Home Uncategorized ACAB, viaggio nel mondo deformato della celere

ACAB, viaggio nel mondo deformato della celere

Tratto dal libro del giornalista Carlo Bonini (Einaudi) e basato su una storia vera, ACAB (acronimo di All Cops Are Bastards coniato dagli skinhead inglesi), ricorda i film polizieschi degli anni settanta con in più il sottotesto sociale. E’ questo un genere in cui Stefano Sollima, già regista del “Romanzo criminale” televisivo, eccelle in tutti gli aspetti: il ritmo è incalzante, le scene vistose ma realistiche, gli attori credibili. Praticamente un viaggio nel mondo chiuso e oscuro del reparto mobile, tenuto spesso a distanza dagli altri poliziotti e guardato con diffidenza dai cittadini, in cui viene analizzato il punto di vista dei protagonisti senza prenderne le parti e senza giudicarli.

Cobra (Pierfrancesco Favino sempre più bravo), Negro (Filippo Nigro) e Mazinga (Marco Giallini) sono tre “celerini bastardi” che vivono il lavoro come una missione. Ogni giorno si trovano a fronteggiare la violenza senza freni, con gli ultras delle tifoserie da una parte e gli skinheads razzisti dall’altra, in nome di una legge spesso violata da loro stessi. Mentre vengono sopraffatti da un quotidiano che sempre più li allontana dalla normalità, il privato va alla deriva: Cobra è un uomo solo che ha in camera il ritratto del Duce e finisce sotto processo per aver “forzato la mano” con un tifoso, Negro viene allontanato dalla sua bambina perché incapace come genitore, Mazinga ha un figlio sedicenne che lo disprezza e finisce con gli skinheads che hanno accoltellato il padre. I tre prendono sotto protezione una giovane recluta del reparto (l’ottimo Domenico Diele), il “futuro” da educare alla legalità e allo spirito di fratellanza, in nome della quale tutto è lecito.

Costruito a ridosso della cronaca – sullo sfondo passano il G8 di Genova, l’omicidio di Giovanna Reggiani e quello di Giuseppe Raciti, fino alla morte del tifoso Sandri ad opera di un poliziotto – il film vuole essere lo specchio deformato di una società sempre più violenta, dove chi dovrebbe far rispettare la legge non è certo migliore di chi la infrange. Sollima giura che la polizia, quella vera, non ha né appoggiato né ostacolato il film. Mossa giusta, verrebbe da dire, meglio evitare ogni tipo di pubblicità visto che il ritratto tracciato è tutt’altro che edificante. Al di là delle polemiche, ACAB (in 300 sale con 01) rivolge una luce diversa e inquietante – ma necessaria – su uno spaccato di realtà poco conosciuto, con un giusto equilibrio tra stile asciutto e spettacolarità, e una recitazione mai sopra le righe. Da vedere.

Alcuni commenti della critica:

“ACAB è un film su un gruppo di poliziotti che menano molto, odiano tutti e si divertono pure. Quasi un kolossal, ma troppo compiaciuto del ‘machismo’ di destra che affiora un po’ ovunque”.
Roberto Escobar, Espresso.Repubblica.it

“Stefano Sollima da il via alla sua avventura sul grande schermo, imponendo ad ACAB – All cops are Bastards uno stile che trova forza e vigore nel coraggio di raccontare una storia finalmente necessaria”.
Tiziana Morganti, Movieplayer.it

“Profondamente buio, ubiquo e pervasivo, ACAB attenta il gusto dominante, aprendo uno squarcio, soggettivo, parziale, ideologico, estetizzante e tutto ciò che si vuole, su una realtà altrimenti muta”.
Marzia Gandolfi , MYmovies.it

“…realizzato con eleganza e cognizione di causa. Dalla regia all’ottima interpretazione di Favino, passando per i comprimari Nigro e Marco Giallini, a dire il vero forse un po’ troppo monoespressivo, il film vanta uno stile cupo e interessante, adatto a sottolineare il chiaroscuro dei diversi personaggi”.
Laura. C., Screenweek.it

“Il cinema italiano degli ultimi decenni difficilmente riesce ad essere davvero duro e spietato e quando ci prova solitamente è ancora peggio. A.C.A.B. scarta la violenza fisica (paradossalmente non ce n’è molta) e va subito al cuore della questione, la violenza psicologica, in questo centrando già a livello di intenti l’obiettivo (…) ACAB guarda nello stomaco di ogni spettatore e tira fuori quello che non vorrebbe provare, facendolo manifestare ai personaggi”.
Gabriele Niola, Badtaste.it

 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here