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Cecilia Dazzi: “Per quanto uno possa essere artista, siamo tutti un po’ borghesi e legati alle comodità”

La nostra intervista all’interprete della serie tv “La Porta Rossa”

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di Ivana Calò 

L’abbiamo vista nei panni di Giada in “Una Pallottola nel Cuore 2”, al fianco di Gigi Proietti, Paola Minaccioni e Francesca Inaudi. Poi ha interpretato la mamma di Leo nel terzo atto di “Braccialetti Rossi” e ora la stiamo vedendo in “La Porta Rossa” (dal 22 febbraio su Rai 2), per la regia di Carmine Elia e la sceneggiatura di Carlo Lucarelli. Cecilia Dazzi si è calata in un personaggio difficile, come quello di Eleonora Pavesi, al fianco di Lino Guanciale, Gabriella Pession, Valentina Romani e Alessia Barela. Nata dalla collaborazione tra Rai Fiction e Vela Film, la serie sta riscuotendo grande successo da parte del pubblico.

Raggiungo Cecilia al telefono ed è subito amore. “Ah, sei tu? Non aspettavo la tua chiamata”, mi dice con voce ironicamente impostata. Poi scoppia a ridere. Comprendo immediatamente che sarà una bella intervista, una di quelle chiacchierate che faresti con un’amica davanti ad un caffè.

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Parlami subito di Eleonora Pavesi, il personaggio che interpreti in “La Porta Rossa”, in onda su Rai 2 dal 22 febbraio.
È un’anima disidratata. È una donna costretta a rinunciare a tutto e a diventare un’eremita. Ha rinunciato alla gioia, all’amore, al divertimento, alla famiglia, agli amici, proprio a tutto, per sopravvivere.

So che è un personaggio difficile.
Da un lato molto duro, dall’altro molto fragile. Ha temuto di essere pazza e poi ha capito di non esserlo. Però per salvaguardare le persone amate ha dovuto agire senza mezzi termini, rinunciando a tutto davvero. Si è imbruttita totalmente.

Quindi sei anche cambiata fisicamente per questo ruolo?
Ho perso due taglie in tre mesi facendo un lavoro molto faticoso sul personaggio.

Come ti sei preparata? Immagino che entrare in un ruolo del genere vada un po’ controcorrente rispetto alla fase che stai vivendo in questo momento: la gioia della maternità, la serenità…
Ho creduto di non poter avere quell’atteggiamento estetico rispetto alla tranquillità borghese come può essere la mia. Perché, per quanto uno possa essere artista, siamo tutti borghesi e abituati alle comodità. A chi non piace averle? Ho fatto una di quelle diete che un po’ ti mettono in sofferenza. Ho fatto tanta attività fisica, prepugilistica tutti i giorni ad esempio. La faccia sembrava massacrata. Mia madre era preoccupata, però per il ruolo era perfetto e non avrebbe avuto senso interpretarlo sembrando io, sarebbe risultato finto.

Hai avuto modo di rivederti?
Sono sempre iper critica ma a giudicare dall’amore che il regista mi manifesta e la reazione delle persone che hanno visto il mio personaggio, direi che abbiamo tutti fatto un buon lavoro perché insieme al mio c’è quello di Carmine Elia, che è un uomo strepitoso, innamorato del suo lavoro, quindi tarato al millimetro. Ti muove esattamente dove e come vuole ed è il desiderio di tutti gli attori.

Quindi è meglio quando un regista è dettagliato nel risultato che vuole ottenere da un attore, piuttosto che lasciare spazio nella costruzione?
A me piace molto quando il regista ti chiede delle cose in particolare o una trasformazione. Credo che sia il sogno di tutti, il sogno americano del “ti prendo e ti trasformo”. Vengono fuori naturalmente anche a te delle cose più belle, altrimenti si mischia troppo con quella che sei. Poi c’è momento e momento e anche il genere fa la differenza. Nella commedia divertente ci sei anche tu dentro, ovviamente. Inoltre, “La Porta Rossa” è anche scritto molto bene. Lucarelli ha delineato un personaggio che un attore si augura che gli arrivi.

