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“A Simple Life”, da Hong Kong un racconto “semplice” che arriva al cuore

E’ arrivata nelle sale “A Simple Life”, pellicola hongkonghese diretta da Ann Hui e vincitrice della Coppa Volpi per la migliore attrice alla 68ma Mostra del Cinema di Venezia. Meritatissimo il premio alla protagonista Deanie Ip e imperdibile il film (distribuito dalla coraggiosa Tucker): sulla carta ha tutte le caratteristiche per non far cassetta, eppure riesce a prendere lievemente e con forza, fino ad arrivare dritto al cuore. Ispirato alla storia vera del produttore Yam-lam Lee (che ha partecipato alla sceneggiatura con Susan Chan) e della sua “amah” (domestica/tata nella cultura cinese), entrata nella famiglia all’età di 13 anni e rimasta a servizio per sessant’anni, “A Simple Life” tratta di temi ingombranti e difficili – malattia, vecchiaia, potenza degli affetti oltre le differenze di classe, tradizione come valore e modernità come perdita dei valori – senza tuttavia cadere nei tranelli della retorica e del buonismo.

L’ultra settantenne Tao (l’ottima Deanie Ip) ha cresciuto quattro generazioni Lee e adesso si occupa di Roger (Andy Lau, bravo anche lui), che lavora come produttore cinematografico ed è l’unico membro della famiglia rimasto ad Hong Kong (gli altri sono emigrati negli Stati Uniti). Nonostante sia anziana e piegata dalle fatiche, Tao continua a prendersi cura del padroncino come fosse un figlio, preoccupandosi affinché mangi cibi sani e riposi a sufficienza. Ma un giorno la situazione si rovescia: Tao è colpita da un infarto e, non volendo pesare in alcun modo sul suo Roger, decide di ritirarsi in un ospizio. Qui trova una nuova colorita “famiglia” da accudire: l’infermiera Choi, il “Don Giovanni” Zio Kin sempre in cerca di spiccioli da spendere con le prostitute, la gelosa Zia Kam, l’erudito direttore scolastico, la giovane paziente in dialisi Mui Gu. Tao accoglie la nuova esistenza con grande dignità, ma la salute non regge e questa volta è lei, che ha dedicato la sua “vita semplice” agli altri, ad aver bisogno degli altri. In principio freddo e distaccato, Roger le dedicherà sempre maggiori attenzioni, fino a rendersi conto di provare molto più di un sentimento di gratitudine.

Disorientato da sfondi storici e sociali forse troppo lontani, come dall’estrema sobrietà dei sentimenti espressi dai due protagonisti, lo spettatore occidentale fatica a lasciarsi andare. E però, dopo un inizio apparentemente piatto, la storia prende forma e sostanza, in un crescendo di sorprendente bellezza. Così succede che, una volta entrati nel mondo di Tao e Roger, non se ne esce più. Il segreto di tanto coinvolgimento è nella misuratezza emotiva con cui si racconta la vita di questa donna, eroica nella sua semplicità, una misuratezza quasi documentaristica eppur capace di commuovere profondamente. Incanta l’amore filiale di questo non figlio verso la propria non madre (impossibile trattenere le lacrime di fronte alla scena che riprende padrone e serva mentre aprono il baule dei ricordi), e colpisce come il film riesca a mantenere, anzi ad accrescere, la straordinaria poesia man mano che la morte si avvicina. Dunque, anche chi, estraneo al cinema asiatico, non saprà cogliere il sottotesto polemico che oppone Cina a Hong Kong, mandarino a cantonese, globalizzazione a tradizione, verrà comunque travolto da questo piccolo capolavoro dei sentimenti. “Perché – dice Ann Hui – ognuno di noi ha una persona come Tao nella sua vita”. 

Alcuni commenti della critica:

“Il film intreccia perfettamente le sue due anime: da una parte racconta con pudore ma anche senza facili infingimenti un percorso di avvicinamento alla morte (…) e dall’altra (…) ricorda a chi guarda l’importanza della riconoscenza e del rispetto per le persone che ci stanno vicine”.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera

“Un film così rappresenta una sfida ai modelli di intrattenimento più patinato o più rumoroso. Ma dovrebbe essere anche la dimostrazione, dato il suo spessore umano e poetico, che può esserci posto per tutto”.
Paolo D’Agostini, la Repubblica

“Gli straordinari duetti tra Deanie Ip ed Andy Lau, ovvero una caratterista veterana ed un vero e proprio divo del cinema orientale, regalano momenti di grande tenerezza e autentica commozione”.
Luca Liguori, Movieplayer.it

“Una lezione di compostezza e raffinata gestione dei sentimenti da un’instancabile osservatrice della vita umana”.
Emanuele Sacchi, MYmovies.it

“Sobriamente emotivo e rigorosamente elegante, il bel film della veterana cinese Ann Hui offre un intenso momento di cinema che supera la vicenda narrata a favore di uno sguardo che solca il passato guardando al futuro”.
Anna Maria Pasetti, Il Fatto Quotidiano

 

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