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“Diaz”, ricostruzione di un assalto alla Democrazia

Video interviste a Daniele Vicari, Jennifer Ulrich, Paolo Calabresi, Renato Scarpa, Davide Iacopini, Ignazio Oliva.

“Diaz – Don’t clean up this blood” è un film che tutti dovrebbero vedere. I giovani che undici anni fa, quando tutto è successo, erano troppo piccoli per capire. E gli adulti, che conoscono i fatti del G8 di Genova, ma forse oggi stanno dimenticando. Perché sia chiaro che in quella notte del 21 luglio 2001, prima nel complesso scolastico “Diaz-Pascoli” e poi nella caserma/carcere di Bolzaneto, i diritti umani di un centinaio di persone sono stati atrocemente cancellati. E perché a fine film, allo scorrere dei cartelli che ricordano l’impunità di cui i colpevoli hanno goduto e tuttora godono (su oltre 300 poliziotti che hanno partecipato al raid, ne sono stati processati 29 e condannati 27: le condanne per lesioni e calunnia sono ormai prescritte, quelle per falso in atto pubblico andranno in prescrizione nel 2016), ogni spettatore senta rimbombare dentro di sé una serie di domande. Com’è possibile che in uno Stato democratico sia accaduto tutto questo? Perché il Parlamento è rimasto a guardare, bocciando per ben due volte la proposta di istituire una commissione d’inchiesta? Chi ci assicura che non accadrà di nuovo?

A queste domande il regista Daniele Vicari e il produttore Domenico Procacci, meritevoli di aver affrontato con coraggio un’impresa non facile, non vogliono e non sanno rispondere. Il film racconta i fatti, così come emergono dalle carte processuali. Quei fatti che purtroppo parlano da soli. Alla mezzanotte di sabato 21 luglio, ultimo giorno delle manifestazioni del G8 (le devastazioni dei black bloc e la morte di Carlo Giuliani sono già avvenute), più di 300 poliziotti fanno irruzione nella scuola adibita a media center e dormitorio del Genoa Social Forum. Nell’edificio si trovano un centinaio di persone, tra manifestanti e non, a maggioranza stranieri. I celerini picchiano tutti selvaggiamente, arrestando 93 persone che vengono trasferite nella caserma di Bolzaneto: per tre giorni subiranno violenze e torture di ogni genere, senza essere informati delle accuse contestategli.

Dopo una breve apertura sui saccheggi dei black bloc, Vicari (che firma la sceneggiatura con Laura Paolucci) ci presenta in pochi tratti una serie di personaggi. C’è il giornalista che parte per dovere di cronaca (Elio Germano), l’anarchica tedesca (Jennifer Ulrich) e l’organizzatore italiano (Davide Jacopini) che si occupano dei dispersi, due manifestanti francesi già protagonisti di guerriglie e devastazioni. Ma c’è anche il manager (Fabrizio Rongione) interessato all’economia solidale e il pensionato ex militante della CGIL (Renato Scarpa), arrivato alla Diaz per passare la notte. Infine ci sono i poliziotti: il questore che prima conduce il blitz e poi si pente (Claudio Santamaria, nella realtà il funzionario Fournier che al processo parlò di “macelleria messicana”), il vice questore perplesso (Paolo Calabresi) perché “come li riconosciamo questi terroristi se non abbiamo le foto?”, il picchiatore descritto dai media come una specie di eroe (Alessandro Roja). Arriva l’assalto alla scuola, sembra non finire mai. La telecamera si sofferma sulle botte: avvertiamo il rumore delle ossa rotte, vediamo il sangue schizzare, le facce terrorizzate. Poi ecco le torture in caserma, e va anche peggio. Non riusciamo a star fermi in poltrona, eppure dentro siamo come pietrificati: i fatti ci erano noti ma vederceli così, sbattuti in faccia, è tutta un’altra cosa.

