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“Melancholia”: la fine del mondo vista dagli occhi del tormentato, e contestato, Lars Von Trier

Per il regista danese, contestato durante la conferenza stampa di presentazione allo scorso Festival di Cannes, non è sufficiente un asteroide come causa della fine della vita sulla Terra. Lars Von Trier scomoda un intero pianeta proveniente dal sistema stellare di Antares, Melancholia.

È singolare pensare che il film esca in Italia il 21 ottobre (con BIM Distribuzione), giorno in cui il profeta dell’Apocalisse Harold Camping ha annunciato la fine del Mondo per mezzo di un devastante terremoto (nessun nubifragio è stato menzionato a tal proposito).

La fine annunciata del mondo non è un’anticipazione, o per dirla all’inglese spoiler, del film perché il buon Lars inizia i suoi 130 minuti della sua opera mostrando la fine di essa, annunciando il disastro che incombe come una spada di Damocle sulle vite dei protagonisti.

Non ci si aspetta dunque nessun happy ending nella storia travagliata e, letteralmente, melanconica, delle due sorelle protagoniste Justine (Kirsten Dunst) e Claire (Charlotte Gainsbourg).

Justine, una meravigliosa Kirsten Dunst che dimostra di meritare senza alcun dubbio il premio vinto come miglior attrice al Festival di Cannes, appare inizialmente come una sposa felice e serena (di Micheal, interpretato da Alexander Skarsgard) salvo poi mostrare le sue fragilità e le sue tensioni emotive. Discostante con la vita, la sua personalità turbata e apatica prende il sopravvento e avvelena la gioia di vivere del suo personaggio, mostrando i meandri della sua mente disturbata senza però dare allo spettatore la chiave d’interpretazione della sua essenza. La storia di Justine si lega a doppio filo a quella della sorella, Claire, diametralmente opposta a lei. Nonostante i due approcci alla vita radicalmente opposti la conclusione è comune, e proprio quella certezza della fine di ogni cosa terrena le unisce e le lega.

Attraverso gli occhi di Justine, Lars Von Trier espone il suo personalissimo punto di vista sulla vita nell’Universo e oltre la morte, entrambe assenti per lui, arrogandosi il diritto di coscienza, e onniscienza, totale. Le parole della protagonista sembrano scritte di suo pugno, Justine infatti confessa alla sorella di “sapere le cose”, ma, ovviamente, non specifica il modo in cui ne è venuta a conoscenza. Così come non lo fa nella vita reale Von Trier stesso.

“Melancholia” è un film denso, cupo, affascinante, che incanta lo spettatore con le placide e fredde riprese del cosmo e le introspettive inquadrature oniriche sulle vite delle protagoniste. Una modalità di narrazione molto simile a quella utilizzata in “The Tree of Life”, che celebra l’enigma e il mistero, e ci fa riflettere sugli interrogativi più importanti della vita, che il regista danese affronta con disillusione e con un pessimismo cosmico in stile Leopardiano.

Alcuni commenti della critica:

“(…) il quadro apocalittico che offre allo spettatore non è fatto di domande e interrogativi ma di affermazioni apodittiche (come troppe volte nelle sue opere passate) che non trovano nelle immagini messe in campo una vera necessità”.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera

“Il messaggio potrebbe essere che la depressione è la risposta a una società umana malata, per questo è il depresso a saper accettare una fine già scritta nelle cose. Ma non vorremmo banalizzare un’opera la cui misteriosa, affascinante forza evocativa va ben oltre. Esci dalla sala e tutto sembra conti nulla”.
Alessandra Levantesi, Kezich La Stampa

“Una pellicola dolorosa e angosciosa, splendidamente intepretata da Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg, che, per sadismo e assoluta mancanza di speranza, si potrebbe definire il film definitivo di von Trier.
Luca Liguori, Movieplayer.it

“Il controverso Von Trier resta un grande regista di cui si sospetta l’eccessiva furbizia: le immagini sono sempre accuratamente forti e ‘ben’ disposte, ma i temi talvolta sfuggono, annientati da un nichilismo che sconfina nella maniera”.
Piera Detassis, Panorama

“Uno sguardo e una ricerca che Von Trier vuole condividere con lo spettatore, convinto com’è che ‘può darsi che non ci sia nessuna verità per cui provare un ardente desiderio ma che il desiderio di per sé stesso è già vero'”.
Giancarlo Zappoli, MYmovies.it 

“Lars, l’artista, resta uno dei registi più coraggiosi, estremi e visionari del cinema contemporaneo. Anche questa volta, in cui ci scaglia addosso il pianeta Melancholia, distruggendo il mondo e ogni speranza solo nel nome della sua narcisistica depressione”.
Stefano Lusardi, Ciak

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