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“E’ nata una star?”, quando il figlio è un pornodivo

In una tranquilla cittadina del nord, è una giornata ordinaria quando Lucia, controllando la cassetta delle lettere, trova un dvd di un filmetto hard lasciatole dalla vicina pettegola. La giornata diventa straordinaria quando la donna si accorge che il protagonista del video è suo figlio adolescente, che lei pensava imbranato e senza alcun talento (studia da cuoco ma combina solo pasticci). Lo shock diventa doppio nel constatare che le scarse doti recitative del ragazzo sono compensate dal “regalo” di Madre Natura. Da chi avrà preso? Di certo non dal padre… Ma adesso Lucia dovrà dirlo proprio al padre e poi, insieme, parleranno con il neo pornodivo. Come affronteranno la situazione? Che cosa gli diranno? E soprattutto, si domanda preoccupata la povera Lucia, avrà mica intenzione di continuare il mestiere?

“E’ nata una star”, nelle sale con 400 copie distribuite da Warner Bros., è il titolo del nuovo film di Lucio Pellegrini (“E allora mambo!”, “I liceali”), con Luciana Littizzetto, Rocco Papaleo e Pietro Castellitto (figlio di Sergio). Cavalcando l’onda felice della commedia, i produttori Beppe Caschetto e Warner hanno puntato su tre elementi vincenti: una base brillante e incisiva (la storia è tratta da un racconto dello scrittore britannico Nick Hornby), un regista collaudato, due comici di razza. L’idea di partenza è dunque buona, ricca di spunti narrativi per ridere e riflettere, ma il risultato finale è assolutamente deludente. Dopo le trovate iniziali – l’imbarazzo della madre che pure è settentrionale e moderna, i dubbi del padre meridionale, preoccupato soprattutto per il suo machismo in declino (sarà mio figlio?), la caccia ai colpevoli – il film si sgonfia come un soufflé e i personaggi finiscono per girare a vuoto, dando l’impressione di aver perso la meta.

Grande assente è la scrittura (realizzata a sei mani dallo stesso regista, Michele Pellegrini e Massimo Gaudioso), che non approfondisce i personaggi e tantomeno i risvolti psicologici, limitandosi ad attaccare episodi scollegati, costellati da doppi sensi e a lungo andare noiosi. Così, dopo una prima parte presa quasi interamente dal libro e tutto sommato divertente, gli sceneggiatori decidono di allungare il brodo spostando il baricentro sulle super doti del ragazzo (le avrà ereditate da un ex amante della madre o dal nonno?). Gli autori vorrebbero parlare di incomunicabilità familiare, ma l’analisi rimane in superficie e l’effetto è appunto quello di un brodo allungato, mentre a nulla servono gli sforzi di una misurata Littizzetto e del sempre bravo Papaleo (ma stavolta gli manca la spalla) per aggiungere un po’ di brio al racconto. Da segnalare la prova di Michela Cescon (nella parte della zia morbosa), grande attrice teatrale che finalmente rivediamo al cinema, e quella della fidanzatina offesa Cristina Odasso, già vista in “Io, loro e Lara”.

Alcuni commenti della critica:

“Ottimo e brillante lo spunto-soggetto, si fa onore l’intera compagnia con Littizzetto e Papaleo genitori, il simpaticissimo Pietro Castellitto nel ruolo della svagata neo pornostar. Tuttavia il gusto del film si esaurisce subito e i bravi partecipanti all’impresa non sanno che farsene di tanto materiale”.
Paolo D’Agostini, la Repubblica 

“Uno dei peggiori ital-film dell’annata e forse non solo. Debole di scrittura, regia e performance persino di due laureati in comicità come Littizzetto & Papaleo (…). Non riesce neppure ad essere volgare allineando con surreale precisione le regole ‘da evitare’ nel cinema”.
Anna Maria Pasetti, il Fatto Quotidiano

“I due protagonisti fanno quello che possono per dare effervescenza a questa costellazione di episodi, ma è proprio la scrittura a non salvare nessuna delle buone premesse, come se la sua unica preoccupazione fosse quella di stemperare qualunque situazione potenzialmente triviale o pruriginosa. E a forza di smacchiare qualunque alone di natura sessuale finisce col non avere nessun colore, nessuna anima”.
Edoardo Becattini, MYmovies.it

“La sceneggiatura smussa gli angoli ed elimina i conflitti più aspri, rinunciando volontariamente a una possibilità infinita di situazioni e varianti sicuramente più complesse da gestire. Spogliata di un contesto fortemente caratterizzante, privata di una riflessione generazionale e di uno sguardo lucido capace allo stesso tempo di analizzare, accusare e perdonare, ecco che una vicenda potenzialmente universale si trasforma in un racconto irrilevante che non scuote gli animi e non diverte”.
Tiziana Morganti, Movieplayer.it

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