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“Un giorno devi andare”, Diritti alla ricerca dell’anima

Sconvolta da una serie di dolori familiari, tra cui la scoperta di non poter diventare madre, la trentenne Augusta (Jasmine Trinca) lascia l’Italia per accompagnare Suor Franca (Pia Engleberth), un’amica della madre, nel suo viaggio evangelico presso i villaggi degli Indios. All’inizio segue la missionaria in una barca, su e giù per il Rio delle Amazzoni, poi, delusa da una Fede che non si manifesta (i “professionisti dello spirito”, così li definisce, non sono per lei) si trasferisce in una favela di Manaus. Qui, tra i poverissimi del Brasile, le sembra di ritrovare la serenità: il lavoro e l’amore condivisi con un ragazzo del posto, il sorriso dei bambini, lo spirito di comunità in netto contrasto con gli schemi individuali dell’Occidente, l’aiutano nella ricerca di un nuovo senso di vita.

Ma un’altra tragedia, la scomparsa di un bambino nella famiglia che la ospita (e il senso di colpa che torna a farsi sentire), la porta a fuggire in una spiaggia isolata, dove il mare si congiunge al cielo. La solitudine e l’incontro con la natura più aspra le lasciano vivere finalmente il dolore, aiutandola a ritrovarsi. Attraverso il sofferto percorso interiore e  nell’abbraccio di un bambino sconosciuto, Augusta riscopre l’amore: per se stessa e per l’universo che la circonda.

Dopo “Il vento fa il suo giro” e “L’uomo che verrà”, Giorgio Diritti, coerente con il suo cinema, torna a incantare con una storia che va contro le logiche del botteghino. Sin dalle prime scene ci accorgiamo che “Un giorno devi andare” (dal 28 marzo nelle sale con Bim) è un film coraggioso, fatto di immagini e sensazioni, che mette in campo temi di enorme spessore e difficili da trattare. Il regista bolognese li affronta con la passione e l’attenzione del documentarista (la vita di comunità è descritta con grande realismo) che sempre lo ha caratterizzato, lasciando spazio progressivamente a uno sguardo più intimo, fino a diventare ricerca spirituale. Che non è ricerca della religione in senso stretto, ma può contenere tutte le religioni.

Emblematica, in tale ottica, la preghiera della ragazza brasiliana che, dopo aver perduto il suo piccolo, segue Suor Franca in Italia e trova conforto nella casa di Augusta (quasi prendendone il posto). “Ringrazio le tue mani che hanno lavorato e cucinato, il tuo sesso che ha regalato piacere e gioia, il tuo ventre che ha donato la vita…”, recita al capezzale di una donna anziana appena spirata.

Come sempre nella cinematografia di Diritti, che ancora una volta si conferma degnissimo discepolo di Olmi, la bellezza visiva gioca un ruolo determinante nel rendere i contenuti (il senso di smarrimento di Augusta in principio, la raggiunta pace dell’anima alla fine). E le prove degli attori – Trinca in particolare sembra nata per il ruolo – fanno il resto. Il risultato è un lungometraggio toccante e coinvolgente, che nel suo ellittico procedere non solo non passa inosservato ma lascia in testa una serie di domande. Tante, purtroppo, restano senza risposta.

ALCUNI COMMENTI DELLA CRITICA:

Maurizio Porro, Corriere della Sera
Messi sulla strada dal titolo, forse esortativo forse imperativo – Un giorno devi andare – si esce dall’ultimo film di Diritti come raramente succede dopo un’opera italiana: come se non ci sia trovati di fronte a una «storia» da cui farsi prendere o respingere, ma piuttosto a un «pensiero» con cui misurarsi e magari anche lottare. Non un’avventura dell’immaginario dentro cui tuffarsi, ma una morale di vita (e di cinema) che ci interroga nel profondo. storie edificanti e troppi consolatori happy ending.

Fabio Ferzetti, Il Messaggero
(…) anche se Jasmine Trinca incarna a meraviglia il percorso emotivo di Augusta, il film non le costruisce mai intorno l’universo denso e credibile che meriterebbe. Né in Brasile né in Italia, malgrado il finale così simbolico.

