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Paolo Calabresi, un avvocato tra due donne scatenate

La nostra intervista a Paolo Calabresi

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di Ivana Calò

La premessa da fare è che c’è un elenco di cose che ho imparato intervistando Paolo Calabresi: 1. si supera sempre il tempo che si ha a disposizione perché è estremamente piacevole ed interessante; 2. si ride tantissimo; 3. non ci si prende troppo sul serio; 4. si impara sempre qualcosa, sulla recitazione, sul cinema, sul teatro e forse pure sulla vita. Questa volta, mi ero ripromessa di mantenere un tono serio. Ovviamente, il tentativo è stato vano.

E’ impegnatissimo, coinvolto in numerosi progetti tra cinema e teatro. Dal 14 aprile lo vedremo al cinema al fianco di Margherita Buy e Claudia Gerini in “Nemiche per la pelle” per la regia di Luca Lucini. Paolo Calabresi interpreta un avvocato.

E’ l’unico attore italiano in “La corrispondenza” di Giuseppe Tornatore, al fianco di Jeremy Irons e Olga Kurylenko. E ancora, dal 21 al 24 sarà in scena al Teatro Nuovo di Verona con “Nudi e Crudi”, spettacolo teatrale di Alan Bennett con traduzione e adattamento di Edoardo Erba, per la regia di Serena Sinigaglia. Lo spettacolo ha esordito lo scorso gennaio passando anche per l’Ambra Jovinelli di Roma.

Infine, è tra i protagonisti di “Se mi lasci non vale”, la commedia di Vincenzo Salemme nelle doppie vesti di attore e regista, con Carlo Buccirosso, Serena Autieri e Tosca D’Aquino.

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Mi sono ripromessa di fare un’intervista seria questa volta, quindi diamoci un tono. Allora, visto che ultimamente ti abbiamo visto impegnato in tante cose, ti faccio la domanda al contrario: chi non stai interpretando in questo momento? Scherzi a parte, procediamo per gradi per non fare confusione. “Nemiche per la pelle”, che uscirà il 14 aprile, in cui interpreti un avvocato.
Intanto, facciamo in modo che l’intervista non degeneri come al solito (imposta la voce, ndr). In “Nemiche per la pelle” interpreto un avvocato, una persona raziocinante, e sono l’unico legame tra due donne scatenate (Margherita Buy e Claudia Gerini), colui che cerca di ricomporre la loro questione provando a farle ragionare; ma è impossibile perché entrambe sono crudeli. Un po’ di pace arriva quando entrambe si affezionano al bambino adottivo lasciato dall’uomo amato da entrambe, che viene a mancare. Io divento la valvola di sfogo su cui si scatenano le ire ma, alla fine, risolvo la situazione.

Cosa puoi dirmi del progetto?
E’ una bella commedia che ho avuto la fortuna di fare. Non posso anticiparti più di quanto ti ho detto ma sembra che si stia andando verso una bella direzione della commedia italiana, come sappiamo farla noi. E’ anche vero che facciamo solo commedia ancora, a parte quei pochi eletti che possono fare quello che vogliono, ma si vede che deve andare così. L’importante è fare tutto con intelligenza.

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Parliamo invece de “La corrispondenza”, unico interprete italiano nel cast. Cosa puoi dirmi sul progetto e sul tuo personaggio?
Interpreto Ottavio, un marinaio pescatore di lago, un traghettatore che ha il compito di trasportare, a bordo della sua barchetta, Amy (Olga Kurylenko) dalla zona reale a quella misteriosa e metafisica, a metà tra cielo e terra, su un’isoletta dove Jeremy Irons andava a lavorare prima di scomparire. Il mio è un ruolo particolare all’interno di un film particolare. E’ una specie di matto del villaggio che ricorda lontanamente un altro personaggio di Tornatore, quello che in Nuovo Cinema Paradiso diceva “E’ mia la piazza. E’ mezzanotte e devo chiudere la piazza”, anche se quel personaggio aveva un’esigenza più terrena. Invece, questo mio personaggio non ha esigenze, è appunto metafisico. Tornatore mi diceva: “Prova a guardarmi come se non mi vedessi, attraversami con lo sguardo”. Avremmo anche voluto mettergli un occhio bianco, come un occhio offuscato. E’ stato un piccolo ruolo che però ricorderò sempre perché molto intenso, puro.

