino. Non so ancora niente, sei la prima persona a cui lo dico (a parte le mie figlie). Oggi sarei dovuta andare a Tolosa per i 10 anni de “La Meglio Gioventù”, tutto il cast è stato invitato per le Giornate del cinema italiano a Tolosa per festeggiare; ma ieri hanno insistito molto affinché rimanessi a Torino, quindi ho avvertito della mia assenza e…un po’ un sospetto l’ho avuto, una menzione forse…

Congratulazioni! E’ una coincidenza assurda.
Sì ma per i dettagli relativi al Premio credo sia meglio sentirci stasera.

Intanto, ti chiedo come ti è venuta l’idea e quali sono stati i tempi di lavorazione?
Più di 10 anni fa ho scritto un racconto, mi domandavo “che ne sarebbe delle mie figlie se morissi adesso”. Erano piccole ed ero sola con loro. Mi incuriosiva ascoltarle mentre giocavano, mentre io ai loro occhi ero distratta o dormivo. Quando restavo a letto più a lungo la mattina le sentivo parlare nell’altra stanza, di me e delle loro cose, come se io non ci fossi. “ReCuiem” è nato da queste due cose. Che cosa succede se la mamma muore e come si comportano i figli quando la mamma è di là, quando non dubitano del suo essere viva o meno. E la storia di “ReCuiem”, che nel suo titolo porta l’errore di essere scritto con la “C” proprio come se fosse scritto da un bambino, si svolge in una sorta di tempo sospeso, tra l’eventualità e l’asserzione della morte. E’ la storia di questi due bambini in una giornata particolare. Compaiono anche altri due personaggi oltre alla madre (Teresa Saponangelo), il compagno di lei (Francesco Tricarico) e la nonna dei piccoli (interpretata da Lydia Biondi). Ho voluto fortemente tutti e tre. Lydia Biondi è un’attrice fantastica nonché la mia insegnante di mimo quando studiavo da ragazzina. Volevo un’attrice capace. Lei sta in scena poco, pochi minuti. Deve subire una trasformazione immensa e pronuncia pochissime parole. Nessuno meglio di lei poteva fare questo regalo al film.

Come è nata la collaborazione con Francesco Tricarico? Quando ho letto il suo nome nel cast sono rimasta molto incuriosita.
L’ho sempre ascoltato con piacere e ammirato come artista. Da un lato volevo qualcuno che fosse un po’ simile a me come attitudine rispetto al mestiere, anche se non è proprio lo stesso, qualcuno che fosse abbastanza defilato, che si facesse gli affari suoi. Qualcuno che non fosse troppo preso ad occuparsi della propria immagine. Lui in questo senso mi pareva corrispondere. Ma soprattutto mi serviva un personaggio che fosse capace di essere a disagio, volevo che il personaggio di Gabriele fosse goffo e sì, a disagio, che non sapesse bene come comportarsi. Inoltre la faccia e la voce di Tricarico mi piacciono molto. Ho visto delle sue interviste e mi sono detta “Ci provo”. Ci ho messo un anno prima di trovarlo. Lui è fuori, io forse più di lui, non di testa ma da un giro mondano (ride, ndr) per cui non sapevo bene come rintracciarlo. Poi, un giorno mentre mi stavo occupando di promozione relativa all’attività del Teatro Valle di Roma ho incontrato un agente musicale che conosceva il suo agente. Gli ho mandato il racconto e lui mi ha telefonato proponendomi di incontrarci. Ci siamo incontrati e ci siamo piaciuti. Gli ho portato la sceneggiatura, il mio documentario e poi gli ho chiesto di fare l’attore e se voleva darmi una sua canzone per il film. Stava lavorando a due brani in quei giorni, uno in particolare era perfetto così come me l’ha mandato poco dopo il nostro incontro. L’abbiamo tenuto in quella versione acustica, solo piano e voce. Lo stesso brano è oggi nel suo album.

