Home Uncategorized La violenta e incestuosa ‘Pietà’ di Kim Ki-Duk contro il capitalismo

La violenta e incestuosa ‘Pietà’ di Kim Ki-Duk contro il capitalismo

E’ un aguzzino che gira per le degradate strade di una città nel sud della Corea amputando gli arti a chi non paga in tempo i debiti contratti con gli strozzini, il protagonista di ‘Pietà’ ultimo film di Kim Ki-Duk e vincitore del Leone d’oro alla 69° Mostra del cinema di Venezia. La vita dell’uomo cambia quando alla sua porta bussa una donna che dice di essere la madre che da piccolo lo abbandonò. Tra situazioni estreme di violenza e di sesso, in cui compaiono anche scene incestuose ed uno stupro, per l’uomo comincerà un cambiamento interiore che lo porterà alla scoperta del sentimento della pietà, appunto.

A vestire i panni della sua salvatrice è l’ottima Jo Min-Su, che nei panni di questa madre addolorata tratteggia un personaggio difficile da dimenticare quanto la storia raccontata, destinato a rimanere tra i ruoli più belli creati da Kim Ki-Duk.

‘Pietà’ è un’opera anti capitalista, come dichiara lo stesso regista e sul modo in cui il denaro abbia preso, scavancandoli, il posto dei sentimenti. E’ solo con la riscoperta di un’emotività, che nel film coincide con la prima affettività, quella materna, che a guidarci potranno essere compassione, amore ed altruismo e non il denaro.

Ciò che più cattura del film, oltre al forte impatto di alcune scene che però non risultano mai forzate o create solo per scioccare ma si integrano perfettamente nella storia, è che nulla è ciò che sembra, né si segue un percorso prestabilito. I ruoli vittima-carnefice si ribaltano, e i sentimenti di pietà e vendetta si rincorrono, alternandosi anche nella mente dello spettatore.

Dopo il documentario autobiografico ‘Arirang’ e l’inedito ‘Amen’ che mostrano la profonda crisi depressiva durata tre anni di cui è stato vittima il regista, questa nuova pellicola, la sua diciottesima, ci restituisce il genio coreano con un rinnovato sguardo alla società e alle contraddizioni dell’animo umano, raccontati in maniera lucida e spietata ma profonda. A cambiare, rispetto ai precedenti film, è un impostazione più classica e dunque maggiormente fruibile rispetto a quella labirintica di alcune sue precedenti opere, con cui il regista sembra guardare più all’Occidente.

Infine non si può non ammirare la forte immagine iconica della splendida locandina, che rimanda, ovviamente, alla Pietà di Michelangelo.

‘Pietà’ è nelle sale italiane dal 14 settembre distribuito da Good Films.

Alcuni commenti della critica:

“Pieta procede come un implacabile teorema intorno ai sensi di colpa della sua Corea del Sud. Racconta la crudeltà senza limiti di un giovane esattore di debiti, solo e anaffettivo (…) i soldi sono più necessari dell’aria, la vendetta è l’unica logica conosciuta, il senso di colpa il solo stato d’animo possibile ma il percorso del film è fin troppo meccanico, i personaggi monocordi e la storia ha la stessa freddezza di una dimostrazione matematica”.
Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera 

“Se c’è un regista che merita la qualifica d’autore, questo è il coreano Kim ki-duk. Nessuno meglio di lui sa estrarre un intero universo da pochi personaggi, chiusi in ambienti spesso angusti e ben definiti. Raccontato in chiave realistica Pietà sarebbe insopportabile. Ma Kim Ki-duk ha il genio dell’economia e dello stile. L’economia è fatta di immagini veloci, concise, sfacciatamente simboliche (…)”.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero

“(…) questo film, con tutta la sua carica di dolore e orrore, pare alla fine un manifesto contro il capitalismo estremo, nel raccontare il potere corruttore del denaro e quanto l’avidità distrugga tutto, la società, la famiglia, l’individuo (…).
Natalia Aspesi, la Repubblica

“Pietà del regista coreano Kim Ki-duk rappresenta il picco più violento della variegata galleria di disperati, fanatici e perdenti messi in scena dalle opere viste finora al Lido (…) in Pietà il vero protagonista è il demone denaro che, si dice, è ‘l’inizio e la fine di tutte le cose: amore, violenza, pietà, speranza, vendetta, morte’ (…)”.
Maurizio Caverzan, il Giornale 

“(…) è la storia di un recuperatore di crediti che quando i debitori non possono pagare si diverte a storpiare orribilmente i malcapitati. Film violentissimo, inquietante, che ha diviso: chi lo ha amato, chi è uscito disgustato”.
Alberto Crespi, l’Unità

“Pietà (…) comunque conferma una poetica volta ad affrontare temi scabrosi, scavando dentro ai personaggi laddove si annidano i demoni più inconfessabili e segreti (…) al solito nei film di Ki-duk violenza, sangue, sesso sono tappe di un martirio che conduce a una rinascita nella morte o nella trascendenza (…)”.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa

“Salvato dall’ironia, Kim regala allora, nonostante tutto, un film circoscritto e alto, in parte ispirato dal connazionale Park Chan-wook, ma intimo e sporco, meno lirico e più radicato nelle ‘passioni’ di questo tempo buio”.
Marianna Cappi, MYmovies.it

4 Commenti

  1. “Pietà” di Kim Ki DuK:
    Ho amato alcuni film del regista ma quest’ultimo è decisamente un film non riuscito … La narrazione, oltre ad essere meccanica grottesca ed eccessiva, è a tratti persino fastidiosa: le scene di violenza e di sangue sono gratuite e fin troppo facili. Solo una mente malata poteva concepire un film fatto così.

  2. “Pietà” segna il ritorno sulla scena cinematografica di Kim Ki Duk, scomparso per tre anni in seguito all’incidente sul set di “Draem”.

    Quelle di Kim Ki Duk non sono semplici pellicole, e “Pietà” colpisce senz’altro per il suo significato più intimo. E’ una metafora a schiaffo nei confronti del denaro, metafora che intende rivelarne la doppia faccia, attraverso il dramma di un usuraio che, dopo trent’anni, incontra la sua “presunta” madre, tornata chiedendo perdono. Cos’è in realtà il perdono? Kim Ki Duk fa della pietà non un semplice sentimento di concessione e comprensione, quanto un percorso di redenzione. L’intento non è quello di voler glorificare la violenza o il sentimento della pietà, quanto quello di redimerlo.

    E’ un film difficile, complesso e crudo a cui andrebbe concessa più di una visione per poterlo comprendere, e Kim Ki Duk ancora una volta ci regala un capolavoro cinematografico di grande valore.

    La visione di “Pietà”, dopo il dubbioso “Dream”, e dopo lo studio dell’incredibile mockumentary “Arirang”, conferma il talento di un regista coreano molto più affermato in Europa di quanto non lo sia invece nel proprio paese.

    Il Leone D’oro è senza orma di dubbio meritato.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here