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Gangor, un messaggio per tutte le donne

ROMA – “Gangor non è solo una storia indiana, potrebbe accadere in tanti Sud del mondo. Spero che tutte le donne ne traggano uno stimolo: mai rassegnarsi alla mortificazione del corpo, ma lottare sempre per la propria dignità”. Il cuore del film di Italo Spinelli, passato in concorso al Festival di Roma, è tutto nelle parole della scrittrice indiana Mahasweta Devi, venuta in Italia per la presentazione della pellicola. “Gangor”, questo il titolo, è ispirato a un suo racconto, “Dietro il corsetto”, che nasce da una storia vera. Ma per i temi scottanti toccati e una nudità femminile non bene accetta in certi ambienti fondamentalisti, in India rischia la censura. “Se succederà andremo a Delhi a reclamare i nostri diritti”, chiosa battagliera la scrittrice ottantaquattrenne, che da sempre lotta per i diritti delle donne.

ITALO SPINELLI - intervista (Gangor) - WWW.RBCASTING.COM

Il dramma di Gangor (Priyanka Bose), bellissima donna di Purulia (villaggio del Bengala occidentale), ha inizio con una foto sbagliata – lei a seno nudo che allatta il suo bambino – rubata dal fotografo Upin (Adil Hussain). L’immagine finisce in prima pagina: vorrebbe essere il simbolo della femminilità da proteggere, ma si trasforma in una bomba a orologeria che distrugge la vita della ragazza. Ripudiata dal marito, derisa e insultata dalla comunità, perde il lavoro e subisce uno stupro di gruppo dai poliziotti del luogo. Costretta a prostituirsi per vivere, prende in mano il coraggio e denuncia i suoi aguzzini. Nel processo andrà fino in fondo, nel nome di quella dignità che sempre le è stata negata.

Prima coproduzione italo-indiana, il film è lontano dalla Bollywood colorata che siamo abituati a vedere. “I luoghi sono quelli del racconto – spiega il regista – volevo descrivere un Paese reale, lontano dai suoi aspetti esotici”. Sotto l’occhio attento di Spinelli c’è il confronto tra la società indiana contemporanea e quella tribale, ma anche il lavoro di certi media che spesso, in nome dello scoop, finiscono per nuocere chi dovrebbero proteggere. “Le intenzioni di Upin sono buone – dice l’attrice protagonista – il problema è che non pensa alle conseguenze delle sue azioni. Così Gangor è condannata allo stesso destino dei protagonisti di ‘The Millionaire’: dopo l’Oscar i riflettori si sono spenti e loro sono tornati a vivere nella miseria”. Merito principale del film, ben girato ma non straordinario, è quello di mostrare un’India rurale poco conosciuta con il valore aggiunto di un messaggio che ha un senso anche da noi. “Spero che Gangor sia un esempio per le donne italiane – conclude il coproduttore Angelo Barbagallo – perché abbiano uno scatto d’orgoglio per tutto quello che sta succedendo”.

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