Quindi anche una colonna sonora ad hoc.
In genere non amo le colonne sonore propriamente dette. Mi piace quando la musica nel film è diegetica. La colonna sonora di “ReCuiem” sono i suoni della realtà, il rubinetto, il ticchettio dell’orologio…telefono, acqua, frigo. I brani musicali nel corto sono solo due, lo “Stabat Mater” di Vivaldi e appunto “Le conseguenze dell’ingenuità” di Francesco Tricarico. La conseguenza di questa collaborazione è stato il videoclip ufficiale del brano, di cui ho firmato sceneggiatura e regia, abbiamo girato a Milano poco dopo le riprese di “ReCuiem” di cui il video contiene qualche immagine di backstage…Ora è online!

Quali sono stati i tempi di lavorazione del corto e le difficoltà più grandi?
La prima difficoltà è stata trovare i soldi per realizzarlo, soprattutto trovarli nel momento giusto, coincidendo con il tempo libero di ciascuno per lavorarci. Perché quando le persone lavorano a rimborso spese, il lavoro deve coincidere con un loro momento di vacanza.
Ho chiesto un finanziamento al ministero e non l’ho ottenuto. Quindi ho investito io per prima e ho trovati il resto grazie agli amici, una sorta di crowdfunding, un “Friend Funding”. Qualunque sia il riconoscimento qui (a Torino) sarà un riconoscimento a tutti coloro che mi hanno supportato. Qualcuno mi ha dato 5 euro e qualcuno molto di più. Ci sono state persone davvero generose, tanto che un giorno facendo i conti di fronte a una cifra inaspettata ero convinta ci fosse un errore! Ero pronta a fare il film con un minimo investimento, poco alla volta il budget è aumentato, la natura del film è rimasta identica ma ho potuto nutrire tutti come si deve, ed essere rispettosa dell’impegno che mi hanno offerto.
Da quando ho avuto la versione definitiva della sceneggiatura a quando sono iniziate effettivamente le riprese, è passato un anno. Il lavoro di cui vado fiera, che costituisce la base del bene che è arrivato dopo, è stato il lavoro di preparazione. Abbiamo fatto (con l’aiuto regista, con l’assistente, con la segretaria di produzione) un lavoro accurato, come si fa per un lungometraggio. Avevamo pochi giorni per le riprese e volevo che tutto il controllabile fosse sotto controllo, per poterci permettere le sorprese. Le riprese sono durate 6 giorni, la preparazione vera e propria invece un paio di mesi, lavorando di giorno e anche di notte.

L’hai davvero visto crescere, come fosse un bambino.
Ho fatto anche molti provini ai bambini! Gli adulti li ho scelti direttamente, non era necessario fare il provino a Teresa o a Lydia…le ho volute sin dall’inizio. Decisamente. A Teresa benché fosse tra le mie prime scelte l’ho comunicato all’ultimo perché la priorità erano i bambini. Dovevo trovare un maschio e una femmina che potessero sembrare fratello e sorella, che si somigliassero in qualche modo e attribuire loro una madre che somigliasse loro a sua volta. Trovare i piccoli è stata la cosa più complessa. Ne ho visti circa 80. Quando ho trovato Flavio Palazzoli e Irene Buonomo sono stata felice di poter confermare Teresa, è stata davvero generosa nel lavoro con loro!

