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Asia Argento: il mio personaggio dark aveva divorato me stessa

La nostra intervista ad Asia Argento al Giffoni Film Festival

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di Marilena Vinci

Fisicamente sembra la ragazza dark di sempre: capello nero corvino cortissimo, rossetto scarlatto e (numerosi) tatuaggi in vista, ma alla vigilia dei suoi 40 anni (che compirà il prossimo 20 settembre) Asia Argento sembra aver abbandonato il personaggio ribelle e trasgressivo a cui ci ha abituati, getta la maschera e rivela di aver maturato una nuova consapevolezza di sé. Da due anni non recita più e ci spiega diffusamente il perché prima di arrivare davanti al pubblico adolescente del Giffoni Film Festival, dove (sorprendentemente) si commuove guardando il video dei ragazzi che mostrano la loro ammirazione per lei.

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Sempre convinta della scelta di non voler più fare l’attrice?
Ho smesso di recitare perché arrivata a una certa età ho capito che bisogna fare le cose che si vuole e non si deve fare, le cose che ci rendono felici. E poi ad un certo punto mi sono resa conto di essere diventata troppo una mestierante. Non sceglievo più in base alla qualità dei copioni ma in base al tempo che potevo dedicare ai miei due figli e a quanto mi pagavano. Non mi mancano le proposte ma a me non va più di recitare.

Neanche se ti proponessero il ruolo della tua vita?
Non ho mai sognato un ruolo importante in particolare, non ero un’attrice ambiziosa né di talento, solo una donna con una personalità. Mi sceglievano per ciò che rappresentavo. I ruoli però non sono camice che si mettono e si tolgono, recitare è qualcosa di più profondo e interpretando per anni ruoli anche molto estremi, alla fine il confine diventa labile. Avrò fatto la prostituta cinquanta volte con tutte le variazioni sul tema. Il personaggio che mi ero creata per sopravvivere si era mangiata la vera me.

Stai dicendo che fare l’attrice ti ha danneggiata?
Recitare è stata una terapia perché da piccola ero timidissima, ma mi ha portato ad essere quella che non ero. L’attore non è un’artista è uno strumento e quando diventi attore nella vita e ti accorgi che devi pagare il biglietto per vederti e riconoscerti allo specchio ti rendi conto che sei andato troppo oltre.

Le critiche hanno avuto un peso?
Le critiche non vanno ascoltate, né quelle positive né quelle negative perché o ti gonfiano l’ego o ti riempiono di risentimento. Io ho fatto l’attrice perché volevo attenzione, volevo che le persone mi amassero. Volevo essere un supereroe.

Cosa vorresti emergesse di te che finora non si é visto?
Non sono certa di voler mostrare qualcosa. Un tempo volevo affermare di essere qualcuno, di essere importante, ora non sento più questo bisogno. Se dal mio lavoro emergerà qualcosa di me bene, ma non sarò più io a mettermi un’etichetta.

Ti è costato questo cambiamento?
Mi sarebbe costato non cambiare. Quello in cui stavo era diventato un vestito troppo stretto.

In questo percorso hanno avuto un ruolo i tuoi figli?
Provo pudore a parlare di loro e del nostro rapporto, forse perché so cosa vuol dire essere “figlia di”. Per quanto sia fiera dei miei genitori e di tutto ciò che mi hanno insegnato, essere un figlio d’arte è faticoso. Io ho vissuto pregiudizi e invidie da parte dei miei coetanei, frutto dell’ignoranza, del non capire che quella era la mia vita normale e io non ne conoscevo un’altra. Ecco perché preferisco non parlare dei miei figli.

Nel tuo futuro che carriera vedi?
Spero quella della regista. La regia racchiude tutto ciò che amo, scrittura, costumi, musica, fotografia, è un po’ un pasto completo, però non sono una regista che sforna un film all’anno.

Sappiamo che stai scrivendo il tuo prossimo film, puoi anticiparci qualcosa?
No. Sono una di quelle persone che fanno le cose e poi ne parlano, altrimenti temo che non si avverino.

Il tuo ultimo film “Incompresa” ha incassato molto poco al box office italiano ma è stato apprezzato dalla critica internazionale al Festival di Cannes. Lo consideri un successo?
Dipende come vedi il successo. Per me è riuscire a fare un film d’autore senza compromessi. Dipende dai sogni che hai da bambina, il mio non è mai stato quello di essere ricca. A me non importa che il film non incassi, ma averlo potuto fare, essermi espressa.

In Italia molte tue colleghe denunciano spesso la difficoltà di lavorare in un ambiente maschilista, sei d’accordo?
Le colleghe donne si lamentano sempre di quanto sia difficile trovare spazio. Secondo me è un disperdere delle energie che invece si dovrebbero utilizzare per fare progetti. Ci sono mille ghetti, sessuali, religiosi, razzisti, sta a noi non sentirci parte di questi ghetti e creare. Il risentimento ti blocca in un loop che non permette di vedere il mondo.

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