Non raccontiamo altro, “Diaz” è solo da vedere. E’ intenso, efficace, scritto e girato con impressionante lucidità. Ovviamente un’opera cinematografica è sempre una forma di finzione, un’interpretazione che in questo caso è passibile di critiche perché lascia poco spazio alle pregresse violenze contro le forze dell’ordine. E però nulla può giustificare la risposta aberrante e indiscriminata della polizia, il cui comportamento ha finito per cancellare le azioni di una minoranza facinorosa, anch’essa impunita. Vero è che il cinema non può sostituire la lettura di documenti e inchieste, ma può spingere all’approfondimento e alla riflessione (sta poi allo spettatore/lettore farsi un’idea propria) e soprattutto, più di ogni altra riproduzione, può entrare a far parte della memoria collettiva. Per tutto questo “Diaz” è un film necessario, e perderlo sarebbe un peccato civile.

DANIELE VICARI - intervista (Diaz) - WWW.RBCASTING.COM

JENNIFER ULRICH - intervista (Diaz) - WWW.RBCASTING.COM

PAOLO CALABRESI - intervista (Diaz) - WWW.RBCASTING.COM

RENATO SCARPA - intervista (Diaz) - WWW.RBCASTING.COM

DAVIDE IACOPINI - intervista (Diaz) - WWW.RBCASTING.COM

IGNAZIO OLIVA - intervista (Diaz) - WWW.RBCASTING.COM

Alcuni commenti della critica:

“Vicari riesce a dare una forma a quello che ai tempi fu raccontato in modi spesso contraddittori e inefficaci. Lasciando il segno soprattutto con le umiliazioni inflitte alla Bolzaneto”.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera

“Fortissimo l’effetto del film sulle violenze del 2001 a Genova. Anche se non contiene speciali rivelazioni, e se la vicinanza temporale e l’abbondanza di documentazione e testimonianze dovrebbero rendere gli spettatori preparati. Malgrado tutto il cinema resta una potenza”.
Paolo d’Agostini, la Repubblica

“Nel film sotto i manganelli della polizia cadono solo bianche colombe. Conciliando nel comune spettatore l’idea che gli sbirri oltreché brutali fossero anche stupidi. E avessero scambiato per un covo di terroristi un innocente ostello per la gioventù”.
Giorgio Carbone, Libero

“Un film potente e lucido, in cui lo spettatore viene prima schiantato dalla violenza che si dipana sullo schermo, e poi è invitato a valutarne criticamente il significato politico. Diaz è una scommessa cinematografica vinta alla grande. Forse qualche personaggio poteva avere uno sviluppo maggiore (Elio Germano sembra un po’ sprecato per una figura di giornalista tutto sommato marginale), ma qui contano altre cose: la coralità, la dinamica, l’azione, la violenza e le motivazioni politiche che l’hanno provocata”.
Alberto Crespi, Cinematografo.it

4 Commenti

    • Caro michele,
      ma ti rendi conto di ciò che hai detto? Spero vivamente che tu stia scherzando!
      Hanno soppresso i diritti umani, hanno picchiato tutti, donne comprese..si sono fatti passare per eroi quando erano solo delle persone schifose che meritano di marcire in carcere! Prima di sparare stronzate DOCUMENTATI,INFORMATI!

  1. Ho visto il film, onestamente definire i fatti accaduti “la più grave sospensione di democrazia ne nostro paese” mi sembra un po troppo.
    Dico solo che i “signori” del Genoa Social Forum, una volta capito che la situazione, per colpa indubbiamente di una minoranza di teppisti, stava diventando pericolosa per tutti i partecipanti, avrebbero dovuto avere il buon senso di annullare tutte le manifestazioni previste per i giorni successivi, anzichè incaponirsi in maniera assurda a voler entrare nella cd. “zona rossa” per fermare il G8 e cercare lo scontro con la Polizia.
    D’altra parte se i “responsabili” del GSF erano i ragazzini ventenni ideologicamente politicizzati che si vedono nel film, la possibilità di una scelta ragionevole, era quella meno probabile.
    Tutto il resto è storia. . .

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