Immagino non sia stato facile gestire i bambini sul set.
Sono grata di aver fatto la preparazione. E’ stato impegnativo scegliere ogni giocattolo, tessuto, oggetto, colore, cibo che mangiano. Impegnativo arredare la casa, decidere le luci, gli orari, le pause, i cestini, i costumi, le pettinature…ma questo ci ha permesso di vivere il set morbidamente. Eravamo forti di una preparazione vissuta anche insieme. Pic nic a Villa Pamphili perché mamme e bambini si conoscessero meglio, pomeriggi in studio da me a fare merenda e prove, tra biscotti, figurine, pupazzi e disegni, ci siamo conosciuti. Il mio studio era diventato un incrocio tra un teatro di posa e un asilo nido. Un periodo bellissimo! Ho cercato di creare un rapporto di confidenza anche con i genitori dei piccoli e lo stesso con la troupe. Volevo che tutti conoscessero tutti e che ciascuno sapesse il proprio ruolo e quello degli altri prima di cominciare a girare. Perché ci fosse sul set un clima disteso e intimo, pulito e sicuro.
Siamo arrivati a girare quando eravamo pronti, quando ciascuno sapeva bene quello che doveva fare: mettersi al servizio della storia, facendo il proprio mestiere.
Ho cercato di creare le premesse perché i bambini potessero fare quasi istintivamente quello che era scritto nella sceneggiatura. E perché gli adulti potessero cogliere e accogliere le sorprese che arrivavano con serenità. Sono stati tra i giorni più belli della mia vita. Volevo prima di tutto che fosse un’esperienza felice, indipendentemente dal risultato che avremmo ottenuto, di cui non potevo avere alcuna garanzia. Potevo occuparmi solo del presente, giorno per giorno, e così è stato. Direi che siamo stati molto felici.

A proposito di sceneggiatura, so che è stata ripresa e modificata. Quanto è cambiata rispetto alla prima stesura?
Tante modifiche sono state fatte. Prima era un racconto. Poi una decina di anni fa è diventata una bozza di sceneggiatura. Il racconto era in prima persona e anche la prima stesura del film in qualche modo lo era. Era la mia prima sceneggiatura, una sorta di prova per vedere se fossi capace prima di scrivere “Sfiorarsi”, che poi abbiamo realizzato (in cui io sono sceneggiatrice e attrice ma non regista). La prima stesura insomma aveva una voce fuori campo del bambino. L’ho eliminata. Quella voce doveva coincidere con il nostro sguardo. Il punto di vista doveva essere appunto visivo e non scritto. Questo è stato il cambiamento più significativo. Gli altri riguardano piccole cose. Il finale non è mai cambiato (anche se le entrate e uscite dei personaggi nell’ultima scena le ho riscritte decine di volte), neanche i presupposti principali, così come il numero dei personaggi o il tempo della loro comparsa nel film. Grazie a qualche confronto con amici fidati ho aggiunto o soppresso qualche dettaglio. Definito alcune immagini.
Poi, al montaggio ho tagliato quella che era la prima scena. E’ stata una rivelazione verificare nella pratica quello che si dice: che sono le immagini a comandare. La seconda scena era talmente chiara da escludere la prima. La inglobava, con un’immagine molto più semplice e forte.

Come è stato accolto? Ho letto recensioni molto positive prima che tu sapessi della vittoria.
Hanno scritto delle cose stupende, anche troppo. E’ la mia prima regia e mi fa un po’ impressione tanta adesione, soprattutto perché le cose che hanno detto del film finora, quelle più articolate sullo sguardo, sul senso…sono esattamente le cose che penso io del film. Questo mi dà una gioia immensa e mi conferma di essere riuscita a mutare in immagini quello che sento e penso, e queste immagini a loro volta sono giunte alle persone. E’ stupendo.
Il Festival di Torino era il mio festival di riferimento, quello a cui avrei voluto partecipare. E’ un festival che significa molto per me. Ci ero venuta una prima volta nel ‘97, ero da poco tornata dal Messico dove avevo vissuto un anno, scrivevo recensioni per una testata ed ero accreditata come giornalista. Qui allora ho visto film stupendi e ho conosciuto registi straordinari che mi hanno dato coraggio, entusiasmo. Mi sono sentita un pesce nell’acqua. Non ho scritto una riga se non il mio diario. A rileggerlo oggi trovo discorsi che per me sono ancora validi, sul senso del mio mestiere di attrice, sul senso di fare film. E mi viene un po’ di nostalgia, di un’epoca in cui ci si incontrava nelle case e si discuteva dei film mescolandosi, tutti, senza distinzioni, senza spocchia e con molta curiosità.
Arrivare qui oggi, come regista, è una bella sensazione!

