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“Noi credevamo”, con Martone la speranza di un’Italia migliore

Chi nello scorso week end ha scelto di andare a vedere “Noi credevamo” di Mario Martone e non si è organizzato per tempo, ha avuto seri problemi per reperire i biglietti. Io stessa, dopo aver saputo che la distribuzione prevedeva solo 30 copie in tutta Italia (ma il film è costato 6 milioni di euro), mi sono convinta che sarei finita in una sala d’essai semi deserta. Niente di più sbagliato. A Roma lo davano in quattro cinema: nel primo sono arrivata appena in tempo ma i posti erano esauriti già da mezz’ora, il secondo l’ho raggiunto con quarantacinque minuti di anticipo e, dopo una coda di quindici, ho trovato due poltrone in prima fila. Eppure sono stata fortunata: a sentire la cassiera, nella proiezione precedente due signori sono arrivati alle mani per un biglietto.

Il boom nelle sale. L’indomani, sfogliando i giornali, mi sono accorta che la stessa scena si è ripetuta in tutte le poche fortunate città. Proiezioni esaurite ovunque, con code fuori dai cinema e centralini di prenotazione in tilt. Risultato: il kolossal del regista napoletano ha ottenuto la più alta media per sala (4mila 288 euro), incassando in tutto 127mila euro e battendo, in questa speciale classifica di Cinetel, i più pubblicizzati “Maschi contro femmine” e “The social network”.

Le copie e i cinepanettoni. Che dire? A quanto pare il direttore generale di Rai Cinema Paolo Del Brocco (il film è prodotto con il contributo della tv di Stato e distribuito da 01), quando ha giustificato le poche copie  dando la colpa ai “giovani che vanno a vedere solo i cinepanettoni” si sbagliava. E menomale. Rincuora sapere che in Italia c’è ancora qualcuno che ama “pensare” e ha voglia di godersi un prodotto ben fatto con un cast magnifico (tra gli altri Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Toni Servillo, Francesca Inaudi, Anna Bonaiuto, Michele Riondino e Luca Zingaretti) su un tema ancora tanto attuale.

La riflessione sull’oggi. Perché “Noi credevamo” non è solo un bellissimo affresco del Risorgimento costruito sul percorso di tre patrioti del Cilento, è soprattutto una riflessione sull’oggi, su come i disagi che viviamo ogni giorno siano la conseguenza di un’unità malata dalle fondamenta, figlia di un contrasto atavico tra Nord e Sud, conservatori e rivoluzionari, monarchici e repubblicani. Quando nel discorso finale Luigi Lo Cascio, interprete dell’unico dei tre che riesce a vedere il Paese finalmente unito, parla di una nazione “gretta, superba e assassina”, si riferisce più al presente che all’Ottocento. La conferma arriva dallo stesso Martone che, senza peli sulla lingua, dichiara: “l’Italia è gretta come le 30 copie, superba come la frequentazione di Putin e compagni simili, assassina come le stragi mai chiarite”.

Il giuramento. Ma veniamo al film. Tra le prime scene c’è il giuramento alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini da parte dei tre giovani rivoluzionari (i promettenti Andrea Bosca, Edoardo Natoli e Luigi Pisani), personaggi di fantasia ripresi dalle biografie di  tre figure minori del Risorgimento. A Roberto Saviano l’idea è piaciuta così tanto che ha aperto la prima puntata di “Vieni via con me” con la stessa dichiarazione di fedeltà a certi ideali. Dunque, partendo dal Sud del 1828 devastato dalle repressioni borboniche, la pellicola segue le vite dei tre ragazzi: quattro episodi di storia italiana fino al 1862, dai moti dei contadini all’esilio a Londra e a Parigi, tra rigore morale e pulsione omicida, carcere e clandestinità, illusioni e disillusioni politiche.

La recensione. Il “Noi credevamo” del titolo è preso in prestito dal libro di Anna Banti sul nonno cospiratore e si riferisce alla speranza di un’Italia migliore, speranza che alla fine il personaggio di Lo Cascio vedrà dissolversi miseramente in un Parlamento popolato di ombre. Tanti i meriti del film che Martone ha scritto con Giancarlo De Cataldo: dall’attenta ricostruzione storiografica (fatti, ambienti, costumi: tutto perfetto) alla raffinata colonna sonora (le musiche più intimiste di Verdi, Rossini e Bellini dirette dal Maestro Roberto Abbado), dall’alto livello di recitazione che ha riunito il meglio del cinema e del teatro contemporaneo all’uso magistrale di lingue e dialetti. Il risultato è un’opera emozionante e meravigliosa.

La notizia. Mentre scrivo arriva la decisione di 01: da venerdì prossimo le copie diventeranno 55. Certo per un film come questo è ancora poco. Ma la speranza muore sempre per ultima e “noi crediamo”, scrive De Cataldo sull’Unità.

Alcuni commenti della critica:

“Il potente film di Martone prosegue idealmente la strada di Visconti, Taviani e Rossellini. (..) E un cast magistralmente sintonizzato, parlando in bellissimi dialetti e linguaggi, s’impone collettivo”.
Maurizio Porro, Corriere della Sera

“L’unico capolavoro uscito dal’ultima Mostra di Venezia”.
Curzio Maltese, la Repubblica

“Un’opera corale e potente che si avvale di un cast di qualità e di una lunga ricerca storica e letteraria”.
Maurizio Caverzan, Il Giornale

“Noi credevamo è magnifico”.
Alberto Crespi, L’Unità

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