Home Uncategorized “Take Shelter”, quando la psiche umana cerca rifugio (e non lo trova)

“Take Shelter”, quando la psiche umana cerca rifugio (e non lo trova)

Curtis LaForche è un operaio americano che si divide tra la famiglia – una moglie di cui è profondamente innamorato e la figlioletta affetta da sordità – e il lavoro. Darebbe la vita per proteggere il suo piccolo nido ma soffre di incubi: ogni notte sogna che una forte tempesta si abbatta sulla sua casa e spazzi via i suoi cari. Tormentato da questa idea, sacrifica tutti i risparmi per costruire un rifugio anti uragano, ma la situazione peggiora: gli incubi si trasformano in allucinazioni e le paure in vere e proprie ossessioni. Curtis sa bene di avere in sé il gene della follia (sua madre soffre di schizofrenia da anni) e giorno dopo giorno si rende conto che la sua mente vacilla sempre di più.

Già passato con successo al Sundance, poi riproposto alla Settimana della Critica di Cannes 2011, “Take Shelter” (letteralmente “mettersi al riparo”) è un film di notevole impatto visivo ed emotivo. Grazie alla sapiente regia di Jeff Nichols (al suo secondo lungometraggio) e alla bravura degli attori (su tutti gli intensi protagonisti Michael Shannon e Jessica Chastain), lo spettatore si trova immediatamente coinvolto nel turbine della psiche umana, in un crescendo di situazioni ambigue e inquietanti. Il merito di Nichols è soprattutto nel rendere gli stati d’animo attraverso la descrizione della natura: in “Take shelter” l’interiorità del protagonista Curtis arriva direttamente allo stomaco per tramite ora di un cielo greve, ora di uno storno di uccelli che volano minacciosi verso il basso. E le musiche dissonanti, la fotografia plumbea e gli effetti speciali fanno il resto. Il risultato è che l’angoscia dello spettatore cresce di pari passo con quella del personaggio principale, mentre il ritmo narrativo mantiene livelli alti per tutto il tempo.

Il film è metafora dell’ossessione americana per la sicurezza, che esiste dagli anni ‘50 ma che si è diffusa a macchia d’olio soprattutto del decennio successivo all’11 settembre. E Nichols, lungi da dare risposte, rende benissimo il senso di inquietudine albergante nell’americano medio (e nell’uomo contemporaneo in genere). A supportarlo un attore straordinario, già visto in altri ruoli disturbati (“Bug”, “Revolutionary Road”) con la differenza che, dal momento che il personaggio si rende conto di quel che sta succedendo, la sua interpretazione appare ancora più drammatica. Non da meno è Chastain, attrice rivelazione dell’anno passato e qui moglie concreta che fa da contraltare al senso di minaccia crescente. Vedendo “Take Shelter” non si può non pensare a un altro film, “The tree of life” di Terrence Malick (Palma d’oro a Cannes 2011), che ha lanciato la talentuosa californiana e dove pure l’interprete aveva il ruolo di madre-moglie. Anche in quel lungometraggio la natura era sinonimo di interiorità: certo Nichols non raggiunge i livelli estetici di Malick ma il talento c’è, il respiro universale anche, e la strada potrebbe essere la stessa. Vedremo in futuro.

 Alcuni commenti della critica:

“Non sempre Nichols trova il giusto equilibrio fra ambizioni metaforiche e naturalismo, ma il suo film trascina in una inesorabile spirale di inquietudine”.
A. LK., La Stampa 

“Metafora estrema dei mali d’America post 9/11 (e dunque d’Occidente) e magnifico film di fattura sceno-fotografica, Take Shelter veicola il racconto della Paura più intima dell’essere umano, del quale definisce la natura. Film imperdibile e senza tempo”.
AM Pasinetti, Il Fatto Quotidiano 

“Giocando sul non detto, Jeff Nichols non si limita a entrare sotto la pelle di un personaggio patologico, ma si permette di tastare il polso di quell’America rurale isolata dal resto del mondo, fieramente legata ai valori dell’american way of life, minacciata da un pericolo ignoto che la assale nel cuore del suo fortino”.
Valentina D’Amico, Movieplayer.it

 

 

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