Che progetti hai adesso per il futuro? Hai nuovi racconti nel cassetto, continuerai la tua carriera da regista?
Io sono un’attrice, è questo il mio lavoro, mi piace da matti e non è in discussione. Ho sempre scritto e continuerò a farlo. Sì, sto scrivendo, un film, per ora un trattamento a dir la verità.
Con “ReCuiem” sentivo che questa storia era necessaria e che volevo dirigerla proprio io. E’ stata la prima volta. Con “Sfiorarsi” (diretto da Angelo Orlando) non ho avuto questa sensazione. Qualche anno fa ho scritto un altro film per e con Andrea Caccia, ma anche lì non ho sentito di volerlo dirigere…Non mi interessa la regia ad ogni costo.
Non so cosa succederà, mi piace stare nel presente, per cui per il momento cerco di continuare a scrivere.
Fare la regia (e produrre!) mi è piaciuto molto, è qualcosa che mi riguarda, e che mi viene. Come una cosa che mi scappa di fare, d’istinto. L’ipotesi di rivivere questa cosa mi piace, ma non avverrà a caso.

Come attrice, qualche nuovo progetto in ballo?
Al momento sto godendo del “fare la televisione”, gusto che non conoscevo se non grazie a partecipazioni sporadiche, e che sto scoprendo dopo 20 anni di teatro e cinema più o meno indipendente (“La meglio gioventù”, “Tutta la vita davanti”, “Caos Calmo”, ma anche film indipendenti o stranieri sconosciuti ai più). Con un personaggio così presente scopro i vantaggi della durata, il tempo per le invenzioni, il gusto di continuare a cercare per non ripetere, la conoscenza profonda del carattere, il rapporto prolungato con i compagni di lavoro…Con la televisione scopro la notorietà, quella cosa per cui improvvisamente tutti diventano gentili e sono curiosi di te e si sorprendono (oltre a volersi fare le foto che gli autografi non vanno più di moda)…
Adesso sto facendo questo, sto girando la sesta serie di “Squadra Antimafia”, mentre è appena andata in onda la quinta, che però è la mia prima. E interpreto un personaggio che mi diverte da pazzi.

A proposito di Veronica Colombo, quanto e come è diversa da te?
Veronica attacca pur di non essere attaccata. Io tendo a fare contrario, attacco prima me stessa pur di non scatenare il conflitto. E’ una donna attratta dal potere. Che poi ne abbia bisogno per superare delle tragedie o perché le crolla il mondo addosso è una sua questione, ma è attratta e cerca il potere. Io proprio per niente. Me ne starei isolata in campagna, lontana da tutto (come faccio spesso e con piacere). Non ho fascinazione né per il potere né per la popolarità. Lei è una che si candida a governatore di una regione. Io mi nascondo (e mi rivelo) dietro (e grazie) ai personaggi che interpreto. Detto questo, credo di aver dato a questo personaggio un’energia forte. E quella ce l’ho, è la mia, coincidiamo. Ho molta forza.

Tornando ai progetti in ballo?
Con Stefano Savona (David di Donatello l’anno scorso per “Piazza Tahrir”) ho iniziato a girare un film in India. Ci torneremo per continuarlo. E’ una produzione franco italiana, girato in francese, inglese, hindi e italiano, con attori indiani e con mia figlia (che non ha alcun interesse a fare l’attrice ma scelta dal regista ha accettato di venire). Molto forte la sensazione di recitare con lei. Interpretiamo due personaggi che hanno un rapporto conflittuale e siamo state complici nel lavoro. Improvvisamente, ti rendi conto che quelli che sono stati i tuoi conflitti non lo sono più e con la complicità puoi permetterti di raccontarli. Il titolo, provvisorio, è “La materia dei sogni”, non credo sarà finito prima del 2014…

Possiamo dire che per te l’anno si sta chiudendo in bellezza.
Decisamente. Ora sto doppiando la protagonista di un film che mi sembra bellissimo, uscirà tra poco, “The Broken Circle Breakdown” (titolo italiano è “Alabama Monroe”, una storia d’amore). E’ un film fiammingo, una coppia di attori quasi sempre in scena, bravissimi! Ho questa fortuna, di doppiare attrici brave in film che mi piacciono!

