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La “sconfinata giovinezza” di Pupi Avati

A 71 anni Pupi Avati racconta l’amore con la A maiuscola: un sentimento incurante del tempo che passa e forte come una roccia, capace di resistere anche ad una malattia terribile che rende estranei. In “Una sconfinata giovinezza”, nelle sale da questo weekend dopo essere stato escluso dal concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il regista emiliano affronta il difficile tema della malattia usando il morbo di Alzheimer come spunto di narrazione per “la prima vera storia d’amore” della sua carriera, come dice lui stesso.

PUPI AVATI, FABRIZIO BENTIVOGLIO - intervista (Una sconfinata giovinezza) - WWW.RBCASTING.COM

La storia è quella di Lino e Chicca, una solida coppia di coniugi di mezza età sposata da 25 anni, il cui unico cruccio è quello di non aver potuto avere figli; quando Lino si ammala di Alzheimer, inizia tra i due un toccante percorso di allonatanamento tra un uomo perso nel suo passato infantile e la sua donna che, rifiutando di abbandonarlo, decide di rimanergli accanto nel suo processo regressivo.

FRANCESCA NERI - intervista (Una sconfinata giovinezza) - WWW.RBCASTING.COM

Nel cast il sempre ottimo Fabrizio Bentivoglio, Francesca Neri, Lino CapolicchioSerena Grandi, Manuela Morabito e, per il suo ultimo film, Vincenzo Crocitti, morto recentemente.

Eccessivamente ingessato in un gusto un po’ troppo borghese e perso tra continui ed altelenanti flashback, pur non essendo perfetto il film di Avati, che ha anche molti elementi autobiografici nei continui rimandi all’infanzia (dalla morte in un incidente del padre al primo gioco sessuale), ha sicuramente il merito dell’originalità, nell’usare come pretesto narrativo una patologia che affonda nei ricordi e dà origine alla nostalgia che pervade il film, e quello di sensibilizzare sul morbo dell’Alzheimer emozionando ma senza forzare la mano ricorrendo a facili sentimentalismi.
L’amore col tempo si trasforma da coniugale a materno e dà ai due protagonisti quello che non hanno mai avuto: un figlio. Regredendo allo stato infantile Lino diventa, quasi fiabescamente, il bambino che Chicca non ha mai avuto, chiudendo una sorta di cerchio della vita in cui si torna ad essere ciò che si è stati con il risveglio della nostra primitività, fatta anche di imbarazzante spontaneità, vulnerabilità e tenera innocenza.

“Una sconfinata giovinezza” è in 200 sale dall’8 ottobre distribuito da 01.

Si ringrazia l’Ufficio Stampa Studio NOBILE SCARAFONI

UNA SCONFINATA GIOVINEZZA di Pupi Avati - conferenza stampa - WWW.RBCASTING.COM

Alcuni commenti della critica:

“A forza di voci narranti, dialoghi esplicativi, flashback virati seppia, musiche invadenti, sembra sempre che i sentimenti siano incorporati nelle immagini. A un buon film chiediamo solo di raccontare, con pudore e nitore. I sentimenti ce li mettiamo noi”.
Fabio Ferzetti – Il Messaggero

“(…) il tutto è ampiamente prevedibile e anche gli attori sembrano recitare oberati dalla tristezza del film”.
Alberto Crespi – l’Unità

“Il film (…) non ‘abbellisce’ la malattia, ne mostra anche gli aspetti più imbarazzanti e dolorosi e tuttavia la perdita di ragionevolezza permette a Lino di risvegliare, stanare, il bambino dimenticato dentro di sé”.
Il Riformista Michele Anselmi

“(…) buone prove attoriali – al netto di trucco e parrucco a effetto invecchiamento e difetto verosimiglianza – aiutano, ma il ping pong tra il presente drammaticamente assente e il passato (in)felicemente presente di Lino è giocato su campi incongrui, con la palla ineluttabilmente – letterale – destinata al net, il filo drammaturgicamente scoperto di alte ambizioni, pregevoli intenzioni ed esiti insufficienti. In altre parole, il retroterra memoriale è quello autobiografico di Pupi, l’hic et nunc quello di un personaggio, Lino, che mal vi si attaglia: la crasi è dunque più sconclusionata che sconfinata”.
Cinematografo Federico Pontiggia


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