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Cosa puoi dirmi di questa esperienza proprio come metodo di lavorazione in senso stretto. Come ti sei trovato a lavorare con un cast internazionale?
Hai la sensazione di spostarti in una dimensione cinematografica senza tempo. Sia in senso letterale, perché il regista ti lascia tutto il tempo per tirare fuori il personaggio e le sue sfumature, sia nella meticolosità della ricerca di cose che, magari, nell’inquadratura non vedrai neanche, ma che servono a rendere l’atmosfera giusta. Un’esperienza incredibile, davvero piacevole. Questa stessa sensazione l’ho provata solo molti anni fa quando ho lavorato con Giorgio Strehler. Anche lui aveva un’attenzione maniacale per i particolari, che sembrano assurdi e invece servono, a patto che non diventino una nevrosi come imposizione del proprio status professionale nei confronti della troupe e degli attori. Tornatore, ad esempio, ha un’umiltà tale che lo confondi con uno delle maestranze. Sul set se ne stava lì con il suo impermeabile. “La corrispondenza”, è un film acquatico, lagunare, con la pioggia. Lui se ne stava lì, riflessivo, senza nessuna esigenza di dover affermare il proprio ruolo di direttore dei lavori.

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Poi un bel cast davvero. Personalmente, nutro una grande stima per Jeremy Irons.
Sì vabbè, chiamiamola stima. Dai, diciamo la verità. Ha 73 anni sì, ma è un gran fico. A differenza di Olga Kurylenko, che è giovane e che io ho avuto la fortuna di portare in barchetta. Anzi, “la mia barchetta” per dirla come il pazzo di “Nuovo Cinema Paradiso”. Insomma, dovevamo girare una scena sulla barchetta e ad un certo punto il motorino si è rotto, quindi siamo rimasti in attesa di risolvere il problema, ma nel frattempo la corrente ci portava lontano ed eravamo solo io e lei su questa benedetta barchetta. La troupe ha pensato che io volessi scappare con lei, e l’avrei anche fatto, ma lei non era d’accordo (ride, ndr). Ci allontanavamo sempre di più e la vedevo preoccupata; alla fine sono venuti a recuperarci con un motoscafo.

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Come è nata la collaborazione con Tornatore?
Molto curiosa, non ho fatto il provino ma è arrivata direttamente la proposta. Quando ho accettato, lui stava già girando a Londra delle scene con Jeremy Irons. Mi ha chiamato il suo aiuto regista e me lo ha passato. Mi ha raccontato cosa si aspettava da questo personaggio, dicendomi che avrei potuto farlo solo io, vista la mia capacità di rendere le cose lontane dalla realtà. E le sue parole mi hanno meravigliato. Ad un certo punto mi ha citato un film che ho fatto. Io credevo mi stesse citando, non lo so, “I Viceré”, oppure “Smetto quando voglio”, invece mi fa: “Dai mi riferisco a quel film, come si chiama? Quel film che hai fatto, dove eri tutto tatuato, coi capelli lunghi”. Stava parlando di “Un Natale stupefacente”. Capisci la grandezza? Noi non abbiamo ancora capito come si fa il cinema in Italia. Acquistiamo dei crediti e li usiamo subito per metterci su un piedistallo. Se non restiamo al primo livello, non ci arriviamo neanche allo scalino successivo. Comunque le sue parole mi hanno fatto piacere. E’ molto più difficile dare credibilità a personaggi creati male, a luci smarmellate, a ruoli scritti male. E’ molto più difficile fare “Gli Occhi del Cuore”. Poi non voglio citare soap opera di una certa levatura (ride, ndr).

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Passiamo invece a “Nudi e crudi”, lo spettacolo teatrale con il quale sei in scena.
Sta andando veramente bene. E’ la storia di due gran signori inglesi che tornano una sera dall’Opera e trovano la casa svuotata. Pensano ovviamente ad un furto ma, per una strana beffa, scopriranno poi che si tratta di un errore, un trasloco sbagliato. Ma per tutto il tempo in cui vivono il trauma del furto e ricercano i loro oggetti, il loro rapporto si ribalta completamente. In lui provocherà una crisi e in lei una rinascita.

Si parla sempre di progetti in cui si va a scavare nei senitmenti umani, mi par di capire.
Sì, in teoria qualsiasi tipo di rappresentazione dovrebbe essere la rappresentazione di un sentimento umano, anche film come “Un Natale stupefacente” racchiude dei sentimenti umani molto forti; anche Biascica (personaggio  di “Boris”, ndr) ha dei sentimenti umani fortissimi. Il segreto è non pensare che stai facendo un film comico quando fai un film comico, e non pensare che stai facendo un ruolo drammatico quando sei in un film drammatico. Il segreto è cercare di essere credibili e basta. Poi ci pensano il regista e la sceneggiatura a dare un colore a quello che tu fai.