E affronta anche il tema del soprannaturale, che per un progetto da prima serata è abbastanza “innovativo”.
È un progetto che va controcorrente perché non è rassicurante. È una serie livida, girata tutta di notte. È la storia di un commissario che viene ucciso e che decide di non attraversare la porta che lo farebbe accedere all’aldilà. È un’anima che resta sulla terra perché sente che non se ne vuole andare, ha delle cose in sospeso e deve indagare sulla propria morte. E nel corso di ogni puntata, tu spettatore fai l’indagine insieme a lui. Lui setaccia i presunti o inaspettati colpevoli, con un’attitudine conflittuale e con una moglie molto forte (Gabriella Pession). Quindi lui non può andare via perché ha qualcosa in sospeso anche con lei. Ma nel frattempo, lui che è piombato nella trasparenza più totale, incontra una ragazza che riesce a vederlo, ritrovando una connessione con la vita e con la materia. Attraverso questa ragazza gli si aprono delle possibilità di indagini interessanti. È questa ragazza (Valentina Romani) ha una famiglia a cui io sono legata.

Cosa mi dici del cast?
Che è strepitoso, uno più “marcio” dell’altro (ride, ndr).

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Il fatto che sia stato girato di notte, mi lascia presupporre una fotografia “chiusa”.
Carmine aveva le idee molto chiare da principio. Per lui era fondamentale creare l’atmosfera che aveva in testa, in cui ad esempio si vede in lontananza il mare con una lucina. È molto testardo ed era bello sentirlo gridare “Cioccolata!”, che vuol dire “ottimo”. È uno di quei registi che se ti dice: “Buttati nel fuoco”, tu ti ci butti perché se gli fai la scena come dice lui, niente ti ripaga come la sua “Cioccolata!”. E tutti diamo il massimo per sentircelo dire.

Interessante che sia un progetto da prima serata.
È stata comprata dai francesi, il che è una cosa molto speciale per una seria italiana. Siamo tutti curiosi di vedere come reagisce il pubblico italiano. Non è un progetto rassicurante e ovviamente noi siamo tutti coinvolti in prima persona. Inoltre, voglio aggiungere una serie di banalità ma sono sincera. È bello lavorare con dei colleghi che, come te, credono in una cosa e non si vergognano a mostrare e a tirar fuori delle cose non previste per vedere che succede, e scoprire che la scena funziona ed è molto più profonda di quello che credevamo. Abbiamo fatto una scena con Valentina Romani e Alessia Barela, molto bella veramente. Lei e Valentina hanno un rapporto profondo, proprio nella realtà, e sono riuscite a tirar fuori una sinergia particolare. E quando ero con loro sentivo questa cosa, e mi hanno “accolta”. In realtà, l’accoglienza è stata reciproca con tutti devo ammettere. Anche con Gabriella e Lino. Siamo tutti contenti. Ho vissuto il senso della misura in tutto e tutta la baracca ha un suo equilibrio.

Ti sento davvero entusiasta.
In generale, non sopporto la lamentela su nessun fronte perché non la comprendo proprio. Se non sei soddisfatto di qualcosa, fai qualcosa. Se la lamentela è fine a se stessa, mi viene da dire: “Apprezza quello che hai e non darlo mai per scontato”. Spesso non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo.

Come è cambiata la tua vita negli ultimi tre anni?
È migliorata e si è complicata al contempo. Ho i termometri umani che ti ricordano tutti i giorni chi sei (si riferisce ai suoi due gemelli, ndr). Si svegliano ridendo e io penso “speriamo di non rovinarli”. Come faranno a ridere sempre, poi? Avere un figlio è uno stravolgimento. Quando non riuscivo ad averli mia mamma mi diceva: “Guarda che non è obbligatorio”. Infatti non è obbligatorio. È una cosa particolare, bellissima, un’angoscia meravigliosa, un gioioso ergastolo. Non sei più libera e non esisti solo tu. Ti cambia moralmente.

Forse ti dà il senso della misura sulla vita, cioè non dai più importanza a tante cose frivole.
Sì, a parte un pomeriggio intero appena passato a fare shopping per loro, tra Batman e Guerre Stellari, direi di sì (ride, ndr). Seriamente, certe cose non le capisci più o comunque non ne hai più il tempo. Diventi una specie di monaca di clausura un po’ pornografica.

Hai altri progetti in ballo e cosa vedi nel tuo futuro?
In primavera ho un progetto con Roberto Mercadini, un attore romagnolo strepitoso, in teatro. Una serata a Cesena sulla comunicazione che sta scrivendo. Trovo che lui sia speciale. Per il resto, non so cosa ne sarà di me.

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