Alberto Crespi, l’Unità
Come molti grandi film, Un giorno devi andare racchiude dentro di se un documentario: lo sguardo di Diritti sulle piccole comunità amazzoniche e sui quartieri degradati di Manaus è partecipe e potente (…) Il film è soprattutto un viaggio spirituale – non bigotto, né religioso in senso istituzionale – dentro se stessi, compiuto con quello stile ellittico e quella magnificenza visiva che ci hanno portato, in passato, a paragonare Diritti a Terence Malick. Confermiamo.

Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa
Fede e laicismo, individuo e comunità, solidarietà e sfruttamento sullo sfondo a contrasto della maestosa natura tropicale e dell’aspro paesaggio alpino (…) il film stenta a trovare un centro e una direzione proprio come accade all’ondivaga, irrisolta eroina.

Massimo Bertarelli, il Giornale
E’ un ambizioso dramma esistenziale il terzo film del venerato Giorgio Diritti: un viaggio alla scoperta della fede, irto di ostacoli e di sbadigli.

Daniela Catelli, ComingSoon.it
Un giorno devi andare (splendido titolo esortativo), non è compiuto come i due precedenti film del regista: proprio nella parte finale, con l’arrivo della ragazza della favela in casa di Augusta, la storia si sfilaccia e procede un po’ meccanicamente fino al finale aperto. Ma il film tocca vette altissime quando Diritti mette la sua macchina da presa in posizione di ascolto e fa parlare i luoghi e la gente, lasciandoli interagire con sguardo quasi documentaristico e senza sovrapporvi una narrativa che di fronte alla forza delle immagini e dei suoni appare quasi superflua.
Jasmine Trinca dipinge efficacemente un personaggio dolente, chiuso e spigoloso, che lascia trasparire un’immensa tenerezza e un animo infantile. E sarà difficile dimenticare, anche molto tempo dopo aver visto il film, l’aliena bellezza di questo angolo sperduto di mondo, che l’autore ama e non sfida con l’arroganza di un Fitzcarraldo. Perché il suo sguardo, qui come altrove, è sempre puntato sull’uomo, che nella sua sconfinata miseria non ha niente di sicuro se non il lento e infinito fluire del fiume.

Francesca Fiorentino, Movieplayer.it
In una società che considera la maternità come l’unica realizzazione di una donna, Diritti ci racconta che la vera completezza è quella di chi sa rapportarsi al qui ed ora della vita, senza lasciarsi sopraffare dalla freddezza o dalla carità stantia.

Marzia Gandolfi, MYmovies.it
Un giorno devi andare non fa eccezione e rilancia con sguardo limpido ed esatto quel sentimento della comunità già emerso ne Il vento fa il suo giro e in L’uomo che verrà. Dopo essersi trattenuto coi valligiani tra i monti della Val Maira e dopo aver ‘resistito’ con i contadini bolognesi sulle montagne di Monte Sole, Diritti lascia la terra per risalire il fiume e la vita di una giovane donna ‘interrotta’ da un dolore che diventa opportunità di (ri)scoprirsi. La comunità che ne Il vento fa il suo giro boicottava i nuovi venuti fino a estrometterli dal villaggio in Un giorno devi andare è umanità accogliente e fidente. La favela di Manaus è luogo geografico e luogo dell’anima in cui Augusta diventa personalità insostituibile al di là delle tentazioni di fuga dal reale e di illusoria autorealizzazione nel privato. La dialettica tra individuo e comunità assume allora un valore definitivo per la coscienza personalista, superando la ricerca di un’originalità estenuante, individualistica e individualizzante. La perdita del suo bambino, e la conseguente sterilità, le impediscono di concepire ma non di essere madre e di avere cura degli altri, che da quella parte del mondo non hanno paura di ‘farsi insegnare’ da un forestiero.

Mattia Pasquini, Film.it
Musica e fotografia affascinanti conquistano, oltre alla fresca emotività dell’interprete principale e dei suoi compagni di avventura, eppure in questo scavo verso i valori e il senso della vita è proprio la forma quella a suscitare le reazioni più contraddittorie. Forse è la difficoltà di conciliare ritmi tanto lontani da noi con quelli dell’oggetto film a rendere più ostica la partecipazione al riscatto di questa giovane donna. Sicuramente per parteciparne e farne spunto positivo per i propri ragionamenti bisognerà fare uno sforzo per andare oltre una narrazione a tratti farraginosa e prolissa, e non sarà facile.

 

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