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Tornando a “Nudi e crudi”, come sta rispondendo il pubblico e com’è la realtà teatrale in Italia oggi?
A me sembra che il pubblico nutra anche più interesse verso il teatro rispetto agli anni passati. Di fatto, c’è meno crisi nel teatro che nel cinema. E la crisi che c’è, riguarda piuttosto le strutture e i finanziamenti, la distribuzione delle risorse. E’ un discorso politico ed economico che ruota intorno ai grandi dinosauri che si accaparrano tutto quello che c’è. Mentre dal punto di vista della spinta del pubblico, i teatri sono pieni quando fai qualcosa che vale, più di quanto si riempiono le sale con un bel film.

E’ la prima volta che lavori con Maria Amelia Monti?
Lei è totalmente pazza. E’ senza filtri e per questo ci viene bene lavorare insieme. In realtà, ci eravamo conosciuti sul set di “Distretto di Polizia”, l’ultima serie prima della chiusura. Praticamente l’abbiamo ammazzata noi. E facevamo coppia perché eravamo i due nuovi poliziotti. Ora a teatro abbiamo ritrovato la stessa sinergia e siamo entrambi giusti per questi ruoli. Io sono un signore inglese, contenuto e rigido. E lei è una donna che ha sempre detto di sì al marito. Improvvisamente, le circostanze stravolgono un equilibrio e cambia la vita di entrambi, soprattutto quella di lei. Comincia a vivere.

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Passando a “Se mi lasci non vale”. Interpreti un personaggio che porta il tuo nome, come vuole la commedia, con un maestro della commedia.
Sono sempre emozionato a parlare di questo film, perché non immaginavo che avrei avuto un’esperienza così positiva con Vincenzo Salemme. E’ un uomo di spettacolo preparatissimo, con una cultura enorme. Non credevo che mi avrebbe arricchito, anche a livello personale, in questo modo. Sa tirare fuori una malinconia di sottofondo pur rimanendo leggero e comico. Trovo che sia un film delicato d’amicizia, più che d’amore. E trovo molto dolce la storia di questi due 50enni che, abbandonati dalle rispettive donne, ingegnano uno stupido piano adolescenziale per fargliela pagare. Ovviamente, il piano si rivelerà fallimentare perché uno dei due si innamora sul serio, ovviamente sono io, e manda tutto all’aria.

Poi con Buccirosso, che gli vogliamo dire a Buccirosso.
Che è il migliore attore italiano, e lo dico senza timore. Straordinario, di una precisione nell’intenzione, una chiarezza in tutto. Fa resuscitare i sassi. Anche in scene con problematiche strutturali, riesce sempre a trovare la chiave giusta. E’ stato un trio inedito il nostro, e ci siamo trovati bene. All’inizio avevo un po’ paura di entrare in un universo di comicità nuovo per me e diverso da quello che potevo proporre. Vincenzo postava delle foto sulla sua pagina facebook, che tra i follower ha uno zoccolo durissimo di fan napoletani, e tutti commentavano “Ma dove sta Maurizio Casagrande, vogliamo Maurizio” e io l’ho trovata una cosa straordinaria. Giustamente il suo pubblico si domandava “Ma chi è sto romano”? Invece ha fatto un film universale, un film italiano.

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Nel frattempo, c’è sempre “Zio Gianni”.
Quest’anno Zio Gianni esce più di casa e ha delle avventure, non solo sentimentali. Inizia ad uscire fuori la testa. In realtà, lui è un super eroe, con il potere di sapersi adattare a quello che la vita gli ha lasciato, anzi, quel poco che gli ha lasciato. E’ un po’ una sorta di Wile E. Coyote. Ogni volta che inizia una nuova puntata, proprio come il Coyote, lui ci crede ogni volta. In fondo, il messaggio che c’è dietro è forse il senso della vita. Zio Gianni non fa più di quello che può e rende piacevole la sua vita con quello che ha.

Parlavamo prima della tua capacità di passare in personaggio in personaggio. Che ti manca?
Non lo so, con Vincenzo Salemme sono contento di aver fatto la parte di un innamorato, una parte sentimentale. Tutto quello che è inesplorato per me è valido. Non ho un ruolo definito che vorrei interpretare; mi piacerebbe portare al cinema un aspetto della mia vita personale. Mi piacerebbe portare il trasformismo, che è quello che ho sempre fatto. Vorrei poter interpretare un personaggio che ha come caratteristica quella di essere un po’ Zelig. Ma bisogna trovare la persona giusta che lo scriva o con cui scriverlo, e con cui metterlo in scena.

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