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“Corpo celeste”, l’esordio di Alice Rohrwacher

Alice Rohrwacher, documentarista ventinovenne sorella dell’attrice Alba, giura che “Corpo celeste”, sua opera prima presentata alla Quinzaine di Cannes (dal 27 maggio nelle sale italiane con Cinecittà Luce), non è un film di denuncia. “Non volevo offendere la Chiesa – ha detto la regista sulla Croisette – anzi, sono un’ammiratrice di padre Giacomo Panizza delle Comunità Progetto Sud e se dovessi scegliere tra Chiesa e tv, per mia figlia Anita che sto crescendo come atea, direi Chiesa”. A vederlo però, “Corpo celeste” sembra proprio un film dai contenuti anticlericali (e per questo ha suscitato qualche polemica): c’è un prete di periferia pronto a utilizzare il voto di scambio per fare carriera o per sopravvivere, una catechista che educa alla fede con giochi a quiz e canzoncine in stile tv spazzatura, una comunità bigotta e apatica che vede in Dio e nell’attività parrocchiale la soluzione di tutti i problemi.

Protagonista è Marta (la brava Yile Vianello), tredicenne inquieta che, dopo un lungo periodo passato in Svizzera, torna a vivere a Reggio Calabria con mamma (Anita Caprioli) e sorella maggiore. I ricordi dell’infanzia sono ormai sbiaditi: a riceverla non trova l’ambiente caldo e accogliente del Sud, ma un’immensa periferia abbrutita da orrendi cavalcavia e squallide fiumare, dove il senso di abbandono e solitudine sembrano amplificarsi. Al corso di preparazione per la Cresima, la ragazzina incontra l’opportunista Don Mario (Salvatore Cantalupo) che vuole ingraziarsi il vescovo per farsi trasferire in una parrocchia più grande, e la catechista Santa (Pasqualina Scuncia), personaggio buffo e tragico, tanto dominato dal misticismo quanto inadeguato a guidare i ragazzi verso la crescita spirituale. Marta vede e ascolta tutto, eppure con la comunità proprio non si trova: le formule che deve imparare a memoria le sembrano vuote, la violenza di certe imposizioni la portano a cercare altrove la risposta alle sue domande. Solo l’incontro con un vecchio prete solitario (Renato Carpentieri) le aprirà un nuovo spazio di riflessione e le farà capire che, come ha scritto Anna Maria Ortese in “Corpo celeste” (libro-ispirazione della regista), anche la Terra può essere “corpo celeste o oggetto del sovramondo”.

Con il piglio della documentarista la Rohrwacher ci offre un ritratto attento e scrupoloso del mondo della protagonista: lezioni e riunioni in chiese che assomigliano a grandi contenitori vuoti, manuali come “Katekismo 2000”, canzoni del tipo “Mi sintonizzo con Dio, è la frequenza giusta”, coetanee che si atteggiano a veline. Esile, selvatica e dall’andatura un po’ sbilenca, Marta è l’espressione di un più generale spaesamento fisico e psicologico: in lei c’è tanto dell’autrice e c’è l’inquietudine di chiunque abbia il coraggio di guardare lucidamente ai tempi di oggi, fatti di modelli televisivi e agghiacciante indifferenza. Per tornare ai contenuti anticlericali e rispondere all’ipotesi iniziale, “Corpo celeste” non è un film che accusa ferocemente e interamente l’istituto ecclesiastico, ma di certo pone qualche quesito. Qual è il ruolo della Chiesa oggi? Hanno ancora senso certi rituali arcaici? C’è forse bisogno di un forte rinnovamento e magari di un’indagine sulla corruzione interna? La pellicola ha più di un difetto che a tratti limita la partecipazione emotiva ma è da vedere: è ben interpretata da un felice miscuglio di attori professionisti e non (perfetta la sconosciuta Scuncia) e soprattutto offre degli spunti riflessivi da non sottovalutare. Plauso alla coraggiosa Rohrwacher, “corpo celeste” in tempi bui.

Alcuni commenti della critica:

“Corpo celeste non è un j’accuse o un banale referto sociologico; la prima dote della neoregista è lo sguardo partecipe che posa sui suoi personaggi. (…) Con atmosfere e sentimenti che a tratti evocano i film dell’argentina Lucrecia Martel, ma scoprono un pezzo d’Italia ancora mai vista al cinema”.
Fabio Ferzetti, il Messaggero

“Corpo celeste è un film imperfetto ma interessante, da vedere. Lo stile ruvido, scabro: fotografia sgranata, macchina a mano, neanche una nota di colonna sonora (solo musica diegetica), un po’ alla fratelli Dardenne. Gli attori professionisti, dalla mamma Anita Caprioli ai preti Salvatore Cantalupo e Renato Carpentieri, si mischiano agli interpreti presi sul posto, somaticamente perfetti, e il mix funziona. Convince meno, invece, il progressivo fondersi del racconto realistico e della dimensione metaforica”.
Michele Anselmi, il Riformista

“Corpo celeste rivela un talento speciale e un’idea di cinema forte ma senza pregiudizi. (…) preziosa la fotografia di Helène Louvart con le sue luci grigie e intense, il montaggio discreto di Marco Spoletini, il respiro del suono di Emanuele Cecere. E gli attori tutti, un bell’incontro di professionisti e non”.
Cristina Piccino, il manifesto

“Il film è notevolissimo per contenuti e forma”.
Boris Sollazzo, Il Sole 24 ore

 

1 commento

  1. […] “Corpo celeste”, l’esordio di Alice RohrwacherPresentato alla Quinzaine di Cannes, ha suscitato qualche polemica per i contenuti anticlericali. Il film ha più di un difetto ma è da vedere: per il coraggio dei temi, gli spunti riflessivi e il felice miscuglio di attori professionisti e non. Dal 27 maggio nelle sale italiane. “Mr. Beaver”, la rinascita di Mel Gibson in versione CastoroLa rinascita dopo la depressione passa per varie fasi, e per Walter Black (Mel Gibson) avviene tramite un castoro di peluche. Ma anche i giocattoli hanno i loro lati oscuri.   […]

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