Certo che la televisione per te è arrivata al momento giusto, dopo aver costruito una carriera sulla qualità e su cose non troppo commerciali.
Ne parlavo proprio qualche giorno fa con qualcuno che mi chiedeva “ma non potevi farla prima la televisione?”.
Ma così ci sono arrivata solida, con la serenità di non cedere al rischio di “tirar via”, o di prendere cattive abitudini. La tv ha dei tempi, delle ristrettezze, un’approssimazione spesso…Eppure oggi la sensazione è quella di riuscire a lavorarci senza perdere la mia identità. A volte mi pare una prova: come quelli che riescono ad essere puliti ed eleganti anche dopo mesi di viaggio in posti luridi con un solo cambio di abiti. Mi piace misurarmi. E mi piace davvero interpretare un personaggio articolato così diverso da tutti quelli che mi sono stati proposti prima. Mi sto godendo i vantaggi di questo lavoro oggi, in un momento particolarmente bello della mia vita.

_______________________________________________________________________

2° Tempo
Valentina Carnelutti dopo la Premiazione

Ho letto il commento della giuria. E’ davvero fantastico!
Veramente commovente. Esagerato.

Ti sei rispecchiata in quello che hanno detto?
Completamente. Dire che mi sono rispecchiata però, risulta presuntuoso. Diciamo che hanno scritto quello che auspicavo di riuscire a mettere in scena. Non avrei mai sperato che potesse essere proprio così.

Come ti senti?
Sono felice e grata. La sensazione che prevale su tutte è la gratitudine. Non solo verso chi ha voluto guardare così attentamente il film e premiarlo ma soprattutto nei confronti delle persone che hanno lavorato con me. Nella preparazione, sul set…nei confronti di tutte le persone che hanno capito il mio essere coinvolta in questo progetto e mi hanno compresa, giustificata quando sono stata “altrove” da loro. Spesso sono tornata a casa e senza neanche togliermi la giacca o mettere su l’acqua per una pasta, mi sono concentrata sulle inquadrature, su un suono, su un dettaglio. Incollata al computer agli hard disk al piano di lavorazione…Gratitudine nei confronti degli affetti più vicini. Hanno capito che era importante e hanno accettato, e sostenuto.
Inoltre ho avuto la sensazione che venisse riconosciuto e premiato il lavoro. Ecco, non vorrei che fosse un evento “eccezionale”, nel senso che spero che nel nostro paese si valuti il lavoro, concreto, serio e meticoloso. Sento che è stato premiato quello, perché il film è il risultato di quello. Vorrei che accadesse spesso.

Questa vittoria cambia un po’ lo scenario delle cose? Prima mi dicevi che volevi continuare a fare l’attrice.
Le cose che ti ho detto prima sono valide. Voglio fare l’attrice e non l’ho mai messo in discussione. Questo film è venuto così, forse proprio perché il mio mestiere di attrice mi mette nella condizione di essere “piccola”, di riconoscere di essere un ingranaggio, un pezzettino soltanto, e quindi di riuscire a frammentare il film nei tanti pezzettini che lo compongono e dirigerlo…
Voglio continuare a fare l’attrice ma certo essere stata considerata capace come regista e avere avuto un riconoscimento qui mi regala una felicità inaspettata. Al di là del premio, le cose che mi hanno detto mi hanno proprio un po’ commosso e dato fiducia riguardo ai prossimi progetti.

Come passerai la giornata oggi?
Oggi mi sono svegliata con calma, e la sensazione è insolita, sono stati mesi senza pause.
La sensazione è un po’ quella del mercato quando se ne va, o il circo: rimangono il caos e gli odori nell’aria, le bucce per terra e la memoria di colori e giostra. Ripartirò dopo pranzo con calma. Farò qualche telefonata e soprattutto devo rispondere a quelle ricevute. Oggi riposo.

_______________________________________________________________________

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here